Un giorno qualunque, la guerra. LUI.

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Le previsioni per la fine della guerra dei pasticcini del 1838 dovettero attendere solo tre mesi. Un po' tutti siamo d'accordo sul credere che ogni guerra sia ridicola, ma aldilà delle valutazioni di fondo sulla natura del conflitti ce ne fu una scaturita per dei pasticcini: effettivamente risulterebbe davvero assurdo credere che la Francia dichiarò guerra al Messico perché il monsieur Remontel, pasticcere francese residente in Messico subì un saccheggio da parte di ignoti, ma  successe davvero.
Se Jonathan avesse saputo di quella storia, avrebbe sicuramente pensato che la popolazione messicana forse avesse i suoi validi motivi ad avercela così tanto con i francesi.

Era domenica e Jonathan aveva passato l' intera mattinata nel letto, aveva già preso i suoi medicinali ma quel giorno decise di fare come detto da Jacky, ne diminuì un po' il dosaggio.
Pensò che infondo voleva provarci, pensò che infondo aveva voglia di ricominciare ad ascoltare davvero il roco del suo cratere.

Jonathan sentì la differenza, percepì come la tenda in realtà facesse entrare qualche spiffero di dolore ma poteva sopportarlo, infondo medicinali o meno il vuoto era sempre lì al centro del suo petto, solo lo aiutavano a renderlo più gestibile.
Sapeva come il periodo buio del suo coma gli avesse regalato cicatrici che gli facevano sanguinare il cuore, sapeva quanto la sua depressione avesse trovato spazio nel suo cervello nel momento in cui sapeva che non poteva combattere, era troppo indaffarato ad uscire da pozze scure in cui veniva catapultato continuamente come in un loop.

Fuori pioveva a dirotto e Jonathan notò come quel colore del cielo non aiutasse il suo umore già ballerino ma lo scrosciare della pioggia in realtà lo faceva sentire in pace.
Si mise sulla poltrona color ocra, poggiò le braccia lungo i braccioli e le cuciture graffiarono leggermente la sua pelle, chiuse gli occhi e si fece cullare dal quel sottofondo che era diventato piacevole ascoltare, come una ninna nanna cantata a bassa voce vicino alla culla di un neonato, le mani le muoveva calme facendole percorrere lungo il tessuto spesso della poltrona.

Lentamente il suo petto buttò fuori l'aria e con se un po' di buio, la pioggia che scendeva gli ricordava i salti da bambino insieme a Susan nelle pozzanghere fuori il vialetto di casa, la mano destra strinse il bracciolo della poltrona, il tessuto si mosse leggero dal suo stesso tirare, non si accorse nemmeno quando le lacrime iniziarono ad uscire come un rubinetto guasto, stava assorbendo il dolore e lo stava buttando fuori. Sapeva che doveva farlo, sapeva che doveva provarlo.
Percepiva il petto farsi più leggero e i ricordi più pensanti ma sapeva che ne aveva bisogno, sapeva che doveva tendere la mano verso il suo buio per vederne un po' di luce, gliene bastava poca e fioca come la fiamma di una piccola candela.

Non si era mai fermato a pensarci più di qualche secondo, la voragine che lo voleva risucchiare sarebbe stata più forte di lui e non avrebbe più trovato il modo di risalire.
Quel giorno però voleva provare ad aprire un po' di più la porta cigolante, su cui c'era stata messa un'etichettata con su scritto Susan.
Si sentiva vulnerabile ma terribilmente vero, il dolore lo rendeva vero. Il dolore era vero.
Si domandò se Nina fosse stata lì in quel momento cosa avrebbe pensato di lui, si domandò quanto avrebbe dovuto attendere per poter diventare l'uomo che sa gestire il suo dolore senza doversi drogare delle sue pastiglie. Si domandò se fosse stato in grado di gestire i suoi sentimenti.

Mosse leggero la coscia destra, quel giorno i muscoli tiravano più del solito, si  massaggiò la parte indolenzita sopra la protesi e la fissò per qualche istante. Percosse con l'indice destro la parte finale del ginocchio ne delineò i margini della sua cicatrice, era rossa e in perfetto rilievo come a ricordagli perfettamente che non sarebbe andata mai via, esattamente come i suoi ricordi.

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Non possiamo continuare Jo, non ci riesco

Non riuscivo a parlare, non riuscivo ad emettere alcun suono.
Eppure era andata via e le mie gambe divennero ancora più pesanti per raggiungerla. L'avevo persa. Lula era andata...

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