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Troppe persone. Davvero troppe.
Pensavo di essermi immaginata in maniera abbastanza chiara come la situazione sarebbe potuta essere ma mi sbagliavo di grosso.

La spiaggia era gremita, ovunque mi voltassi, ovunque guardassi c'era qualcuno, non un fazzoletto di sabbia vuoto in cui potersi andare a sedere, niente.

Continuavo ad osservare incredula, quella miriade di gente che si era riversata su quella distesa di sabbia per poter guardare una gara di surf e mi chiesi quante persone avrei incontrato se fossi ipoteticamente andata ad una festa di qualche collegiale, mio coetaneo.
Lo stesso numero? Beh se la risposta era si, grazie, ma avrei passato il resto delle mie serate per conto mio, non che avessi altre idee in mente dopotutto.

«Oh andiamo Dre, una dura come te non si farà certo intimorire da un gruppetto di persone no?» mi domandò Becca vedendo la mia espressione turbata mentre mi accingevo a controllare la spiaggia.

«In questo momento preferirei trovarmi al pub durante una delle risse di Joe» le risposi facendo riferimento all'ubriacone del paese che attaccava briga con chiunque, distruggendo ogni volta metà del locale ed obbligandomi a fare gli straordinari per rimettere a posto tutto.
La sentii ridere di gusto.

«A questo serve essere la nipote del "capo del club" di surf» disse facendo le virgolette con le dita  e prendendomi per un braccio.

Attraversammo la folla, ragazze in bikini, cocktail, occhiali da sole, ragazzi dai fisici scolpiti ed abbronzati, un paradiso no?
No, non per me. Non per me che quelle poche volte che desideravo passare una giornata in compagnia andavo alla ricerca di qualche cervo nel bosco dietro casa.

Raggiungemmo a fatica lo stand principale della gara che si trovava non troppo lontano dalla riva, dove tre ragazzi con la muta termica si accingevano a prepararsi per entrare in acqua.

«Ehi bel fustacchione!» urlò Becca rivolta ad un gruppo di surfisti poco lontani dallo stand intenti a lucidare le loro tavole «Guarda un po' chi ti ho portato!»
Mi voltai verso di lei, incredula, senza capire con chi stesse parlando finchè non vidi effettivamente il "fustacchione" a cui si stava rivolgendo voltarsi nella nostra direzione.

James, con i suoi capelli lunghi e biondi e la tuta da surf infilata per metà spalancò gli occhi e la bocca appena mi vide di fianco alla sua fidanzata e mollò la tavola del ragazzo che stava aiutando correndomi incontro.

Una scena degna di Baywatch se non fosse stato per il fatto che mi stritolò tra le braccia e mi sollevò da terra facendomi volteggiare come quando avevo 14 anni.
Mio zio non era un fuscello ecco, aveva spalle larghe e braccia modellate dagli sforzi che il suo amato sport comportava, per non parlare di quanto mi superasse nettamente in altezza.

«Bambolina quanto sono felice di rivederti» disse spostandomi una ciocca di capelli che mi era finita sugli occhi «Non sai quanto sia bello riaverti qui con noi» concluse poggiandomi a terra sorridendo e scrutandomi in viso con gli occhi cristallini ed i capelli scompigliati.

James era un cliché unico nella sua bellezza. Alto, muscoloso, gli occhi di un azzurro intenso e la pelle abbronzata dal sole californiano che lo avvolgeva quotidianamente durante le ore in cui surfava, non era di certo passato in osservato agli occhi di Becca quando cinque anni fa, con il suo club, decise di fare il giro delle coste fino ad arrivare nel nostro minuscolo paesino a picco sull'oceano, immerso nei boschi. Le aveva rapito il cuore e non credo che qualcuno avrebbe potuto biasimarla.

«Sono tanto felice anche io di rivederti Jay» risposi di rimando.
Non avevo avuto un contatto familiare da troppi mesi e rivederli entrambi fu come riprendere fiato dopo un'apnea forzata durata fin troppo. Anche se a galla non riuscivo ancora a stare e nuotare mi sarebbe risultato impossibile.

𝐖𝐇𝐀𝐓 𝐅𝐋𝐀𝐖𝐒 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐄 𝐕𝐄𝐈𝐍𝐒 Where stories live. Discover now