Becca, sin da quando ero piccola, era sempre risultata ai miei occhi come una sorella maggiore più che come la zia che effettivamente era e la poca differenza di età aveva aiuto il rafforzarsi di questo legame. Quando a 25 anni incontrò James e lasciò la casa in cui vivevamo con mia madre, per andare a stare con lui in California, le augurai il meglio, ma per un lungo periodo ce l'avetti a morte con lui per avermela portata via.

Crescendo, capii che conoscerlo fu la cosa migliore che le fosse potuta capitare ed iniziai a provare lo stesso bene fraterno anche nei suoi confronti. Aveva trovato la sua metà, così diceva lei, ed io speravo solo lui la potesse rendere felice.

«Va benissimo, ti chiamo quando arrivo in città» le dissi notando con la coda dell'occhio una donna, con un grembiule sgualcito ed un block notes in mano, venire verso di me «Ora ti devo lasciare, credo stia arrivando la cameriera»
«Oh si, è vero che stavi per mangiare, più tardi avrò tempo per annoiarti con le mie domande. Fai buon viaggio Dre, ti voglio bene»
«Anche io» così dicendo chiusi la chiamata ed alzai lo sguardo verso la donna con il block notes in mano che aspettava una mia ordinazione.

«Che cosa ti porto tesoro?» chiese masticando rumorosamente una cicca.
«Prendo un hamburger ed una porzione di patatine grazie»
Annotò la mia ordinazione, mi rivolse un sorriso sornione e si allontanò con un'andatura ciondolante captando tutte le occhiate dei presenti, compresa la mia.

La puzza di olio da frittura che mi stava impregnando i capelli e la leggera cappa di fumo che vedevo aleggiare sopra ai tavoli occupati dai motociclisti, mi fece ricordare quando da piccola, dopo la scuola, passavo al pub in paese dove lavorava Becca ed aspettavo che finisse il turno per poter tornare a casa con lei. Succedeva sempre che qualcuno iniziasse qualche rissa o che mi notasse sgattaiolare nel retro della cucina e mi lanciasse qualche occhiataccia di rimprovero. Non eravamo ben volute in paese.

Mia madre si trasferì nello stato di Washington all'età di 19 anni subito dopo avermi fatto nascere. Becca la raggiunse appena diventò maggiorenne, dopo aver finito la scuola. Si erano fatte forza a vicenda, ma le novità non erano ben viste.

I miei pensieri furono interrotti da un piatto di patatine sfrigolanti che la cameriera mi pose sotto al naso.
«Non arrovellarti troppo la testa» disse osservandomi con espressione da mamma chioccia «Ti verranno le rughe su quel bel visino e fidati, sono tremende»

Sorrisi mestamente e la ringraziai dandole i soldi per il pranzo e per la mancia. Mi fece l'occhiolino e se ne andò con la stessa andatura ciondolante di prima lasciandomi alle mie patatine ed al mio hamburger che avevano ormai riempito di chiazze d'olio i tovaglioli di carta su cui erano appoggiati.

                          * * *

Parcheggiai il pickup nel viale di casa di Becca e James qualche ora dopo la mia sosta al Diner. Avevo intrattenuto una bella conversazione con Laurel, la cameriera, dopo averle offerto una sigaretta durante la sua pausa, su quanto facesse schifo quel posto e sul fatto che se ne avesse avuto l'opportunità sarebbe scappata volentieri con uno dei tanti motociclisti che quotidianamente facevano sosta lì.

Ci sperava, diceva che voleva un cambio drastico ed avventuroso nella sua vita e che non avrebbe voluto passare il resto dei suoi giorni in quel buco di culo, come l'aveva lei stessa definito. Le avevo augurato di farcela e lei mi aveva salutato con un sonoro bacio sulla guancia ed un caldo sorriso. Mi era quasi dispiaciuto andarmene da lì dopo quella chiacchierata.

Aprii la portiera del pickup e poggiai lentamente i piedi a terra. Avevo le gambe distrutte e mi sarebbe piaciuto fare una di quelle corse interminabili che ti lasciano senza fiato e con i muscoli che fremono per l'adrenalina e la tensione.

𝐖𝐇𝐀𝐓 𝐅𝐋𝐀𝐖𝐒 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐄 𝐕𝐄𝐈𝐍𝐒 Where stories live. Discover now