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Mi alzo come un automa, al rallentatore, e pago entrambi gli spritz. Senza farmi vedere, mi avvicino alla vetrata. Ci saranno almeno quindici persone; alcuni hanno i microfoni, altri le telecamere.

<<Merda>> sbotto e, un attimo dopo, mi tappo la bocca con la mano.

<<E adesso cosa faccio?>> chiedo guardando Clarissa. Tutte le teste nel locale si girano verso di me e all'istante mi sembra di poter leggere loro nel pensiero: cosa diavolo ha combinato questa tizia per farsi inseguire così dai paparazzi? Confesserei un omicidio che non ho commesso, in questo momento.

<<Mia devi chiamarlo, subito>> dice Cla mentre cerca il telefono nella mia borsa. Allarmata, glielo strappo di mano.

<<Sei impazzita? Non posso darlo in pasto ai leoni!>>

<<No, ma magari si fa venire in mente qualcosa. Io, onestamente, ho il cervello svuotato. Quindi, se non hai una qualche idea, ti consiglio di chiamarlo>> è agitata, farnetica. Odio ammetterlo, ma ha ragione da vendere.

Mi tremano le mani mentre faccio scorrere il dito sul nome di Alec. Ansiogeno com'è, risponde al primo squillo.

<<Mia? Stai bene?>>

<<N-no...>> balbetto, non riesco a respirare.

<<Dove sei?>> il tono di voce si alza, avverto il panico attraverso il telefono.

<<Al bar con Cla. Alec, è pieno di paparazzi. Saranno dieci, forse di più. Che cosa devo fare?>>

Mi attacca il telefono in faccia. Sbalordita, osservo lo schermo spegnersi davanti ai miei occhi.

<<Ha riattaccato!>> urlo, incredula. Clarissa non sa cosa dire, si limita a prendermi il telefono dalle mani per controllare, come se potessi essermi sbagliata.

Sto ancora decidendo come tirarmi fuori da questo casino quando sento un rumore familiare all'esterno del bar, un rombo di motore.

<<È una Ferrari, quella?>> esclama qualcuno appostato vicino alla vetrata.

Oh, no.

Trenta secondi dopo, la porta del bar si spalanca e tutti i presenti, sottolineo tutti, emettono un gemito di sorpresa.

<<Mia?>> la voce di Alec sovrasta tutte le altre. Mi faccio largo con i gomiti finché non me lo trovo davanti.

Mi prende il viso tra le mani e mi stringe a sé.

<<Stai bene?>> mi limito ad annuire anche se, onestamente, sono stata meglio.

<<Come hanno fatto a trovarmi?>> gemo.

<<Non lo so, ma devo portarti via di qui>> ringhia.

Estrae il telefono dalla giacca e compone in fretta un numero. Non gli si avvicina nessuno, intorno a noi si è creato un vuoto, come quando c'è una rissa in discoteca. Mi guardo intorno e vedo gli occhi dei ragazzi con cui sono cresciuta puntati su di me. Lo sanno tutti, non potrò più nascondermi.

Sento Alec parlare freneticamente con il suo addetto stampa; cerco di cogliere qualche parola, ma non ci capisco niente.

<<Sam ci manda qualcuno>> dice Alec dopo che ha riattaccato. Mi prende per le spalle e mi sposta in fondo al bar, lontana dalla vetrata.

Dieci interminabili minuti dopo, sento delle gomme stridere all'esterno e il vociare dei giornalisti aumenta. Quattro gorilla vestiti di nero entrano nel bar che, all'improvviso, sembra troppo piccolo per contenerli tutti.

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