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Il nuovo progetto alla Services mi entusiasma talmente tanto che la settimana passa in un lampo ed è già venerdì, il giorno previsto per la partenza per Roma. Mi sono portata il trolley in ufficio, così posso andare direttamente in Stazione Centrale a Milano quando ho finito.

Anche gli appuntamenti della settimana con i rappresentanti della CuReMa sono andati alla grande. Hanno numerose richieste, così bizzarre che solo degli americani avrebbero potuto richiederle: brochure e volantini stampati su carta riciclata, piatti e posate in materiale biodegradabile, per ricordare ai clienti la loro passione per tutto ciò che è ecosostenibile.

Sono al computer a fare ricerche sulle location da ormai tre ore filate e ho bisogno di una pausa. Apro il primo cassetto per prendere una cialda, tiro indietro la sedia e vado in cucina a prepararmi un caffè. Dalla soglia, osservo l'ufficio e le mie colleghe al lavoro. Mi piace tantissimo questo posto, Stephan lo ha fatto ristrutturare da poco. Si compone di tre open space, uno per ogni team. Il mio è il primo che si vede dall'ingresso, mentre gli altri due sono paralleli sul lato destro. Sul lato sinistro, invece, ci sono la cucina, il bagno, la sala riunioni e il magazzino.

Le pareti sono bordeaux fino a circa un metro da terra e bianche fino al soffitto. Le scrivanie sono doppie e, dietro ognuna, degli armadi di metallo occupano due pareti. L'unica parete libera è riempita da un enorme quadro con lo skyline di Los Angeles.

Quella visione mi rimanda sempre al mio viaggio di laurea negli Stati Uniti. Una mattina, da sola, avevo passeggiato sulla Walk of Fame di Hollywood e avevo acquistato numerosi souvenirs da portare a casa alla mia famiglia. Era stata una giornata stancante e rilassante al tempo stesso, nonostante mi trovassi in quella grande città. È l'unica vacanza dalla quale non sarei mai voluta tornare: non mi sarei mai stancata del caldo della California, del caos delle strade di Los Angeles, delle onde del Pacifico o del caffè di Starbucks che mi dava il buongiorno ogni mattina.

Il saluto allegro di Ludovica mi desta dai miei bellissimi ricordi. È tardi e mi affretto a raggiungere le mie colleghe che stanno andando a casa. Recupero il mio trolley e la borsa del computer; mi servirà, nel caso avessi tempo per lavorare ancora alle mie ricerche per l'evento.

Poco dopo le sette raggiungo il binario due e il mio Frecciarossa per Roma è stranamente già pronto a partire. Salgo sul vagone della prima classe e cerco il mio posto, mi siedo e, finalmente, mi rilasso. Appoggio la testa allo schienale e chiudo gli occhi, persa nei pensieri della giornata appena trascorsa. Mi vengono delle idee per l'evento e recupero il mio taccuino dalla borsa per trascriverle. Il controllore passa a obliterare il mio biglietto e, poco dopo, il treno parte.

Mi è sempre piaciuto viaggiare così, motivo per cui anche le trasferte di lavoro preferisco farle in treno piuttosto che in aereo. Credo sia perché così posso vedere il paesaggio e i colori che mi circondano, mentre in cielo non vedo altro che nuvole e bianco.

Quando i morsi della fame si fanno insopportabili, decido di raggiungere l'area della ristorazione. In ufficio mi sono portata il cambio; la gonna a tubo e i tacchi a spillo non mi sembravano propriamente adatti ad un viaggio in treno. Indosso un pantalone nero attillato, un dolcevita grigio con un filo di perle al collo e i mocassini di vernice e strass.

Mi siedo al primo tavolo libero, vicino alla vetrata, così anche qui posso vedere il paesaggio scorrere e confondersi davanti ai miei occhi. Ordino degli spaghetti allo scoglio, il mio piatto preferito, e un bicchiere di Sancerre.

Mentre aspetto il ritorno del cameriere, controllo il mio iPhone e rispondo alle numerose mail di lavoro che continuano ad arrivare; è colpa del fuso orario americano per cui da noi è cena mentre da loro, in ufficio, è orario di punta. In pochi minuti il mio bicchiere di Sancerre è vuoto, ma il cameriere me ne porta un altro, senza che io glielo chieda. Lo guardo con aria interrogativa, lui mi sorride e mi indica con gli occhi qualcuno alle mie spalle.

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