12. Questo non è un film.

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KIMBERLY

Mentre percorro il corridoio per raggiungere il pronto soccorso, non posso fare a meno di pensare alla settimana appena trascorsa. Dovrei restare concentrata. Lo so, ma proprio non ci riesco. Dire che è stata una settimana traumatica è dire poco. Dopo l'incontro con la designer d'interni, alias la moglie del proprietario del New York Times, alias la signora Mckenzie, un articolo di tre pagine interamente dedicato a me e al politico Summer, è stato pubblicato.

Ovviamente non ho potuto avvertire tempestivamente la mia migliore amica e Steven, perché sono stata costantemente tallonata da Sam, e quando lui non c'era, dai suoi uomini. Secondo la sua idea, le guardie del corpo sono state assunte per la mia sicurezza. Cosa penso io? Sono state assunte per controllarmi.

Questa settimana è stata un susseguirsi di spiacevoli sorprese. Mi sono trasferita, ufficialmente, nella nostra casa, e dopo innumerevoli remore da parte di Sam, sono riuscita a convincerlo a dormire separati. Non che gli dispiaccia più di tanto, visto la vita attiva che conduce. Per fare questo, e per poter riprendere a lavorare, ho dovuto cedere qualcosa: la mia libertà. I sui scagnozzi mi seguono ovunque. Se potessero, entrerebbero anche in sala operatoria pur di non perdermi di vista. Credo che Sam li paghi profumatamente.

Lascio alla vostra mente immaginare cosa sia successo quando tre uomini armati e vestiti completamente di nero, sono entrati in ospedale e sono diventati la mia ombra. Non ho dovuto dare più di tanto spiegazioni. I miei colleghi leggono i giornali, sono a conoscenza di tutto. Ma ho dovuto parlare comunque con il direttore, il padre di Steven.

Quell'uomo è simpaticissimo ed è sicuramente un ottimo padre. Quando gli ho spiegato il perché della presenza di quegli uomini lì, non mi ha eliminata dal tirocinio come mi aspettavo, ha assunto, invece, uno sguardo compassionevole. Per tutto il tempo, mi ha guardata come se volesse dirmi qualcosa. Come se fosse a conoscenza di cose a me sconosciute. Ma alla fine ha taciuto. E devo dire che è stato meglio così. Non ho bisogno di altri drammi.

<<Che cazzo sta succedendo?>> La mia migliore amica mi si para davanti e mi guarda come se volesse strangolarmi.

Effettivamente ne ha tutto il diritto. Dopo la pubblicazione dell'articolo, non ho risposto ai suoi messaggi e neanche a quelli di Steven. Sono praticamente scomparsa dai loro radar. La verità è che non so cosa dirgli. Potrei limitarmi a raccontare la realtà dei fatti, ma sicuramente non capirebbero e non sarebbe sufficiente.

Mi volto indietro per vedere dove sono gli uomini di Sam. Quando constato che sono troppo lontani per capire qualcosa della conversazione, mi faccio forza e passo all'azione.

<<Ti serve una mia firma? Ma certo>> Urlo più forte possibile per fare in modo che mi sentano, in modo tale da non creare sospetti. Le strappo la cartellina dalle mani e scrivo.

"Sono tallonata a vista. Quelli sono gli uomini di Sam. Non posso parlare."

Quando i suoi occhi si posano sul foglio, li strabuzza ed inizia ad annaspare. Piano piano, però, il suo sguardo cambia e capisco che nella sua testolina sta per materializzarsi un'idea.

<<Non preoccuparti. Ci penso io.>> Mi strappa la cartella e si allontana velocemente.

Riprendo il giro di visite nelle varie aree del pronto soccorso: controllo lo stato di rimarginazione di una ferita d'arma da fuoco ad una vecchina di settant'anni (non chiedetemi come sia possibile perché non lo so. Anche se la vecchia non ha l'aria di essere una tipa socievole), la ferita alla testa di una suora e il referto di un paziente attualmente in terapia intensiva. Quando sono pronta  a mettere fine al mio turno di lavoro succede l'inaspettato.

Ridammi luceWhere stories live. Discover now