44. Visite inaspettate

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Chiesi a Megan se volesse passare il pomeriggio con me in ufficio e lei di mia sorpresa accettò senza esitare, per John non sarebbe stato un problema d'altronde ero parecchio avanti con la collezione e di questo il mio capo ne fu veramente contento. Negli ultimi periodi John mi era davvero sembrato occupato e preoccupato, sempre con la testa fra le nuvole, gironzolava frettolosamente a destra e a manca senza sosta. Era stressato, e anche parecchio pensieroso. Giorni prima mi aveva addirittura annunciato che nei giorni avvenire mi avrebbe fatto una sorpresa, che una "persona" si sarebbe occupata di me per la sfilata, alla quale a fine mese avrei dovuto partecipare. Cercavo disperatamente di non pensarci, Valentino Garavani è un uomo ma sopratutto uno stilista di una tale importanza e con egli non furono cessi errori di un nessun tipo, datone che ero inesperta, avevo sfilato soltanto una volta e come rimpiazzo, per qualcosa di più grande necessitava un'adeguata preparazione e cura nei minimi dettagli.
-"E ti dicevo, così abbiamo deciso di venire a New York per conoscere i suoi. Appena l'ho detto ai miei mia madre è andata su tutte le furie, mio padre invece era emozionantissimo"- avevamo parlato tutto il tempo, fino all'arrivo de l'ascensore nella quale premetti il numero tre per raggiungere il mio piano.
-"Lo immagino, Bill è sempre stato molto dolce con te.."- risposi con una punta di invidia.
-"Già.. e il weekend a Hudson?"- m'irrigidí sul colpo, davanti mi si piazzarono nuovamente quelle pasticche bianche e ruvide.
-"Tu lo sapevi?"- fui diretta, il suo viso s'impallidí, calò lo sguardo e solo allora capí che ero praticamente circondata.
-"Cavolo Megan, avresti potuto dirmelo.."- m'intristí, nonostante la bella giornata che mi fossi promessa di trascorrere.
-"Non arrabbiarti Nina, ma.. volevo parlartene da vicino non mi sembrava giusto dirti una cosa del genere per telefono"- le dorate porte si spalancarono, con dei gestì rapidi della mano salutai alcune persone a destra e altre a sinistra camminando infine dritta verso la mia postazione, quella accanto alla vetrata.
-"Quando l'hai scoperto?"- sospirai forte.
-"Qualche giorno prima della sua partenza.. ne ho visto un pacchettino sul pianale in salotto, ho cercato di farla parlare ma lo sai com'è tua madre è sempre.."-
-"Poco sobria si lo so"- continuai al suo posto. Mi sedetti alla sedia girevole e la ragazza fece lo stesso di fronte a me.
-"Però mi ha promesso che non le avrebbe più toccate"-
-"Be' troppo tardi, Derek l'ha scoperta mentre ne stava prendendo una"- strano come ormai fosse diventata così rassegnata al fatto che mia madre fosse diventata un automa, e non una donna capace di prendersi cura della sua casa e della sua famiglia, eravamo rimaste sole eppure non aveva fatto altro che distruggere anche quel legame che infondo avrebbe potuto salvarci dalla solitudine. Non dev'essere facile starsene li mentre il proprio marito ti abbandona per un'altra donna e un'altra vita, ricordo poco e nulla di mio padre sapevo che però stava bene e che avesse dimenticato me e la sua vita passata. Kate perse letteralmente la testa quando si rese conto del fatto che nessun uomo le avrebbe dato la certezza che le stava donando mio padre, iniziò a gettarsi sull'alcol la prima via più facile, la più rapida, avevo fatto tanto per lei a stento ero riuscita a diplomarmi, mi sarebbe piaciuto frequentare il collage specializzarmi e conoscere tecniche nuove riguardante la mia passione. Invece dovetti vedermela da sola, cenare da sola, guardare da sola la tv e giocare a scarabeo da sola. Subito finito il liceo mi rimboccai le maniche datone la poca voglia e la presenza indecente che ormai Kate aveva assunto, poi c'è stato Robert che di certo non ha reso più facile e liscia la mia vita, altroché. Avevo imparato a memoria, riconosciuto sulla mia stessa pelle cosa significasse il sacrificio, la solitudine, l'amarezza, il disagio, il dolore (sia mentale che fisico), gli schiaffi in viso e il cuore spezzato. Ogni volta che rintanavo a casa, avrei tanto voluto che mia madre m'avesse preso le guance con entrambe le mani e avrebbe esclamato "cosa diamine ti è successo al viso?" Ciò non avvenne, non è mai avvenuto in realtà ogni volta che Robert si prendeva l'agio di toccarmi e di schiaffeggiarmi come se il la fosse, tornavo a casa salivo di fretta in camera e mi rinchiudevo nella toilette, aspettando che le ferite facessero meno male.
-"Pronto? Ci sei?"- la svolazzante mano di Megan mi fece ritornare al pianta terra.
-"Si.. scusa"- mi schiarì a gola, e inizia ad accendere il laptop e a tirar fuori il mio blocco con gli schizzi.
-"Hai sentito quello che ho detto?"- tirai con entrambe le mani i capelli, all'indietro liberando la fronte.
-"Uhm.. no, credo di no"- mi scusai con lo sguardo, ed ella comprensiva non si soffermò al riguardo.
-"Ho detto che ci daremo da fare per tua madre, se la storia dovesse continuare"- riflettei per un nano secondo, poi le sue dita sfiorarono affettuosamente il dorso della mia mano.
-"Vado a prendere due caffè"- sorrise.
-"Si.. d'accordo"- ricambia il gesto, e solo quando la vidi allontanarsi, potei soffermarmi sul panorama mattutino di Lower Side ricoperto dalla luce giallastra e aranciata del sole.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Where stories live. Discover now