14. In trappola

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"Il topo che teme la trappola è già stato intrappolato

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"Il topo che teme la trappola è già stato intrappolato."
(Marty Rubin)





Finalmente ero riuscita a sbloccarmi, percepivo nuovamente la frescura di novembre sul viso, la terra sotto i piedi e la forza necessaria per potermi slacciare da quell'intreccio di sguardi. La mia mano scivolò via dalla sua, lentamente, ruppi quel contatto osservando per un lasso di tempo indecifrato la punta delle mie scarpe. Ingoiai la saliva, datone la bocca asciutta e i battiti ripresero a funzionare regolarmente.  Le sue dita però erano ancora posizionate sotto il mio mento, col capo ebbi il coraggio di scostarmi, non volevo che si arrabbiasse, ma sinceramente una storia romantica con mister arroganza e presunzione era proprio l'ultima cosa che avrei voluto nella mia vita, non avrei fatto i conti col mio passato facendo lo stesso errore nel presente.
-"E' tardi, devo andare"- pronunciai con la voce roca, e istintivamente presa dalla voglia di allontanarmi di li, iniziai a compiere dei piccoli passi in avanti. Si stiracchiò le braccia, e mi superò con i suoi passi decisamente più lunghi, e con un incredibile nonchalance.
-"Se te lo stai domandando, no, non ti avrei baciata"- sghignazzò, mi fermai sul posto, piantata con i piedi sul pavimento. Sbarrai gli occhi.

Come aveva potuto dire una frase del genere?

Cercai di concentrarmi per accertarmi di aver sentito correttamente. Il fuoco fuoriusciva dalle orecchie, arrossì violentemente e non mi ero mai sentita cosi in imbarazzo.
-"Sei un illuso"- sorrisi di sghembo, oltrepassandolo con le braccia conserte, rise come un matto, a passi svelti ci recammo alla sua motocicletta, salì in sella e mi incitò a fare lo stesso dopo avermi sistemato il casco e stringendolo per bene.
Quando fummo nuovamente di fronte casa di Jassie, con le gambe tremanti scesi dal veicolo, avevo i capelli alla rinfusa, gli porsi bruscamente il casco.
-"Sei un criminale, non puoi correre in strada in questo modo!"- sbottai, sistemandomi il capo e il vestito tirato su. Scoppiò in una sonora risata, non era del tutto male infondo.
-"Un criminale?"- ripetè senza smettere di ridacchiare.
-"Si, proprio cosi"- gli tenni testa, storcendo disgustosamente il naso.
-"Peccato che tu non possa resistere al fascino di questo criminale"- disse sensualmente e con malizia.
-"Spiritoso"- avevo assolutamente necessità di tagliare corto, di schiarigli le idee una volta e per tutte,bloccare le sue insulse fantasie erotiche e tagliargli la lingua ogni volta che si umettava le labbra per poter scorgere la scollatura delle mie camice.
-"Derek, hai già perso"- egli mi guardò torvo, gli parve non di capire. Era adagiato alla sua moto, con i jeans neri e stretti, che gli fasciavano bene le gambe, teneva i piedi incrociati proprio come le braccia al petto. Nonostante fossimo a novembre non aveva per niente abbandonato le sue t-shirt e giubbini di pelle seppur pesanti.
-"Che cosa?"- rise, in un tal modo che mi fece ringhiare ancora di più.
-"Non mi avrai mai, non verrò mai a letto con te chiaro?"- sbottai acida, tenendo strette le braccia al petto e guardandolo con aria si sfida. Rise a fiori di labbra, per poi tacere e avvicinarsi maggiormente alla mia figura.
-"E.. chi ti dice che non cambierai idea?"- il suo tono era basso, sensuale con la sua solita punta di malizia e arroganza.
-"Lo dico io e adesso buonanotte"- ringhiai esasperata, mi voltai e camminai velocemente verso gli scalini dove si trovava la porta.
-"Nina"- il mio nome sulla sua bocca mi fece rabbrividire.
-"Che c'è?"-brontolai, voltandomi per poterlo guardare.
-"La prossima volta.. indossa dei pantaloni per salire in moto, quel vestito è troppo corto"- alzai gli occhi al cielo, per il suo solito sorriso beffardo e il tono cantilenante, avrei voluto tiragli un grosso ceffone, arrossì sulle gote colorate ormai di un rosso scarlatto, spalancai le labbra e assottigliai gli occhi per la sua provocazione.  Non risposi, mi limitai ad alzargli un dito medio, rise sommessamente e in cambio, entrai in casa sbattendogli in faccia la porta e chiudendola alle mie spalle. I miei amici erano a letto, l'orologio segnava le tre del mattino, con Jass avrei fatto i conti l'indomani, mi preparai per la notte insonne indossando i miei indumenti soliti e ricorrendo immediatamente alle pillole poste nel cilindro arancione di plastica. Ero davanti allo specchio, contemplai la mia immagine struccata e stanca. Derek mi sfiniva, riusciva a farmi rientrare a casa senza forze e volontà di reagire, consumava tutte le tue energie. Tirai un grosso spospiro, mi recai in camera e mi sistemai sotto le coperte, attesi con fatica, che le pasticche facessero effetto.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora