32. Pagine strappate

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"Il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte"(Emily Dickinson)

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"Il passato non è un pacchetto che si può mettere da parte"
(Emily Dickinson)

Tutto sembrava proseguire nel migliori di modi, nonostante la fatica e le ore che impegnassi ormai a lavorare per la collezione di Parigi, diventando il mio unico scopo e obiettivo. Mancavano soltanto due settimane a quel viaggio tanto atteso, ero nel mio ufficio a scarabocchiare un paio di orecchini e una collana esaminandone i giusti materiali da poterci utilizzare. Non vi era un tema preciso, a John McCarthy bastava la nostra creatività, la nostra capacità di saper guardare oltre ciò che gli occhi concretamente non riuscivano a fare. Avevo una certa dote nell'immaginazione e nel sogno da bambina, con la mente ero capace di arrivare a mondi completamente nuovi e stranieri dove probabilmente riuscivo a sentirmici più in sintonia. Sarei dovuta passare al centro sportivo nei giorni avvenire avevo disperatamente bisogno di un lavoro. Misi il cappotto avvolgendo per bene la spessa sciarpa al collo, la borsa marrone in spalla ed ero pronta al caffè che avrei dovuto prendere con Finch e Jessie quel pomeriggio. Mi mancavano molto i miei amici, nonostante fossi continuamente presa a scoprire quel ragazzo misterioso e cupo talvolta anche divertente e spiritoso. Era una specie di indovinello, la vita me lo aveva posto davanti come segno del destino: se lo si rivolse potrai avere successo se fallirai ne subirai le conseguenze. Per fortuna la caffetteria non era molto distante dal palazzo di quaranta piani, passeggiando lungo le stradine affollate di Lower Est Side i miei occhi vennero rapiti dall'Atelier Cartier dove in vetrina tenevano esposti un completo di collana e bracciale più altri oggetti scintillanti e decisamente alla moda raffinati, questa era la chiave di Cartier Maison: l'eleganza. Avvertì gli occhi pizzicarmi, mi ero sempre immaginata di passeggiare e intravedere in una di quelle grandi vetrine qualcosa che avevo ideato e disegnato io stessa, sarebbe stato soddisfacente, specialmente per le persone che in passato continuavano a ripetermi che non sarei mai diventata nessuno. Forse è vero, non diventerò mai una vera stilista di moda ma partecipare e sperare di poter vincere il concorso alla Cartier Maison riscuoteva ugualmente per me un grande traguardo. Varcai la soglia di una delle caffettiere più note e deliziose della città, quel tintinnio alla porta di vetro mi fece sorridere. Scorsi la figura dei miei amici non molto lontano dall'entrata, sventolai in alto una mano per farmi notare e quando ci incontrammo con lo sguardo mi incitarono a raggiungerli al loro tavolo.
-"Per prima cosa, complimenti per Parigi sei stata fantastica!!"- esclamò Finch baciandomi a destra e a sinistra la guancia.
-"Grazie Finch sei sempre il solito"- risi a fior di labbra per poi sedermi fra i due.
-"E tu Jess? Anche tu verrai a Parigi no?"- la sua espressione leggermente incupita mi fece temere il peggio.
-"Mmh in verità no, ma no perché non sono scelta anzi John è stato molto gentile ma.. ho scelto di intraprendere un'altra strada"- strillò euforica.
-"Oh mio Dio, e cioè?"-
-"Mi sono candida per il posto di consulente Marketing ciò significa che avrò Derek col fiato sul collo"- roteò gli occhi al cielo, Derek ormai sembrava aver abbandonato il suo orgoglio, lavorava sia come consulente marketing che come product manager, era bravo ma sapevo che non era quello ciò per cui il suo cuore batteva. Suo padre gli aveva fatto frequentare l'università a tutti i costi si era laureato a pieni voti, aveva lavorato per lui per un po' fino a quando non fu cacciato per una questione di fondoschiena femminili ed aveva continuando il suo lavoro da Ford ma poi improvvisamente era ritornato a lavorare con suo padre nonostante egli non ne fosse soddisfatto al cento per cento.
-"Questa si che è una notizia"- esclamò il ragazzo, venuto anch'esso a conoscenza della notizia.
-"Per Derek non preoccuparti, sembra essersi placato in questo periodo"- feci cenno alla cameriera di portarmi un caffè, ella sorrise cordialmente.
-"Com'è che vanno le cose fra voi due?"- ammiccò il mio amico gay rigirando il cucchiaino nella tazzina in ceramica.
-"Più che bene, parliamo come persone civili è anche divertente qualche volta"- ammisi, più a me stessa che agli altri.
-"Però gli piaci ancora!!"- esultò quasi come se mi avesse colta nel sacco.
-"Ma che dici, non gli sono mai piaciuta punto primo e punto secondo.."-
-"Punto secondo un tubo tesoro, d'altronde è un bel pezzo di ragazzo sai i classici bad boy che non dovresti farti scappare"- restai allibita e divertita al contempo dalla sua constatazione. Non avrei mai parlato del nostro bacio, per il semplice motivo che ogni minuto della mia frenetica vita cercavo di cancellarlo dalla mente e dal passato.
-"Finch smettila, sul serio non c'è nulla siamo soltanto amici, ottimi amici direi"- ero sicura, decisa della mia affermazione, nonostante i suoi occhi maliziosi e i sorrisetti ambigui sapevo che non erano veramente rivolti alla sottoscritta e col passare del tempo si era rivelato davvero un ottimo amico, un migliore amico.
-"Sarete anche amici, ma non mi dimentico di quello che ha fatto per convincerti a tornare a casa con lui"- ribattè severa la mia amica e in cambio divertita sollevai gli occhi al cielo, ero stanca di dover continuamente dare delle risposte o dei chiarimenti riguardante il rapporto che avevo con Derek, eravamo amici, si un po' strani ma pur sempre amici.
-"Coraggio, vuota il sacco e fammi vedere a cosa stai lavorando!!"- strillò euforico Finch attirando l'attenzione dei giovani al tavolo vicino al nostro.
-"Aspettavo che me lo chiedessi!!"- ricambiai, e dalla borsa a tracolla tirai fuori il mio blocco da disegni cominciando a mostrarli al mio amico spiegandogli le varie nozioni tecniche.
Pranzai velocemente ad un take away assieme alla mia amica Jess, di Derek nessuna traccia lavoravamo nello stesso edificio eppure non ci incontravamo mai, fino a quando però..
-"Hei, è permesso?"- un ticchettio di nocche mi fece sollevare il capo dai miei disegni, ero rimasta rintanata nel mio ufficio per tutto il pomeriggio senza neanche una pausa caffè, volevo dare il meglio per Parigi.
-"Da quando in qua sei così cordiale?"- sorrisi ampiamente al ragazzo dai capelli corvini che aveva intascato le mani e con fare audace si era adagiato allo stipite della porta.
-"Da quando ti ronzo intorno"- rise divertito e gli feci segno di entrare, tornai sul mio schizzo. Egli posò un blocco di fogli sulla scrivania e si sedette alla poltroncina davanti.
-"Questi sono dei fogli da firmare per Parigi mio padre mi ha detto di portarteli"- corrugai le sopracciglia e diedi un occhiata veloce a quei pezzi di carta.
-"Oh.. grazie sei stato gentile"- sorrisi, poi sfumai con l'indice meglio una parte del mio disegno dandogli più volume.
-"Ti porto un caffè, d'accordo?"- da quando ci conoscevamo aveva di certo imparato ad essere più civile e clemente ma quel giorno qualcosa non andava, forse passavamo così tanto tempo insieme che riuscivo a capirlo anche dal timbro della sua voce, che qualcosa non andasse.
-"Va tutto bene?"- gli chiesi, prima che potesse lasciare l'ufficio.
-"Si, perché non dovrebbe?"- scrollò le spalle con nonchalance ma quando si grattò distrattamente la nuca allora capì, che stava mentendo.
-"Curiosità.. semplice curiosità"- risposi con la stessa scioltezza posando il mento sul palmo della mano.
-"Ti preoccupi per me?"- quel basso e improvvisamente malizioso, mi fece rotare gli occhi al cielo divertita.
-"Si Der, mi preoccupo per te"- rivelai, probabilmente non me ne resi davvero conto di ciò che gli dissi ma forse era la cosa giusta, la sincerità era fondamentale per una sana amicizia. Egli si intenerì di colpo, umettandosi le labbra e dondolandosi addirittura sui talloni.
-"Vado a prenderti il caffè"- terminó con un mezzo sorriso, e sparì.


IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz