Capitolo 28

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Marta

Inizia una nuova settimana. Una settimana che si prospetta alquanto intensa in ufficio. Parcheggio al solito posto, notando che sono un po' in ritardo. Fantastico. Ora Matteo mi farà una scenata. Sbuffo, ma sorrido immediatamente ripensando alla notte appena trascorsa con Alessandro. A come abbiamo fatto l'amore dolcemente. Ai nostri corpi che fremono ancora come la prima volta. A quando, al risveglio, gli ho fatto trovare la colazione sul comodino. E a quello che abbiamo fatto dopo. Con questi pensieri nella mente e con la luce negli occhi, salgo le scale ed entro nel mio ufficio. Trovo Matteo che mi attende con un caffè fumante tra le mani. "Iniziamo bene la settimana, vedo!". Sobbalzo nel sentire la sua voce, stranamente calma. "Scusa! Ho trovato traffico. Pensavo di fare in tempo, ma non ho considerato il traffico del lunedì mattina". Cerco di scusarmi mentre avvio il computer. "Sei fortunata, Marta. Oggi, a quanto pare, ci siamo solo io e te!". Deglutisco a fatica. Scruto l'intero ufficio. Effettivamente, alle scrivanie non c'è nessuno. Il cuore inizia a battere forte, mentre un senso di nausea inizia a prendermi lo stomaco. "Come mai non c'è nessuno?" gli chiedo, cercando di mantenere la calma. Matteo finisce lentamente di bere il suo caffè. "Riunione". Si alza, venendo verso di me. Questa cosa non mi convince. "Non dovrei parteciparci anche io? Ormai lavoro qui, quindi credo che alle riunioni dovrei partecipare. "Partecipano solo i dipendenti di lunga data, Marta". Sorride, mentre mi si avvicina ancora di più. Non mi piace affatto l'idea di essere sola con lui. "Quindi, forza! C'è da lavorare stamattina!". Detto questo, si dirige alla sua scrivania, di fronte alla mia, lasciandomi ancora con lo stomaco in subbuglio.

L'orologio sulla parete segna le dieci. Tra una cosa e l'altra, mi sono persino dimenticata di essere sola con lui. Guardo il cellulare e noto che c'è una chiamata persa di Paola. Strano. Solitamente non mi chiama quando sono al lavoro. La richiamerò appena uscirò. Alzo gli occhi e noto che Matteo mi sta osservando. "Che succede?". Le note di una canzone che conosco iniziano a diffondersi nell'ufficio attraverso gli altoparlanti. "È la prima volta che siamo soli dopo quello che è successo". Si avvicina a me, facendomi tornare quella sensazione di nausea che ho provato qualche ora prima. Sbuffo e roteo gli occhi, facendogli capire che non mi va di parlarne. Alza le mani. "OK, avevamo detto di non parlarne più! Questo è vero. Ma non riesco fare a meno di pensarci. Ammetto che c'è qualcosa che mi attrae in te, Marta. Credimi. Io non vorrei tutto questo". Rimango per alcuni minuti in silenzio. All'improvviso, il display del mio telefono si illumina e mi fa tornare alla realtà. È di nuovo Paola. Probabilmente ha un po' di tempo libero e vuole chiacchierare, dimenticando che io sono in ufficio. "Matteo, lo sai bene che non eravamo in noi quella notte. L'alcool ha preso il sopravvento e di questo me ne pento ogni istante. Probabilmente, ti avrò dato un'idea sbagliata di me. Io non sono così. Sì, ho qualche problema a reggere un paio di bicchieri di troppo, ma non tradisco chi amo. E poi, io e Alessandro ne stiamo già passando molte..." sospiro. Alza un sopracciglio, sorpreso. Effettivamente, neppure io mi aspettavo tutta questa confidenza. "Comprendo che gli anni che vi separano non siano di aiuto, in certi casi. E non capisco proprio come possa funzionare tra voi". Il tono della sua voce è un misto tra ironia e sorpresa. "In che senso, scusa?". Lo guardo fisso. "Nel senso che non capisco come fai a stare con lui. Insomma...potrebbe essere tuo padre!". Il suo sguardo si fa malizioso. So già dove vuole arrivare. E lo fermo prima che la situazione ci sfugga di mano. "Devo affrontare questo discorso anche con te? Ora non mi va proprio. Non farmi la predica. Si vede che devi ancora incontrare l'amore. Forse la tua ragazza non è quella giusta!" dico, voltandomi e tornando al mio lavoro. L'ho lasciato spiazzato. All'ora di pranzo esco senza rendermi conto che non è nemmeno più seduto alla sua scrivania. "Dove vai così di corsa?". Quella voce mi provoca un sussulto. "Che ci fai qui?". Mi giro e la figura bellissima di Alessandro compare davanti ai miei occhi. "Che cosa nascondi lì dietro?" indico le sue mani, che tiene dietro la schiena. I miei occhi si accendono quando mi porge una rosa rossa, si avvicina e mi bacia. "Come mai?" gli chiedo, ancora con le labbra appoggiate alle sue. Mi risponde intensificando il bacio. Le gambe mi tremano, come mi trema il cuore. Ancora. E ancora. Non risponde alla mia domanda, ma ho già capito. "Uhm...se questo è l'inizio, non oso immaginare come sarà il resto. Un inizio molto promettente, signor Conti". Gli butto le braccia al collo e lui sorride. Quel sorriso che mi fa quasi svenire ogni volta. "Dai, andiamo a mangiare!". Ci dirigiamo verso la sua BMW. "Credo che ti serviranno queste!". Mentre mi volto verso di lui, mi lancia le chiavi. Le afferro al volo. "Ma stai scherzando? Sul serio posso guidare?". Un piccolo grido di gioia mi esce spontaneo, mentre saltello aprendo la portiera. "Puoi guidare, a patto che vai piano e tratti bene la mia bimba!" puntualizza, salendo in auto. Pranziamo a casa mia, visto che i miei sono fuori città per qualche giorno. Dopo pranzo, saliamo in camera mia, dando libero sfogo ai desideri che quel bacio ha innescato. "Lo dicevo io, che era promettente già da quel bacio!". Mi giro verso di lui per poterlo guardare negli occhi. È steso nudo sul mio letto. Con la mano accarezzo la peluria del suo petto, tra i capezzoli. Non è molto folta, ma mi piace un sacco accarezzarlo lì. Emette un sussulto. "Meine liebe, mi fai venire i brividi quando mi tocchi così".

 Il suo respiro dolce mi solletica la pelle, mentre i nostri nasi si sfiorano. Le nostre mani si cercano, per poi intrecciarsi. "Devo ancora darti il mio regalo di compleanno" gli sussurro all'orecchio. Sorride. "Uhm...pensavo fosse questo. Evidentemente, mi sono sbagliato!". Mi alzo di scatto e frugo tra i miei vestiti nell'armadio. Finalmente la trovo. Lo raggiungo ai piedi del letto e gli porgo una scatolina blu. "Che cos'è? Avevo detto niente regali costosi!". Si siede, prende la scatola tra le mani e, lentamente, la apre. Gli si accende un sorriso enorme e i suoi occhi luccicano alla vista del bracciale. L'altro giorno, quando l'ho visto non ho potuto resistere. Ho pensato subito che fosse il regalo perfetto. Un bracciale Diesel in argento, su cui ho fatto incidere un particolare sul retro. Una piccola corriera, perfettamente identica a quella reale. La commessa ha fatto una faccia strana, ma poi ha acconsentito a quella richiesta un po' fuori dal comune. Gliela faccio notare. "Tu sei pazza!". Scoppio a ridere. "Sì, sono pazza. Ma di te. Dove tutto è iniziato. Così non lo dimenticherai mai!". Rimaniamo sotto le lenzuola per il resto del pomeriggio, visto che Matteo mi ha dato mezza giornata libera.

Dormiamo per alcune ore. Poi mi sveglio di soprassalto, ricordandomi che mio padre sarebbe rientrato a breve. Di certo, non avrebbe gradito la presenza di Alessandro in casa sua. "Vai! Se mio padre torna e ti vede qui, si arrabbia!" gli dico, accompagnandolo giù. Esco anche io per andare a riprendere l'auto, che ho lasciato al parcheggio dell'azienda. Dopo aver salutato Alessandro, decido di fare due passi e di godermi al meglio quella giornata quasi estiva. Camminando, passo davanti a un'edicola. Il mio cuore quasi si ferma quando leggo una notizia sul baldacchino esterno: "Clamorosa svolta sul giallo della morte di Elisa Trentin".

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