Capitolo 25

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"Scusate, vado un attimo in bagno!" dico alzandomi dal tavolo, davanti agli occhi increduli di Alessia, Alice e Matteo. "Dov'è che va?" sento chiedere a Matteo mentre mi allontano. Passo tra i tavoli, cercando di non essere notata da Alessandro e dagli altri. Per fortuna, la porta dei servizi è proprio nell'angolo ed è il punto perfetto per ascoltare senza essere vista. "Qual è il motivo stavolta?". Alessandro si rivolge a Francesco con tono deciso. Mio padre se ne sta in silenzio, ma posso notare il suo nervosismo. "Ho delle novità. Ho parlato con l'avvocato. Pare che siano state trovate tracce di DNA sotto le unghie di Elisa. Questa storia sta giungendo al termine".

Dal mio nascondiglio, ho un sussulto. Sapevo che stava mentendo. Il nostro accordo è quello di raccontare ad Alessandro e a mio padre delle cose inventate, per vedere le loro reazioni. Il cuore mi batte a mille. Due delle persone che amo di più sono coinvolte in un omicidio. Ed io ci sono in mezzo. Di Alessandro mi fido ciecamente. Di mio padre un po' meno, ultimamente. Ma chi sono io per giudicare mio padre? "Come sarebbe a dire?". "Hai capito bene. Tracce di DNA. Una prova". Mio padre corruga la fronte "E perché adesso?". Francesco finisce di bere il suo aperitivo prima di rispondere. "A quanto pare, sono state occultate fino ad oggi". "Impossibile!" grida Alessandro. "Sappiamo tutti come sono andate le cose. Ma qualcuno non la racconta giusta!". Punta il suo sguardo verso mio padre.

"Cosa stai insinuando, Conti?". Si alza per affrontarlo. "Non lo so. Diccelo tu, Dal Basso! Visto che alla partita non ti sei presentato, quel giorno!". Sbatte i pugni sul tavolo. Poi fa il giro del tavolo per raggiungerlo, rovesciando i bicchieri vuoti. Afferra mio padre per la giacca. Credo che sia arrivato il momento di intervenire. Altrimenti, la situazione potrebbe ben presto degenerare. "Ok, adesso basta, Ale!" dico, frapponendomi tra i due. Mi guardano entrambi sorpresi. "E tu che ci fa qui?". I nostri sguardi si incrociano, mentre si avvicina a me. "Aperitivo dopo lavoro. Voi, invece, che ci fate qui tutti insieme? Che succede?". Alla mia domanda, si scambiano uno sguardo preoccupato. Francesco esita un istante, prima di rispondere semplicemente che si trovano lì per parlare. "A quanto pare, ho interrotto qualcosa di veramente importante. Ora però devo andare. Mi stanno aspettando. Con te facciamo i conti a casa". Rivolgo uno sguardo torvo a mio papà, prima di allontanarmi dal loro tavolo.

Sapevo che Francesco ha agito così solo per vedere la reazione che avrebbe avuto mio padre. E, a quanto pare, ci ha visto giusto. Sento una morsa che mi stringe lo stomaco. Cosa c'entra mio padre con la morte di Elisa? Non riesco a pensare che possa essere stato lui, in qualche modo. Non ci riesco. Torno dalle ragazze, con mille pensieri per la testa.

Parcheggio l'auto nel grande cortile della casa di Alessandro, che mi aspetta per cena. La morsa che sentivo fino a qualche minuto fa sembra essere passata, per fortuna. Scendo e mi precipito ad aprire la porta usando le mie chiavi. Ma vengo immediatamente investita da un'ondata di sensazioni negative. Qualcosa non va. "Ale?" dico ad alta voce. Nessuna risposta. Percorro il corridoio del piano di sotto, invano. In cucina, il tavolo preparato per la cena. "Ale? Sei di sopra?" chiedo, mentre inizio a salire. "Dai, non ho molta voglia di scherzare. Sei sempre il solito burlone!". Cerco di soffocare una mezza risata. "Prima si cena! Poi..." spalanco la porta della sua camera, ma non è nemmeno lì. Inizio a preoccuparmi. "Dai, Ale!". Vado di corsa verso il bagno, ma non c'è nessuno. Il battito del mio cuore accelera, mentre ritorno al piano di sotto. Afferro il telefono con le mani che tremano, mentre premo sopra al suo nome. Nel silenzio assoluto di quella casa vuota, sento uno squillo provenire dal salotto. Il suo cellulare è sopra al tavolino. Come può essere uscito, se mi aspettava per cena? E senza nemmeno avvisarmi?

Rimango immobile in salotto, come se avessi dei blocchi di cemento al posto dei piedi. Dentro di me, il vuoto più assoluto. Le gambe iniziano a cedere. Cado in ginocchio sul tappeto. Gli occhi iniziano a riempirsi di lacrime, che scendono copiose. Bagnano il telefono che stringo ancora tra le mani. Rimango così per non so quanto tempo. Un pensiero inizia a farsi spazio nella mia mente. Alzo la testa, asciugandomi gli occhi. Esco di casa ed inizio a correre verso il centro. So benissimo dove andare. Oltrepasso il vecchio liceo di Alessandro, dirigendomi verso il palazzo adiacente. Visto di sera, mette ancora più inquietudine del solito. Il vecchio hotel, ormai fatiscente, è fallito qualche anno dopo all'accaduto. Messo in cattiva luce dalla morte della ragazza, molti turisti iniziarono a preferire altri hotel in città. Di conseguenza, gli affari iniziarono ad andare male, fino a decretarne la chiusura. Alzo lo sguardo, ma non vedo nulla. Faccio un bel respiro ed entro.

L'interno è conservato ancora piuttosto bene, anche se il tempo e gli atti di vandalismo hanno fatto la loro parte. Senza indugiare oltre, mi dirigo all'ultimo piano, salendo le scale di corsa e prestando attenzione ad eventuali scalini pericolanti. Mi fermo per prendere fiato qualche minuto, mentre la mia mente già immagina quello che succederà lassù, una volta arrivata. Fisso la porta davanti a me. Una porta arrugginita. Spingo il maniglione, spalancandola. Sopra di me, il cielo stellato fa da cornice ad una mezza luna brillante e luminosa. In fondo, in un angolo vicino al cornicione, scorgo una figura seduta con le gambe a penzoloni nel vuoto. Mi avvicino lentamente. "Sapevo di trovarti qui" dico cautamente, una volta arrivata alle sue spalle, per non spaventarlo. "Hei!". Prende la mia mano e la stringe nella sua, mentre mi siedo anche io. Rimaniamo in silenzio per un po', ascoltando solo il battito dei nostri cuori e fissando il vuoto sotto i nostri piedi. "Non permetterò che tutto ciò ti porti via da me!" dice sottovoce, quasi in un sussurro. Prendo il suo mento fra le mani, attirando il suo viso a me, per poi lasciargli un bacio sui folti baffi neri. "Io sono con te. Sempre. Te l'ho promesso".

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