capitolo 11

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Alessandro

Castelfranco, agosto 1990

Credevo di essermi ormai lasciato alle spalle tutto ciò che è successo. Ma mi sbagliavo. L'aiuto che mi davano psicologi e terapisti non era abbastanza. Credevo di impazzire. Rimorsi e sensi di colpa mi logorano ancora. È agosto e devo impegnarmi con i test universitari. Suona il campanello. Penso sia il mio amico Marco, il padrone di casa, che si è dimenticato qualcosa. Vado ad aprire, imprecando per la sua dimenticanza. Non appena lo faccio, vengo assalito con pugni e calci. Tutto è capitato troppo velocemente e non ho avuto il tempo di reagire. "Sei solo un assassino, Conti!" riesco a sentire mentre rimango a terra, inerme. Una sola frase, da quella voce inconfondibile: Simone Dal Basso.

Castelfranco, oggi.

Il telefono sta squillando da alcuni minuti, ma non ho alcuna voglia di rispondere. Quel numero non salvato che lampeggia sullo schermo lo conosco benissimo. Lascio che la chiamata venga persa. Subito dopo, un messaggio. "Richiamami appena puoi". Se ne era andato senza volere nulla. Perché ora mi cerca? Ci mancava solo lui. Guardo l'orologio e sospiro. Per fortuna devo andare al lavoro; quel che ci vuole per svuotare la testa da tutti questi pensieri. Amo Marta. La amo moltissimo. Ma stare con lei ha fatto riemergere il mio passato, quella parte della mia vita che mi ero ripromesso di dimenticare. Ho dovuto dirle tutto. E forse un giorno dovrò anche dirle che proprio suo padre, la persona che ama di più al mondo, ha fatto qualcosa di terribile. E allora chissà se vorrà stare ancora con me.

La giornata, fortunatamente, trascorre velocemente. Dato che mi trovo in zona, decido di fare una sorpresa a Marta, passando a prenderla in ufficio. Parcheggio nel retro, affiancando una Porsche. La osservo per un po' e concludo che non mi piace proprio: sa troppo di snob arricchito. Rimango in piedi appoggiato alla mia BMW e guardo l'orologio. Non dovrebbe mancare molto. Immerso nei miei pensieri, non mi accorgo che qualcuno si è avvicinato. "Stai aspettando Marta?" mi sento chiedere. Un uomo sui trent'anni, alto, moro e con l'aria da figlio di papà. Deve essere Matteo. "Sì. Proprio lei" rispondo, mettendo in allerta tutto il mio corpo. Sempre meglio essere preparati a tutto. "Allora è vero che avete un bel po' di anni di differenza". Lo guardo di traverso, ma non rispondo. Non ho voglia di discutere. Tanto meno con lui. Marta mi raggiunge, ponendo fine a questo momento imbarazzante. "Hei! Che ci fai qui?" mi chiede sorpresa. "Beh, ero di passaggio e ho deciso di farti una sorpresa". Le dò un bacio sulla fronte. "Grazie!". "Dai, andiamo! Ti porto a cena". Dovrò dirle che Michael mi ha cercato. Che presto ritornerà. Ma devo trovare il momento giusto per farlo. "Ciao, Marta!". Matteo le rivolge un'occhiata che non mi sfugge.

Ed è un attimo.

Qualcosa scatta dentro di me. Mi avvicino a lui, prendendolo con forza per il colletto della camicia. "Lasciala stare! So cosa è successo tra voi e deve finire lì!". Il poveretto, preso alla sprovvista, sbatte contro la sua auto. "E così ti ha detto tutto, eh? Ti ha detto anche quanto mi desiderava quella notte? Ti ha detto di quanto continui a desiderarmi tutt'ora?". Il mio sguardo si sposta su Marta che assiste alla scena, inorridita e spaventata. "Smettetela! Vi prego! Ale, non dargli ascolto! Non è vero quello che dice. Quella notte è stato solo un errore! Te l'ho già spiegato!". Matteo mantiene la sua aria da strafottente e questo aumenta la mia voglia di picchiarlo. Inspiro profondamente. Lascio la sua camicia, allentando la presa poco alla volta. Espiro buttando fuori tutta l'aria. "Sarà meglio che te ne vada!" gli dico, dandogli un ultimo spintone. Sale in macchina e parte sgommando. Porto una mano dietro la testa, mentre con l'altra mi copro gli occhi. "Ma che mi prende?" Marta mi raggiunge, abbracciandomi. "Che ti succede, Ale?". Non rispondo. Prendo il suo viso tra le mani e la bacio dolcemente. Alcune lacrime scendo involontariamente, bagnando le nostre labbra.

******

Siamo rimasti lì, in quel parcheggio, per non so quanto tempo quella sera. Tutte le mie preoccupazioni stanno per prendere forma poco alla volta. Sto iniziando a comportarmi male, reagisco alle provocazioni.

 Ho paura.

 Ho paura che torni l'Alessandro che ero una volta. Marta. Solo lei mi può salvare. Ed io sto facendo di tutto per perderla. Forse, però, Matteo può darle quello che non le posso dare io. Stabilità, gioventù e bellezza. Alzo lo sguardo e guardo la mia immagine riflessa allo specchio. "Ma dove vuoi andare, Ale? Guardati. All'indomani dei quarantacinque. Stai con una ventenne. Hai un figlio di quell'età. Porca miseria. Quando sarai vecchio lei sarà ancora nel pieno delle forze e bella come non mai. Vuoi davvero tutto questo?". La mia immagine se ne sta lì, immobile, a fissarmi. Appena possibile le devo parlare. Michael sta tornando. E la rivuole.

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