Capitolo 25

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*Stai tranquillo
che a nessuno frega.
Chi più nuota,
chi no annega*

Zeref pov
Una parola. Aveva pronunciato una parola, con le sue paffute mani che si estendevano fieramente verso di me. Aveva pronunciato una parola, la sua prima parola. Aveva pronunciato una parola, quella che da tempo immemore avrei voluto sentire uscire da quelle labbra sottili. Aveva pronunciato una parola, aveva invocato il mio nome. Con quel suo sorriso stampato in volto, gli occhi socchiusi pieni di gioia, ignaro di tutto quello che stesse accadendo, ignaro del male che su di lui stava incombendo. E quel che poi è stato, è successo. Un male, quel forte dolore al petto. Una serie di avvenimenti strettamente collegati. Una parola, uno sparo, un grido, una lacrima. Come quando guardi un film e non te l'aspetti, come quando leggi un libro e a bocca aperta resti. O come quando ti senti così male da voler sparire. Eliminare tutto quel che sei, quel che sei stato e quel che sarai. Eliminare la tua ormai solo apparenza. Perchè è di questo che si tratta, una futile esistenza, un'inutile sopravvivenza. La tua vita poi, resta senza senso. Una vita vuota...una che non può essere definita vita. Perchè infondo la vita, in quella sua definizione, significa sofferenza, la vita è un ciclo vuoto, solo un'apparenza, sei tu a dover decidere come riempirla, se di forza, coraggio o pazzia, ma fa male, si prova dolore, la tua testa cerca sempre quell'appiglio di follia, quella cosa che può tirarti fuori per respirare, per esistere, vivere e poi giocare. Perchè la vita, è semplicemente vita, quella sofferenza e felicità incredibilemente infinita.

"La sua nascita non era programmata...come la sua morte, inaspettata" continuo spostando il mio sguardo sul pavimento.

Fuori è buio, un velo così scuro che circonda il mondo, quelle ormai poche stelle che brillano lì in alto, tutto il resto...nero. Un silenzio infernale regna in questa stanza, sguardi sconvolti che mi scrutano increduli, le loro bocche spalancate che parlano da se, un flebile venticello che vibra tra queste quattro strette mura, talmente strette che mi sento soffocare, così vicine che sento la mia testa girare, quasi non riesco a respirare, mi guardo ripetutamente intorno, sposto lo sguardo sulle loro labbra che non emettono rumore e ci risiamo, torno a notare questo straziante silenzio.

"Avevo" Jace con i suoi occhi in preda al vuoto più totale, decide di aprire bocca "Avevo un fratello?" Domanda incerto con un sussurro appena percepibile

Una domanda a cui è inutile rispondere, poichè la risposta lui già la conosce.

"U-un fratello...August" parla più a se stesso, come a confermare tutto, come a cercare di convincersi di una realtà che in verità, in tutte le sue numerose sfumature, gli appartiene più di quanto non percepisca, più di quanto lui non desideri, più di quanto lui immagini. Perchè anche se lui non vorrebbe, anche se lui vorrebbe solamente far finta di niente, fregarsi di quel suo fratello non conosciuto, per evitare semplicemente pensieri troppo pesanti da sostenere, lui non può ignorare. Vivere nell'ignoto forse significa solo scappare.

Osservo il viso, rivolto al pavimento, di mio figlio. Quei lineamenti così simili ai miei, quello sguardo che ora io non so ben decifrare, le sue mani poggiate sulle sue ginocchia e i capelli rivolti in avanti, quasi a sfiorargli la fronte poco sudata.

"Zeref" vengo richiamato da mio fratello e prima che possa voltarmi a guardarlo, mi ritrovo le sue braccia che mi circondano. Un abbraccio di conforto, per entrambi. Una stretta tanto calorosa che rincuora anche il più disperato fra gli uomini.

Un abbraccio atteso da parecchio tempo, da anni passati a piangere in silenzio, da notti trascorse restando sveglio.

Mi siedo di scatto sul letto, il quale si abbassa e dopo pochi istanti sento mio figlio stringermi forte dalla schiena.

| Fairy Tail | Oggi, Domani, Per SempreWhere stories live. Discover now