IX (1)

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Il piacere del riempirsi nuovamente narici e polmoni con aria "pura" fu una sensazione breve, un frangente che venne presto interrotto dalla disapprovazione dei due colleghi

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Il piacere del riempirsi nuovamente narici e polmoni con aria "pura" fu una sensazione breve, un frangente che venne presto interrotto dalla disapprovazione dei due colleghi.
Nonostante il suo desistere dall'aggredire nuovamente Gregory, Lord Terry e Mister Whiteman non parvero giustificare l'atteggiamento avuto in precedenza; così, appena furono abbastanza lontani da non scorgere più il profilo della casa dell'Exilati, presero a rimproverarla al pari d'una fanciullina.
«Avete esagerato!» si pronunciò uno.
«E' un convertito» continuò l'altro, ma lei parve non badare a nessuno dei due, troppo occupata a fissare il via vai di persone sul marciapiede opposto per impedirsi di pensare al fastidio procuratole da quel vampiro, nonché il desiderio sempre più impellente di alcol.

Doveva bere.
Non un semplice bicchiere, ma quanto più le fosse stato possibile. E doveva riposare.
Sì, chiudere gli occhi per almeno un'ora stava diventando una questione di vitale importanza, anche perché sulle panche del treno che l'avevano condotta fin lì, dormire era stato una tortura, non un piacere. Il legno della seconda classe era sì, più comodo delle sedute della terza, ma non sarebbe mai stato piacevole come quello della prima.

«Miss» una delle mani inguantate di Suzu riprese a stringerle il braccio, facendola tornare al presente: «questa è Londinium, non la Transilvania, qui vigono altri usi e costumi.»
Gli occhi autunnali di Katarina calarono sul punto in cui le dita dell'uomo raggrinzivano la stoffa del suo cappottino verde, poi salirono verso il volto di lui: «Che a quanto pare non vi stanno portando da alcuna parte, o sbaglio?» la sua lingua schioccò sul palato, sottolineando il disappunto che un simile gesto le stava suscitando; erano pochi i tocchi che gradiva su di sé, soprattutto se non appartenevano a qualche bella signorina.

Il Maestro delle Polveri da sparo però non sembrò venir intimidito da quella risposta, men che meno dallo sguardo minaccioso della donna, così rinfrancò la presa, stavolta cingendole con veemenza anche la carne: «Se anche fosse, vi ricordo che siete un ospite e non vi è permesso minacciare la nostra sicurezza. Forse non ve ne rendete conto, ma siamo una squadra. Ogni vostra azione sconsiderata ha effetto anche su di noi» sbottò poi, mollando il braccio di Miss Bahun e mettendo nuovamente distanza tra i loro corpi - una distanza che nella mente contorta della donna apparve perfetta per colpirlo e atterrarlo, magari riuscendo persino a spezzargli l'arto la cui mano aveva osato afferrarla.

Ci fu un istante di totale silenzio, un frangente in cui i due non fecero altro che fissarsi con astio, studiandosi in ogni piega dell'espressione - anche se la donna, come purtroppo le capitava un po' troppo spesso, non riuscì a evitarsi di pensare a come liberarsi di quei guastafeste londinesi.

Era ovvio, guardando sia lei che l'orientale, che fossero entrambi fermamente convinti delle proprie parole, tronfi degli insegnamenti con cui dal giorno dei voti avevano affrontato il Mundus Umbrae - nessuno si sarebbe fatto indietro, anche se tutti e due erano consci di quanto fosse importante collaborare. Ma Katarina non amava lavorare in squadra, lei non era fatta per i confronti tra colleghi o i piani studiati in gruppo. Lei aveva sempre agito da sola, affrontando in solitudine i pro e i contro di una simile scelta e, non vedere le facce di quegli uomini per qualche ora non avrebbe certo guastato il suo umore.

Miss Bahun: caccia ai vampiriWhere stories live. Discover now