XIII

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Un grugnito, seguito da una sensazione fastidiosa

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Un grugnito, seguito da una sensazione fastidiosa. Un calore inusuale a pizzicare il viso e contrariare le pupille oltre le palpebre chiuse. Un altro grugnito. Katarina provò a voltarsi e rivoltarsi in ogni modo sotto la coperta di lana cotta, in modo da costringere Morfeo a non abbandonarla, ma nessuno dei suoi sforzi parve alleviare il sentore spiacevole; nemmeno infilare la testa sotto a quella sottospecie di cuscino le permise di ignorare il fatto che il sole fosse sorto e il giorno, come poche volte prima, la stesse reclamando - così, soffocando un grido nella ben misera morbidezza del materasso, Miss Bahun si rimise supina. Con il respiro grosso e gli occhi rivolti al soffitto, in cerca forse di qualche visione mistica, la vânător provò a capire per quale, stupido motivo, fosse già sveglia. Sì, la ronda della sera prima non si era poi prolungata per chissà quante ore, e men che meno qualche creatura maligna aveva dato loro filo da torcere, ma tra il disastroso viaggio in treno, la corsa dietro alla Fata e la consequenziale scarica di adrenalina, per non parlare della scomodità di quel materasso, avrebbe gradito qualche ora in più di riposo. Se lo meritava, in fondo. Eppure qualcuno, una forza superiore a cui avrebbe preferito non dover dare alcuna identità, sembrava essere tutto fuorché d'accordo con lei.

Intontita dagli ultimi rimasugli di sonno rimastale addosso, Katarina diede un colpo di reni e, in un lasso di tempo che le apparve incredibilmente breve, si ritrovò seduta: le punte dei piedi a toccare il pavimento gelido e la vestaglia a ricaderle malamente da un lato del corpo, lasciando fin troppa pelle alla mercé dell'umidità di quel tugurio che era la sua stanza. Il freddo del mattino - nemmeno si pose il problema se fosse primo o tardo - le riempì cosce, busto e braccia di una lieve pelle d'oca, facendola prontamente pentire di essersi tolta di dosso le coperte con tanta premura.

«Rahat! (merda!)» le sfuggì di bocca prima ancora che se ne potesse rendere conto. Nemmeno nelle peggiori bettole di Roma, in pieno inverno, aveva mai patito un simile gelo - come fosse possibile che in un edificio tanto imponente e curato dovesse ritrovarsi in una simile situazione le fu inconcepibile.

Piegò il collo da una parte, poi dall'altra, e subito dopo lo scrocchio delle ossa, rivolta con la testa verso la porta, un suono insolito e inaspettato catturò la sua totale attenzione. Persino il freddo e i muscoli intorpiditi passarono in secondo piano. Protendendo il busto quanto più le fosse possibile, senza però alzarsi del tutto, Miss Bahun si mise in ascolto. In lontananza un mormorio concitato si mise a stuzzicare la sua curiosità: sembrava una litania, eppure non avrebbe saputo dire con certezza quale preghiera fosse e quante voci la stessero recitando. Così, ignorando il fatto d'essere ben lontana dal presentabile, Katarina si issò dal letto e, stirando un muscolo dopo l'altro, si avvicinò alla maniglia, abbassandola e tirandola a sé. Circospetta si mise a spiare dal ritaglio di spazio tra la porta e lo stipite e, non trovando anima viva nel corridoio, scivolò fuori dalla stanza. I piedi si mossero svelti sul pavimento, carezzando silenziosi il mosaico di fiori e spine che il giorno prima l'aveva condotta alla serra in cui si trovava la Madre Superiora: sembrava formare un percorso, una sorta di flusso continuo che conduceva proprio dove, consciamente o meno, Miss Bahun voleva andare - e senza rendersene conto, ancora una volta, lo seguì. Un passo dopo l'altro, aguzzando l'udito, Katarina avanzò lungo l'ambulacro quasi in balìa del canto che l'aveva spinta fuori dalla propria cella. E più si avvicinava all'origine della litania, e quindi le parole si scandivano, più la sua curiosità si faceva vorace: non aveva mai udito nulla di simile, eppure, rispetto a moltissimi altri inni o preghiere, quella risultava essere... invitante. Acquattandosi alla parete, quasi provando a rifuggere i raggi che dal cavedio e qualche piccola finestra si insinuavano nell'edificio, esattamente come uno di quei vampiri che tanto odiava, Miss Bahun si fece sempre più vicina a una porta che, il giorno prima, nemmeno si era accorta esistere. Rispetto alle soglie delle celle, quella pareva essere qualche spanna più larga e alta, mentre il legno, segnato in più punti, riportava curiose incisioni.

Miss Bahun: caccia ai vampiriWhere stories live. Discover now