8. A bad father

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26 Novembre 2019.

Era appena passata la mezzanotte, quando io e mia sorella rientrammo a casa dopo quella lunga serata. Avevo deciso di dare una pulita molto veloce al locale, prima di chiudere, e Austin si era gentilmente offerto di riaccompagnarci a casa con la sua auto.

Tanya chiuse il portone d'ingresso a chiave, prima di togliersi le scarpe: la imitai e le lasciammo all'ingresso. Stavo per procedere verso il salotto, quando la sua voce mi fece bloccare: «Va a letto, ti preparo una tisana» mi intimò, ma con un tono dolce e comprensivo. Era un eufemismo che mia sorella minore dovesse occuparsi di me, ma la lasciai fare perchè essere coccolata mi sarebbe servito.

Salii le scale che portavano al primo piano della nostra casa con una lentezza estenuante, continuando a torturarmi il labbro inferiore secco e screpolato. Lasciai la porta della camera aperta, in modo da far entrare l'avvolgente calore che proveniva dal piano di sotto, e mi misi seduta sul letto.

Non riuscivo a rilassarmi. La mia schiena continuava a rimanere tesa come una corda di violino e più pensavo alle parole di Ian più sentivo una sensazione di calore invadermi le gote. Se un'ora prima ero crollata in un vortice di disperazione, in quel momento sentivo di poter esplodere dalla rabbia. Non credevo di non essere riuscita a fronteggiare quel ragazzo e ciò che mi amareggiava era il fatto di essere rimasta nuovamente inerme davanti a quegli occhi.
Gli occhi di un ragazzo che avevo amato nonostante la mia tenera età, di chi aveva preso in pugno quel sentimento e lo aveva accartocciato come si fa con un foglio inutile.

No, non potevo più amarlo, sarebbe stato da vera masochista. Ma non potevo negare che la sua presenza e il suo sguardo mi rapivano ancora, come il primo giorno che l'avevo incontrato. Mi sentivo davvero stupida nel provare quelle sensazioni, ma lo sarei stata altrettanto se non lo avessi ammesso.
Esalai un sospiro, accantonando quei pensieri per un attimo, e mi sfilai via i vestiti per indossare il mio pigiama di flanella.

Ero raggomitolata sul letto con le gambe piegate verso il mio corpo e il mento premuto sulle ginocchia, quando arrivò Tanya con due fumanti tazze di thè. «Come stai?» mi chiese, prendendo posto di fianco a me e porgendomi la bevanda. Mi riscaldai subito le mani, avvolgendole intorno alla ceramica bollente, e portai lo sguardo su di lei.

«Sto bene» sussurrai. Ci furono alcuni attimi di silenzio, riempiti solo dal rumore dei nostri respiri e entrambe sapevamo che non stavo bene.
Anche mia sorella aveva indossato il pigiama e si era legata i capelli in modo disordinato, lasciando uscire alcune ciocche più corte che non arrivavano all'elastico.
Sospirò e sorseggiò il suo thè, prima di cominciare a parlare: «Non voglio farti stare ulteriormente male, Lynn,» fece una piccola pausa e sentii il suo sguardo su di me, come se stesse cercando di capire se potesse continuare il suo discorso, «ma vorrei sapere di cosa avete parlato con Ian. Sai che interessa anche me».

Mi mordicchiai l'interno della guancia, per niente stupita dalla sua richiesta, e mi allungai verso il comodino posandovi la tazza ancora piena. «A quanto pare, la sua vendetta non è ancora finita.» cominciai, arrivando dritta al punto, «E' tornato a tormentarmi, Tanya, e non ho idea di come abbia fatto a trovarci» esalai l'ennesimo sospiro di quella giornata, prima di avvicinarmi a lei e posare la testa sulla sua spalla.

Rimase in silenzio e la sentii spostarsi leggermente per mettere via anche la sua tazza, poi mi circondò le spalle con un braccio. Quella sensazione di vicinanza mi fece sentire al sicuro.
Era confortante sapere di avere almeno una persona di cui fidarmi al mio fianco: io e lei ce l'eravamo sempre cavata da sole nelle situazioni difficili e in quel momento credevo ancor di più che sarebbe stato così per sempre.

«Devi stare tranquilla, però. Ci sono io con te e adesso abbiamo anche Austin con noi» sussurrò e spostò la sua mano ad accarezzarmi i capelli; chiusi gli occhi, cullata dal suo tocco. «Io mi fido di lui, sono sicura che non permetterà ad Ian di farti del male».

A quelle parole mi divincolai dalla sua presa solo per guardarla: mi stava sorridendo come a confermare la sua affermazione. «Quindi...» feci una leggera pausa, in cui presi le maniche del pigiama per tirarle verso le dita delle mani. «Tu credi che debba parlarne con lui?»
Tanya annuì, «Lui ci aiuterà» mi rassicurò, prima di stringermi in un abbraccio che mi infuse tanta sicurezza.

Posai il mento sulla sua spalla, chiudendo gli occhi, «Sono stanca di pagare gli sbagli di nostro padre, Nya» soffiai con acidità nella voce, sentendo la stretta di mia sorella farsi più salda.
Eravamo rimaste piuttosto scottate dalla scomparsa di nostro padre, avvenuta quando avevamo ancora bisogno di una figura maschile che guidasse le nostre vite. Sapevamo la causa del suo decesso, ma con il senno di poi c'eravamo rese conto di non sentirne la mancanza. Aveva lasciato sin troppi debiti sulle nostre spalle e quelle di mia madre, tanto che inizialmente pensai l'avessero ucciso i suoi strozzini. Solo dopo qualche settimana gli agenti della scientifica ci comunicarono che si era trattato di suicidio e cominciai a pensare che lui non volesse il nostro bene, come aveva sempre promesso. Mia sorella non voleva crederci quando - dopo qualche anno - le raccontammo tutta la verità e ancora in quel momento non voleva sentirne parlare.

«Lo so, Lynn...» sussurrò e ci allontanammo perché il corpo di mia sorella tremò, scosso da un singhiozzo. Immediatamente, le presi il viso tra le mani e lo avvicinai al mio per farsì che il suo sguardo colmo di lacrime si concentrasse sui miei occhi.

«Aggiusteremo la situazione con Ian. L'abbiamo già fatto, ricordi? Questa volta non mi lascerò prendere in giro e...» feci una piccola pausa, in cui raccolsi una piccola lacrima sfuggita al suo controllo «se sarà necessario ce ne andremo» deglutii, ma quella frase non aveva convinto neanche me, per il tono insicuro che avevo utilizzato. La verità era che non volevo assolutamente andarmene, come avevamo fatto per anni prima di stabilirci a Donaghmede. Ero stanca di viaggiare e di ambientarmi in posti sconosciuti che avrei lasciato l'indomani. Finalmente lì avevo una migliore amica, avevo un lavoro che - nonostante non fosse quello che volevo - mi portava ottimi guadagni, avevo stretto amicizia con Austin e... avevo incontrato Cole.

Mia sorella annuì, prima di asciugarsi le lacrime con la manica del pigiama. Ci sdraiammo sul materasso, sotto le coperte, e continuammo a guardarci: «Hai mai pensato a come sarebbe stata la nostra vita se fossimo rimaste a Cardiff?» sussurrò. La vidi portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e pensando alla sua domanda non riuscivo a trovare le parole adatte per rispondere.

Mi girai a pancia in su, portando lo sguardo sul soffitto e le braccia piegate dietro la testa: pensai al Temple e a tutti i clienti che amavano il mio modo di fare il caffè americano, agli avvenimenti degli ultimi giorni, a Rosalie e la sua promozione, a Cole e il suo strampalato modo di flirtare. «Credo che la nostra vita sarebbe stata piuttosto noiosa» ridacchiai e la sentii fare lo stesso.

«Dove lo trovi un altro che ti chiama 'Culo Moscio'?» mi prese in giro, ridendo e mimando le virgolette con le dita. La guardai in malo modo ma per pochi secondi, perchè scoppiai a ridere. Constatai che Tanya in quegli ultimi giorni non facesse altro che parlare di Austin, o fare riferimenti alle sue battute. Così, tornando seria, inarcai un sopracciglio.

«Cosa c'è tra te e Austin?» chiesi di punto in bianco, notando che il sorriso di mia sorella scomparì. Al suo posto si propagò un tipico rossore d'imbarazzo sulle guance e capii di aver colto nel segno. Mio malgrado, però, la vidi girarsi dall'altra parte e infilarsi meglio sotto il piumone: «Si è fatto tardi sorellina, buonanotte» mi liquidò, prima di spegnere la lampada da terra, posta di fianco al letto.

Sbuffai e mi sistemai sotto le coperte: «Okay, okay!» sbottai, perchè ero troppo curiosa di saperlo «Però domani esigerò risposte!» esclamai, con tono autoritario. Lei mi fece il verso, prima di cadere di nuovo nel silenzio. Mi raggomitolai su me stessa e pian piano mi addormentai, cullata dal dolce suono della pioggia.

FearlessWhere stories live. Discover now