6. Skilled observer

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25 Novembre 2019.

Cole.

Aprii lentamente gli occhi, svegliato dal rumore della porta d'ingresso della camera, e mi girai dall'altra parte. Di sicuro Jaquelyn era tornata dalla sua riunione e io non avevo alcuna voglia di alzarmi dal letto, nonostante fosse mezzogiorno e qualche minuto.

Il rumore dei passi della ragazza era ben udibile, sicuramente aveva indossato dei tacchi perchè riuscivo a percepire il suo avvicinarsi alla camera da letto grazie all'aumentare del ticchiettio. Chiusi nuovamente le palpebre, cullato da quel rumore, e infilai un braccio sotto il cuscino. Le lenzuola bianche mi coprivano e tenevano caldo gran parte del corpo, fino a che non le sentii scivolare via bruscamente.

Mugugnai e affondai maggiormente il viso nel memory. Successivamente, percepii il materasso abbassarsi sotto il peso della mia ragazza: «Amore, svegliati, dobbiamo prendere un aereo tra un'ora!» esclamò con tono più o meno alto. Io e Jaquelyn stavamo insieme da circa tre anni e convivevano da due - ovvero dal momento in cui la carriera dei The Fearless aveva spiccato il volo. Non che la cosa mi dispiacesse, all'inizio di quest'avventura ero entusiasta di convivere con la mia ragazza.

Purtroppo, però, la quotidianità e il lavoro si contrapponevano ai bisogni della nostra relazione: ormai era diventata un'abitudine averla al mio fianco e non ero in grado di capire se l'amavo ancora. Dovevo ringraziare soltanto lei se la mia musica e quella di Dave si erano unite, perchè dal primo giorno Jaquelyn era stata la nostra manager e dovevo ammettere che era proprio quel dettaglio che mi teneva legato a lei.

Alzai la testa quando assimilai la sua frase e la guardai con un sopracciglio inarcato: «Aereo? Dove dobbiamo andare?» domandai confuso e con la voce impastata dal sonno. Fino a fine novembre non era previsto alcun concerto o almeno era quello che sapevo.

La ragazza dai capelli rossi inarcò la testa da un lato, premendo le labbra tinte di bordeaux in una linea sottile. «Hanno chiamato da Londra per un piccolo concerto, nei giardini vicino al London Eye. Ci hanno offerto parecchi soldi, Cole, quindi ho prenotato il primo volo» alzò le spalle e non ebbi il tempo di ribattere che la vidi alzarsi dal letto, segno che la discussione fosse finita lì.

Sbuffai e, dopo un paio di minuti, dei vestiti mi furono lanciati addosso: la ragazza aveva frugato nella mia valigia per prenderli e quindi scelse il mio outfit. «Sbrigati, ti aspetto nella hall, amore» si congedò, mentre io rimasi fermo lì, nella stessa posizione di quando mi ero svegliato.
Ero sicuro che quel giorno avessi un impegno lì a Dublino, ma in nessun modo riuscivo a ricordare quale fosse, sapevo solo che era importante.

Me ne ricordai solo dopo svariati minuti, quando la mia mano cominciò a formicolare perchè l'avevo tenuta troppo sotto il peso della mia testa. «Lynn...» sussurrai tra me e me, guardando il palmo e muovendo le dita per liberarmi dal fastidioso formicolio.

Avevo promesso a Eileen, non esplicitamente, che quel giorno ci saremmo visti. Sarei andato al Temple solo per farmi fare un cappuccino e guardarla mentre si muoveva imbarazzata sotto il mio sguardo. Mi piaceva l'effetto che le facevo, come quando cominciai a cantare e le caddero tutti i bicchieri che aveva sul vassoio, per esempio. Io l'avevo vista, l'avevo guardata per la maggior parte dello spettacolo. Avevo colto tutti i suoi sguardi, le sue espressioni corrucciate mentre parlava con il suo collega e gli sbuffi quando doveva pulire un tavolo troppo appiccicoso. Ero sempre stato un abile osservatore, silenzioso e mai esplicito.

Dal primo giorno che l'avevo vista, non mi ero perso neanche un minimo dettaglio di lei. Mi piaceva osservarla, anche perchè ciò le recava fastidio e inibiva i suoi gesti. Sapevo di non farla sentire a suo agio, perchè notavo quanto fosse impacciata in mia presenza, ma dovevo ammettere che era proprio quella sua caratteristica a colpirmi. Non ne ero innamorato, pensavo solo di essere rimasto fulminato dalla sua semplicità, la sua forza e la sua grinta. Poi, il suo fisico era tutt'altra storia: ovviamente mi aveva colpito anche sotto quell' aspetto. Mi sarebbe tanto piaciuto poter affondare le dita nei suoi capelli castani con riflessi chiari, erano sicuramente più morbidi di quelli di Jaquelyn - ormai rovinati dalle varie tinte che aveva fatto. Oppure, avrei voluto poterle accarezzare il viso rotondo e delicato, mai eccessivamente truccato.

Comunque molto spesso peccavo di presunzione, perciò ero più che sicuro di essere entrato nella testa di Lynn, come fanno quei tormentoni estivi che non riesci più a smettere di canticchiare. E speravo di non uscirne facilmente o che magari occupassi i suoi pensieri.

Le mie labbra si distesero in un piccolo sorriso e mi catapultai giù dal letto, dirigendomi in bagno. Mi lavai i denti e, successivamente, tolsi gli slip per entrare nel box doccia. L'acqua calda batteva furiosa contro la mia pelle, tramutandosi in goccioline che mi solleticavano la schiena. Mi rilassai per qualche minuto sotto il getto, prima di spegnere l'acqua ed avvolgermi un asciugamano in vita.

Attraversai la stanza, con i capelli ancora gocciolanti, e fui pronto solo un quarto d'ora più tardi. Avevo indossato i vestiti che mi aveva preso Jaquelyn: una felpa rossa con un paio di skinny jeans neri e le Converse dello stesso colore. Chiusi la valigia e, dopo aver asciugato i capelli senza dargli una forma precisa, uscii dalla camera.

Chiamai l'ascensore premendo il tasto rosso svariate volte e strinsi il manico della valigia nella mano sinistra: ero in ritardo e solo Dio sapeva quanto avrebbe avuto da dire la mia ragazza al riguardo. A volte pensavo davvero di essere suo figlio, perchè lei si comportava da madre e non riuscivamo più a darci le attenzioni che normalmente si scambiava una coppia. Non volevo recare tutta la colpa a lei, ma purtroppo il suo comportamento influiva molto sul mio nei suoi confronti. Eravamo cambiati, ci eravamo abituati l'uno all'altro.

Quando arrivai nella hall, la rossa mi aspettava a braccia conserte e, prima che potesse cominciare a parlare, le stampai un bacio sulle labbra. «Non dire nulla, andiamo» cercai di addolcirla, facendo un cenno del capo verso l'uscita. Mi passai il palmo sulle labbra, per rimuovere il rossetto che la ragazza mi aveva sicuramente lasciato, «Quando la smetterai di metterti quella merda?» sbuffai, ricevendo un'occhiataccia da parte di Jaquelyn. L'avevo vista struccata rarissime volte, perchè io finivo sempre per addormentarmi mentre lei prendeva i suoi dischetti per togliere tutto il trucco. Non avevo mai capito perchè lo facesse, era molto bella anche al naturale e in più risaltavano i suoi tratti latini. Sua madre era peruviana e, quando la conobbi, mi stupii della loro gradevole somiglianza. Sembravano due gocce d'acqua.

Scrollai le spalle e uscimmo dall'hotel situato poco lontano da O'Connel Street. Lì davanti ci aspettava un taxi sul quale caricammo i nostri bagagli. Successivamente ci accomodammo sui sedili posteriori dell'auto, perché il posto del passeggero era occupato da Dave che ci aveva anticipati di svariati minuti e salutati con un caroloso sorriso.

Conoscevo Dave da molti anni, precisamente da quando frequentavamo il college ed eravamo compagni di banco nell'ora di storia dell'arte.
La nostra amicizia era nata tra le mura scolastiche,appunto, e da allora era stato la mia spalla destra. Eravamo completamente diversi: io ero il permaloso tra i due, lui si limitava a prendere le critiche con positività. Io ero il cinico, lui buono e amico di tutti. Io osservavo le persone silenziosamente, riuscendo a cogliere le loro emozioni, Dave provava a indovinare.
Eppure, ero sicuro che queste disuguaglianze completassero il nostro rapporto, nonché il nostro lato artistico. Lui era il chitarrista o batterista del gruppo e quando ci andava suonavamo anche la console.
Riuscivamo ad unire le nostre idee per creare qualcosa di unico e speravamo di poter creare un album tutto nostro.

Quando il tassista partì, portai lo sguardo sul finestrino. I miei occhi si posarono sullo stabilimento dell'Heineken: mi tornò in mente Eileen e la concentrazione che ci metteva quando spillava la birra.
Sulle mie labbra si dipinse un sorriso e mi domandai cosa avrebbe pensato non vedendomi arrivare quel giorno.

FearlessWhere stories live. Discover now