5. I'm just drinkin' my coffee

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24 Novembre 2019.

Spinsi la grande porta del Soma e mi inebriai del dolce profumo di cioccolato, prima di recarmi al bancone della caffetteria. Ordinai un thè al caramello, pagandolo e chiedendo gentilmente alla barista se fosse possibile portarlo al tavolo. Sorrisi, quando lei annuì, e presi posto vicino alla vetrata. Quella caffettieria affacciava su due lati: da una parte c'era il The Spire, una torre d'acciaio alta centoventi metri, dall'altro la statua di James Joyce con tanto di cappello e bastone. Mi soffermai a guardare proprio quella, anche se gruppi di persone mi passavano davanti e di conseguenza portavo lo sguardo su altro. Dopo un po' una mano si agitava davanti al mio viso, dall'altra parte del vetro, e mi fece tornare a terra.

Sorrisi, «Rosalie!» esclamai ad alta voce, attirando l'attenzione di alcuni clienti che mi guardarono straniti. Feci un gesto con la mano, per farle capire di entrare, e dopo un paio di minuti era seduta al mio tavolo. «Dove diavolo ti eri cacciata? Scompari per una settimana senza dirmi niente!» sbuffai, poggiando la guancia destra contro il palmo della mano.

La ragazza dai capelli castani con riflessi biondi, mugugnò: «Scusa Lynn, sono dovuta partire per lavoro e ho dimenticato di contattarti. Sai, ho avuto una promozione» annunciò euforicamente, prima che venissimo interrotte dalla barista che portò il thè e prese anche l'ordinazione della mia amica.

Quando se ne andò, riportai lo sguardo su Rosalie: «Una promozione?» chiesi curiosa, prima di cominciare a sorseggiare la mia bevanda al caramello.

«Si!» squittì, rubando uno dei biscotti che erano stati portati insieme al mio ordine; «Il mio capo ha deciso di affidarmi alcuni casi che potrebbero farmi ottenere molta popolarità. In campo giuridico, ovvio.» alzò le spalle «A quanto pare, ci sono un paio di cause che altri avvocati hanno perso miseramente e così ha deciso di assegnarle a me, perchè gli ispiro fiducia» annuì e una ciocca di capelli le ricadde sul viso, però prontamente la portò dietro l'orecchio.

Mi limitai a sorridere, perchè la mia amica meritava tutto il successo del mondo, per quanta determinazione ci metteva in quello che faceva. A volte, il carattere delle persone rispecchiava anche la loro occupazione e Rosalie aveva sempre avuto il comportamento ideale per essere un avvocato. «Quindi se riesci a vincere queste cause... sarai sui giornali?» chiesi, anche se era più una constatazione.

«Esatto, Lynn, e finalmente la gente chiamerà me per risolvere i loro casi. Non dovrà più affidarmeli il capo!» esclamò entusiasta. Rosalie era sempre stata molto ottimista: da quando la conoscevo non le avevo mai sentito dire qualcosa di negativo e questo lato di lei mi piaceva molto, perchè riusciva a infondermi sicurezza. «Tu invece? Hai sostenuto l'esame?» Domandò, ottenendo finalmente anche il suo ordine: cioccolata calda.

Morsicai un biscotto, raccattando le idee per risponderle: «Si, sono uscita poco fa dall'aula d'esame.» esalai un sospiro, «Ho illustrato il mio progetto, spero lo prendano in considerazione» alzai le spalle, prendendo un altro sorso di thè, e finalmente riuscivo ad acquistare un po' di calore.

Rose si tolse il cappotto e lo sistemò sullo schienale della sedia, dietro di lei, poi riportò lo sguardo su di me: «Sono sicura che lo accetteranno, la tua è una buonissima idea!» cercò di rassicurarmi, e in quel momento mi serviva proprio. Stavo per risponderle, quando portai lo sguardo all'esterno e vidi avvicinarsi alla porta d'ingresso del locale il ragazzo del giorno prima. Cole, il cantante con il quale stavo per litigare e l'unico che era riuscito a mettermi a disagio parlando di una stupida canzone.

«Oh no...» piagnucolai e sentii lo sguardo di Rosalie addosso, probabilmente era confusa dalle mie parole, ma sarebbe stato davvero difficile dare delle spiegazioni. «Scusa, stavo pensando ad una cosa» sforzai un sorriso, mentre continuavo a tenere gli occhi puntati su Cole, che si era avvicinato al bancone. Mi chiedevo come facesse, con quel freddo, ad indossare dei pantaloni strappati sulle ginocchia.

«O a qualcuno» constatò la mia amica, in un sussurro, però finsi di nulla. Passarono solo alcuni secondi, prima che il mio sguardo incontrasse quello del ragazzo. Mi sorrise e notai un pizzico di malizia sul suo volto, poi si avvicinò al nostro tavolo.
«Buongiorno, Eileen» mi salutò e si sedette sull'unica sedia libera, senza neanche chiedere il permesso. Tra le mani teneva il suo cappuccino in monouso e, se non avessi avuto gli occhi di Rosalie puntati addosso, glielo avrei scaraventato per terra fingendo un incidente.

«Cole» pronunciai il suo nome, infastidita, prima di prendere l'ultimo sorso di thè. «Ti mando un messaggio Rose, adesso torno a casa» annunciai, strusciando la sedia sul pavimento per poi alzarmi. Indossai il mio cappotto e la sciarpa, prendendo anche il mio zainetto, che misi subito in spalla.

Mi avviai verso l'uscita a grandi passi - dopo aver lasciato un bacio sulla guancia della mia amica - e sbuffai quando l'aria fredda si scontrò con le mie guance che si arrossarono all'istante. Continuai a camminare velocemente, per raggiungere al più presto la fermata dell'autobus, ma sentii una spalla sfiorare la mia e una figura maschile mi si affiancò: portai lo sguardo su di lui e lo vidi sorseggiare il cappuccino: «Che stai facendo?» inarcai un sopracciglio confusa.

Cole alzò le spalle, «Sto solo bevendo il mio caffè, perchè?» domandò retoricamente, ricevendo un'occhiataccia da parte mia. Sbuffai ancora, provocando una nuvoletta di condensa nell'aria, «Perchè mi stai seguendo?» precisai, arrivando dritta al punto.

Il ragazzo si leccò le labbra per togliere il residuo di caffè e a me quel gesto poteva risultare piuttosto sexy, se non lo avesse compiuto una delle persone più irritanti che conoscevo. «Per la precisione, sto andando alla fermata dell'autobus.» alzò le spalle.

Dal canto mio, rinunciai a continuare quella conversazione perchè quel ragazzo era dannatamente strano, incomprensibile, e non avevo il tempo di pensare a come decifrare i suoi gesti.

Continuammo a camminare in silenzio per alcuni minuti, poi si schiarì la voce e gettò il contenitore del caffè in un cestino lì a fianco: «È molto meglio il tuo cappuccino» mormorò sotto voce, ma lo sentii chiaramente. Inarcai un sopracciglio, sorpresa dalla sua affermazione, «Mi stai facendo un complimento, Cole?»

Infilò le mani in tasca: «Dipende da come vuoi interpretarlo» rispose vago e lo maledissi mentalmente, perché mi lasciava costantemente in bilico.

«Lo prenderò come tale, allora» scrollai le spalle, dopo essermi fermata a qualche passo dalla folla.

«Qual è il tuo?» mi chiese e inizialmente credevo si riferisse all'autobus ma, pensandoci su, tra noi domande semplici come il numero del mezzo da prendere erano impossibili. Così mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio: «Canti molto bene» mormorai, senza guardarlo.

Emise una risatina, così alzai lo sguardo e me lo trovai di fronte: le nostre iridi si incastrarono e mi soffermai a guardare le pagliuzze nere che trafiggevano il suo blu oceano.
Quella sfumatura era molto simile alla mia, se solo il suo sguardo non fosse stato così cupo. «Questo lo sapevo già» ghignò maliziosamente, così mi divincolai dal suo campo visivo.
«È arrivato il mio autobus» gli feci notare, prima di cominciare a camminare verso il mezzo.

Fui bloccata, però, dalla mano calda di Cole che mi avvolse il polso in una stretta salda. Tornai a guardarlo e «Ci vediamo domani».

Annuii, prima di salire sull'A25 e rimanere in piedi in mezzo al corridoio. Continuai a tenere lo sguardo su di lui, attraverso i vetri del veicolo, finchè il conducente non partì e così fui costretta a voltarmi.

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