Capitolo 34.

61.8K 2.1K 102
                                    




Non so se dovrei parlargliene, il più delle volte che cerco di spiare all’interno della sua corazza rimango sempre ferita. Sapere cosa, ancora una volta, ha afflitto gli incubi di Harry, è diventato il mio punto fisso. Lo amo, e ho bisogno di sapere cosa posso fare per lui.
E me mi dimostrassi ancora una volta troppo impicciona? Non potrei accettare un altro rifiuto da parte sua, ma dovrà pur capire che in una coppia – o qualsiasi cosa noi siamo adesso – la fiducia è alla base di tutto. Non sono sicura che lui si fidi di me tanto quanto io mi fido di lui, non sono nemmeno sicura di quanto ancora mi stia nascondendo del suo passato.
Cosa so di lui? Quanto si è lasciato in America? Cosa c’è veramente dietro quel sorriso perverso, quelle mani calde, quella risata roca e quella voce scorbutica e rassicurante non l’ho ancora capito.
«Sei già sveglia?» Gli occhi sonnolenti di Harry fanno capolinea in cucina, noto il suo sguardo insolitamente imbarazzato e gli zigomi sporgenti coperti di un velo rosso. E’ come se si vergognasse, dato che dopo quello che mi ha detto ieri sera non abbiamo più parlato. Lo guardo e, nascondendo un sorriso, annuisco continuando a bere la mia tazza di latte caldo.
«Uhm, che bevi?» Sta addirittura cercando di non guardarmi negli occhi mentre si siede accanto a me, e non di fronte come eravamo abituati una volta. Gli porgo il bicchiere e lui lo prende, guarda all’interno e lo avvicina lentamente alle labbra calde.
«E’ ottimo.» Commenta titubante, non sapendo che dire.
«Harry, è semplicemente del latte.» Sorrido mentre mi riempio un’altra tazza.
«Sì ma è.. buono, credo.» Si morde il labbro inferiore passandosi una mano tra i capelli. Non riesco a non ridere per il suo modo di non sembrare un cretino, sembra quasi essere dispiaciuto per aver espresso in parte i suoi sentimenti. Sembra ancora impossibile che lui ricambi in parte quello che provo, anche solo il pensiero che una delle mille sensazioni che io provo per lui sia ricambiata mi basta per sorridere.
«Da quanto sei sveglia?» Si passa una mano sulla fronte sospirando. Dormiti aggrovigliati, mi è stato quasi impossibile non sudare questa notte, soprattutto perché Harry era ancora più caldo del normale ed il suo addome bollente era fissa sulla mia schiena nuda.
«Qualche oretta.» Scrollo le spalle finendo la mia tazza e portandola nel lavabo, inizio a lavarla mentre do le spalle al riccio.
«Che cazzo hai fatto in questo tempo?»
«Un paio di telefonate.» Spio oltre una mia spalla per notare un Harry perplesso. «Ho chiamato la scuola, per farmi dire quando ci saranno i risultati finali così che potrò confermare per la London State.» Specifico, e lui sembra quasi sollevato.
«Credi che Mitchell alla fina abbia fatto domanda anche per me?»
«Lo spero.» Corrugo la fronte asciugandomi le mani.
«Cazzo.» Si strofina la nuca con entrambe le mani inclinando la testa all’indietro. Ha un aspetto fantastico, con i capelli in disordine e gli occhi chiari che emanano quella luce che tanto adoro. E’ a petto nudo, ciò fa distrarre parecchio la mia concentrazione sulle sue parole, indossa gli stesso jeans di ieri ed è a piedi nudi come un modello pronto per il set.
Non riesco mai a sentirmi abbastanza per lui, nonostante il ragazzo complicato che è all’interno, all’esterno è una persona bellissima. Ti innamori del suo cuore passando attraverso i suoi occhi.
«Senti, Chee.» Ricomponendomi poso la mia attenzione di nuovo sulla sua bocca in movimento e non su altro. «Ti dispiacerebbe se io.. cioè.. partecipassi ad un incontro?» Ci guardiamo per troppo tempo mentre io cerco di assimilare al meglio le sue parole, ancora un po’ sbigottita.
Saranno passate settimane dall’ultimo incontro di Harry in cui ho fatto parte, e non ricordo che finì parecchio bene. Ritornare di nuovo indietro proprio ora che stavamo andando nella direzione giusta, non so se potrà farmi male o bene.
«No.»
«Non ti credo.» Sollevandosi dalla sedia si avvicina a me che, una volta avendolo di fronte, mi ricordo quanto lui sia più alto, quasi venti centimetri di differenza. Le sue mani mi bloccano contro il bancone della cucina, il suo volto si abbassa verso il mio e sento il suo respiro sulla mia pelle.
«E allora? Tanto ci andrai comunque.» Faccio per spostarlo ma inutilmente, sbuffo rimanendo di fronte a lui. Incrociando le braccia al petto aspetto una sua reazione.
«Ho mandato tutto ciò che avevo a mio padre, convinto che ormai per me non c’era più speranza.» Questo non lo sapevo. «Ti chiedo di venire con me questa sera, ho sul serio bisogno di soldi, e di te.» Passa lentamente le sue labbra sulla mia fronte e mi trovo a sospirare di nuovo. Poi una domanda mi gira per la testa, e potrei apparire ancora più invadente.
«Harry, cos’ha tuo padre?» Gli passo le mani sulle spalle per trattenerlo nel caso volesse scappare, come era solito fare in passato. Questa volta però, contro ogni mia aspettativa, rimane lì fermo a guardarmi. Credo che stia pensando se fidarsi o no, ho il cuore che batte forte ogni volta che le sue ciglia si abbassano e si alzano verso di me.
«Ha un cancro al cervello.» Le sue mani stringono il bancone dietro di me colorando le proprie nocche di un fascio bianco. «Lo abbiamo scoperto qualche anno fa, è da lì che ha cercato di fare il padre. Peccato che era troppo tardi.» Sghignazza provando ad allontanarsi, gli blocco il polso con entrambe le mani immediatamente.
«Cos’hai contro tuo padre?» Gli domando.
«Niente, è solo un bastardo.» Calando lo sguardo i ricci gli solleticano la fronte. Odio il modo in cui cerca di mascherare la sua sofferenza, ancora di più ora che si ritrova con un padre malato ed una madre morta. Non è facile vivere la sua vita, come non è facile capirla.
«Potrei dirti che andrà tutto bene, ma non credo tu voglia sentirtelo dire.»
«Tengo a mio padre, ma non tanto da volerlo ancora vivo.» Sento la pelle sotto le mie mani contrarsi, dei brividi mi percorrono la schiena mentre lui cerca di nascondere le iridi chiare sotto le sue palpebre.
«E’ pur sempre tuo padre, è la persona più vicina a te.»
«Perché non puoi essere tu la persona più vicina a me?» Sento un tuffo al cuore e mi obbligo a non essere troppo colpita dalle sue parole, dato che non mi sta ancora guardando in faccia.
«Perché non sono un tuo genitore, Harry tuo padre ti ha visto crescere. Ed anche se non sembra lui tiene e a te più della sua stessa vita. E tu, che ti occupi di lui nonostante il tuo rimorso interno, sei una persona fantastica.»
«Lui se ne andrà, prima o poi so che lui lo farà.» Non fa più forza e lascia che la mia mano si intersechi alla sua.
«Quando lo farà io sarò qui accanto a te, non sarai di nuovo solo.» Gli sorrido e lui ricambia titubante, quasi preso alla sprovvista. «In ogni caso se hai bisogno di soldi per una buona causa, non posso dirti di non presentarti questa sera.»
«Sul serio?» Stringe la mia mano riponendosi di fronte a me, in modo che i nostri occhi si incontrino al meglio.
«Non posso dirti di no, però promettimi che quando incominceremo il college cambierai le tue abitudini. Non farlo per me, fallo per te stesso, non sai quanto tutto ciò continuerà a metterti nei guai, Harry.»
«Sostituirò ogni mio sfogo con te.» Sento il mio desiderio di stargli vicino crescere ogni volta che dalla sua bocca escono tali parole.

Mitchell’s point of view.

Getto la sigaretta che avevo tra le labbra sull’asfaltato, passandoci sopra la scarpa da ginnastica faccio per tornare in auto. L’aria è calda ed afosa, il cielo leggermente coperto di nuvole ma non si avvista nessuna pioggia.
«Bel modo di iniziare l’estate.» Sbuffo posando il pacchetto di sigarette nella tasca interna della giaccia scura, facendo qualche passo in avanti poso le spalle contro la cancellata scolastica.
Le indagini della polizia hanno continuato anche oggi, dopo le ore passate ieri, ed eccomi fuori la mia fottuta scuola ad aspettare di avere notizie. Sto attendendo che il mio amico Nick esca per darmi qualche segnale, insieme abbiamo un giro di perlustrazione al centro della città.
Percepisco il telefono vibrare nella tasca dei jeans, non posso credere che mi stia chiamando di nuovo. Quanto capirà che non voglio più saperne di lei? Lo prendo violentemente staccando la chiamata, ma non passano nemmeno tre secondi che richiama.
«Je t'en prie mon fils rentre à la maison!» Parole coperte da singhiozzi della donna che mi prega di tornare da lei, in quel piccolo paesino francese. Stringo il cellulare tra le mani trattenendomi dal lanciarlo contro il cancello della scuola.
«Non devi più chiamarmi, sono stato chiaro?» Stringo i pugni, stanco di tutto ciò. Sono scappato per una ragione precisa, io non voglio più stare con lei.
«Tu nous manques! Sentiamo tua mancanza, Mitchell. Perdonami figlio mio, ti prego tanto.» Il suo inglese è ancora peggio di quando Harry provava a masticare il francese, prendendomi per il culo. Scuoto il capo staccando la chiamata, non è il momento di pensare a lei e alla Francia, ho già troppi casini per la testa.
«Eccoti qui!» Due braccia mi stringono il collo ed il profumo improvviso di Tessa mi riempie le narici, non l’avevo nemmeno vista arrivare. Perché non mi ha semplicemente aspettato a casa? Forse perché questa sera, quasi sicuramente, non sarei tornato.
«Come va?» Le chiedo dopo che la sua bocca si è posata un secondo sulla mia.
«Bene, ma perché ti sei intrattenuto qui fuori?» Si guarda intorno posando lo sguardo sull’auto della polizia a pochi metri dalla mia.
«Riflettevo.» Tossisco sorpassandola. «Ti accompagno a casa?» Schiudendo lo sportello della mia auto aspetto una sua affermazione. Se accetterà dovrò mandare un messaggio a Nick chiedendogli di incontrarci fuori il ritrovo.
«Posso.. dormire da te?» Chiede dondolandosi sui talloni, i capelli arricciati che le coprono le orecchie ed i grandi occhi che mi guardano attenti. Tessa è una ragazza che, se capita, può anche piacere. Io però non riesco a mentirle, so che lei prova qualcosa di serio per me, ma non la vedo altro che un passatempo.
«Come vuoi.» Scrollo le spalle entrando in auto, aspetto che abbia chiuso la portiera prima di far partire il motore ed uscire dal viale scolastico. Per mia fortuna le domande della polizia non erano nulla di particolare, hanno semplicemente chiesto dove e quando abbiamo visto Shay l’ultima.
La cosa più divertente è stata che non hanno sottomesso nessuno al test antidroga, ormai dovrebbero aver capito che in questa scuola ci sono più drogati che professori decenti. Quelle domande del tipo ‘fumi?’, ‘hai fatto uso di sostanze stupefacenti?’, erano inutili come chiedere ad una lesbica se usa i preservativi.
«Come vanno le cose con tua madre?» Le domando cacciando una canna dal cruscotto, la porto alle labbra e aspetto che il fuoco dell’accendino la riscaldi abbastanza. La osservo abbassare il finestrino e farsi aria con una mano.
«Abbastanza bene.» E’ più silenziosa del solito se non sbaglio. Semplicemente annuendo lascio che i minuti passino mentre lei mi convince a portarla a mangiare qualcosa fuori. E’ quasi passata ora di cena quando sono nel mio appartamento, steso sul mio divano, a guardare la televisione.
Dopo essere uscito con Tessa cono riuscito ad andare al covo con Nick, abbiamo sistemato un paio di cose e acquistato un carico di cocaina da migliaia di sterline. Ormai credo che Harry non voglia più collaborare con me, ed io ho assolutamente bisogno di mandare avanti i miei affari.
La persona che più mi manca in questo momento è la mia vecchia migliore amica, l’unica che avrebbe potuto salvarmi da questa momentanea depressione. Ho quel desiderio matto di stringerla, proteggerla, amarla come merita.
La mia vita è un fottuto disastro, non ha più senso continuare. Riaccendo l’ennesima canna provando, inutilmente, a suicidarmi col fumo. Non so quanto tempo passa, quanti programmi televisivi mi passano davanti agli occhi, quante volte Tessa mi ha chiesto piangendo di parlarle o di mangiare qualcosa.
Sono completamente assente, il fumo ha divorato i miei pensieri bruciandoli uno ad uno. Il suono del mio cellulare mi fa svegliare parecchio stordito sul pavimento del bagno, non so né come né quando mi sono addormentato. Soprattutto nel cesso, ma come ho fatto?
Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e ho quasi voglia di urlare al nome di Harry. Non può stami veramente chiamando, è impossibile. Tossisco appena pulendomi con la manica del braccio i residui di vomito dalle labbra, sono un orrore.
«Pronto?» Boccheggio tossendo.
«Che voce di merda.» Commenta facendosi riconoscere.
«Ehi.»
«Come te la passi?» Sono nel lurido bagno della mia camera steso sulle piastrelle umide, dopo aver passato ore a vomitare anche la mia amica. Puzzo come un barbone e non so se ho più fame o sonno, come crede che me la stia passando?
«Normale. Te?»
«Ho bisogno di soldi, puoi organizzarmi qualcosa? Non con Ray, ho bisogno di cambiare acqua.»
«E quella cosa chiamata rancore?» Scherzo.
«Infilatela nel culo.» Ride ed io lo seguo. «Non mi interessa, organizzami qualcosa per stasera e ne riparliamo. Va bene?»
«Faccio il possibile, ci sentiamo più tardi.. amico.» Corrugo la fronte aspettandomi una sua risposta.
Passa qualche secondo prima che si decida.
«Ciao fratello.» Stacca la chiamata ed io lascio un lungo sospiro di sollievo, sarei pronto a ricominciare. Harry è stato il più grande amico che io abbia mai avuto dopo Carlos, non sono pronto a farlo uccidere. Oppure a permettere che lui si uccidi da solo, non posso farlo.

--

ATTENZIONE: Sul gruppo Facebook è presente il capitolo 33, per chi non riesce a leggerlo. "Sabrynex's Stories".

Ho ricaricato il capitolo per e problemi, ditemi cosa ne pensate in ogni modo c:

Confido nei vostri commenti! E, per un voto, non vi costa mezzo secondo c:

OVER h.s (IN LIBRERIA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora