Capitolo 55

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ATTENZIONE:

Sorpresa. Questo è il penultimo capitolo! Già, manca esattamente un solo ed ultimo capitolo alla fine di tutto, solo uno. E poi, tra non molto, ci sarà il sequel e tante altre sorprese. Spero rimaniate in contatto con Cher, Mitchell, Harry, e tanti altri. Ci vediamo a fine capitolo!



Siamo in viaggio verso casa da ore, ormai. Boston è ogni secondo più lontana e Londra sempre più vicina, sento quasi i brividi lungo la pelle per l'emozione di poter ritornare finalmente a casa. Ho perso la cognizione del tempo e non so quanto manca all'atterraggio, ma il cielo fuori è di un blu opaco e quando arriveremo non sarà dello stesso colore. So solo questo, e per ora lascio che il cielo conti il tempo al posto mio.
Sono totalmente tesa, come la corda di un violino, e sussulto al minimo movimento. Non c'è nulla che possa calmarmi in questo momento.
Nonostante ciò la voce di Harry fa un tentativo, ed è la seconda volta che mi parla. La prima volta mi ha chiesto se volessi una mano con la cintura. «Dobbiamo parlare», mi fa.
«Proprio adesso?» mi stringo in un abbraccio, accucciandomi al mio posto.
«Proprio adesso. Voglio parlarti prima di atterrare e affrontare l'ennesimo problema», prende un lungo respiro e si volta verso di me. La donna anziana accanto a lui sta dormendo, come la maggior parte dei passeggeri e le luci sono spente. Risplendono solo quelle della città sotto di noi e dei mini televisori dietro le poltrone.
«Ti ascolto», bisbiglio coprendomi le labbra con la copertina blu.
«Non aspettarti nulla di eccezionale, sono sempre io a parlare», mi guarda per un secondo, prima di chiudere gli occhi e appoggiarsi di profilo contro lo schienale. Sta scomodo a causa delle sue gambe lunghe, ma a quanto pare non ha voglia di lamentarsi. Il suo sguardo è rivolto verso di me, per le sue prime parole decido di guardarlo, seguendo i movimenti delle sue labbra.
«Nella vita mi sono successe cose che mai mi sarei aspettato, ma non voglio parlare solo di me, perché in questo lungo periodo sono successe svariate cose anche nella tua. Ci sono cose che, pur essendo sbagliate, ti fanno stare maledettamente bene e continui a farle». Fisso fuori dalla finestrella, sfiorando il secondo strato di vetro con le dita tremanti, prestando attenzione al suo discorso. «Io sono una di quelle cose sbagliate che continui a fare. Lo sono stato, non c'è che dire. Eravamo uno di quegli intrecci impossibili, un casino dopo l'altro, un paio di auricolari che si aggrovigliavano un secondo dopo essere stati sistemati», sento le sue dita che sfiorano le mie nocche. «Eravamo io e te. E non mi è mai piaciuto essere sbagliato con qualcuno nemmeno la metà di quanto mi piace esserlo con te», sento i suoi polpastrelli pressare contro il dorso della mia mano. «Non hai idea di cosa c'è nella mia testa in questo momento. Sto rivivendo ogni attimo, ogni secondo, ogni ora e ogni istante di questa folle avventura. Sto pensando agli errori, ai baci, alle notti insonni. Sto pensando a quando tu scappavi da me, ed io scappavo da me stesso». Chiudo gli occhi per un secondo, cercando di non far intravedere la mia agitazione al momento. «Il problema è che ringraziarti in questo momento sarebbe uno spreco di fiato, perché non basterebbe, è questa la verità. Tu non hai la minima idea di ciò che hai fatto per me, per Mitchell, per tutti», lo interrompo un attimo, con voce spezzata.
«Io non ho fatto nulla», abbasso le palpebre.
«Hai tenuto duro. Sei stata forte, non solo per te stessa. Hai fatto più di quanto chiunque altro al tuo posto avrebbe osato fare», replica. «Dio, ti rendi conto di cosa hai rischiato venendo in quel sudicio posto, nel basso, pur di salvarmi da me stesso? Sembri così fragile, così piccola, qualsiasi cosa potrebbe romperti. La verità? La verità è che sei un fottutissimo punto di forza, sei tutto. Sei la tua stessa salvezza, e la mia», abbassa la voce in un sussurro, accostando il viso al mio. Percepisco il suo respiro sul collo. Sento brividi, vibrazioni, ansia, ovunque. «E io ti amo così tanto», le sue labbra accarezzano le mie guance umide, solo allora mi rendo conto di star piangendo. Harry porta una sua mano accanto all'altra guancia, approfittandone per spostarmi i capelli dietro l'orecchio mi asciuga una lacrima col pollice. «Sai cosa significhi per me?» mi sussurra.
«Smettila di fare il romantico, non ci sono abituata», sorrido, arrossita, tirando su col naso.
«Siamo a quattordicimila metri da terra, se non prendi al volo quest'occasione non ne avrai altre», solleva scherzosamente un sopracciglio. Quando mi rendo conto del doppio senso sorrido per la sua freddura, scuotendo la testa lievemente.
«Allora continua pure, sono felice di ascoltarti», gli rispondo, sistemandomi sul sedile.
«Hai presente l'inverno? Certo che hai presente l'inverno. Ora prendi me, un'idiota di prima categoria, un tipo.. caotico. Io adoro la neve, il freddo, le felpe e i brividi sulle pelle. Cazzo se li adoro. E sai cosa non sopporto? L'estate. Merda. L'estate piace alla maggior parte delle persone e io invece non riesco proprio a tollerarla», sorrido divertita insieme a lui quando pronuncia quella frase. E' vero, è sempre stato un tipo di persona a parte, non gli piacciono le cose che piacciono agli altri. «Ora prendi te. Dannazione, sei bella e solare come l'estate. Dentro sei calda e sincera come il fottuto Sole, fuori fredda e tremante come un fiocco di neve. E io voglio ogni lato di te, perché sei una contraddizione, sei ciò che amo ed odio in un solo corpo». Continuo a mordermi il labbro, fissando i suoi occhi che si specchiano nei miei con una facilità assurda. Il suo volto è mezzo illuminato dalle luci esterne, l'altra metà è oscurata dalla mia ombra. E' bellissimo.
«Sei un qualcosa di incredibile. Hai dato un senso alla mia vita, gli hai dato un senso contorto, ma almeno adesso ne ha uno», rispondo prendendogli il viso tra le mani. «Sono felice quando ci sei tu», faccio incontrare le nostre fronti, «sono felice dove ci sei tu».

Sto cercando di rendermi il più presentabile possibile, ma ho ancora lo stress di un lungo volo addosso. Le parole di Harry, il suo volto illuminato da una luce soffusa e il modo sincero in cui le pronunciava. Erano una rassicurazione, una carezza, un modo tutto suo per dirmi che il peggio è passato.
Pensare che in tutto questo tempo non abbiamo mai avuto un momento di pace per noi. Questa vita mi sa di film horror, ed un minuto prima della fine il nastro si riavvolge ricominciando da capo, ogni dannata volta.
Continuo a pettinarmi i capelli di fronte allo specchio di Ray, fissando con attenzione il mio riflesso; le labbra gonfie, il viso leggermente abbronzato contornato da capelli scuri e i grandi occhi azzurri. Quella sono io, adesso. Ma come sarò una volta aver scoperto di chi è il bambino?
Porto una mano sul riflesso, accanto alla mia faccia, avvicinandomi a rilento; lo specchio freddo tocca la pelle della mia fronte nello stesso momento in cui sento la porta del bagno aprirsi, ma non mi muovo di un centimetro e lascio che chiunque sia mi trovi in quello strato.
«Hai bisogno di altro tempo?» mi domanda la voce del mio ragazzo.
Allontanandomi dallo specchio, mi sistemo la canotta nera sopra gli shorts di jeans. «No, possiamo andare».
«Non sei obbligata a venire con me», Harry si sposta accanto a me circondandomi i fianchi con un braccio. Girandomi verso di lui, gli metto le mani sul petto alzando lo sguardo verso il suo.
«Voglio sentire cos'ha da dirti, e poi so che sei nervoso quanto me, dunque non cercare di nasconderlo», gli dico, accarezzandogli il petto sopra la camicia a mezze maniche.
«Sono molto nervoso», fa incontrare le nostre fronti. «E non voglio trasmetterti tutto questo nervosismo».
«Troppo tardi», sorrido, sollevandomi di poco per baciarlo sulle labbra. Non gli do il tempo di ricambiare che scappo dalla sua presa, sorpassandolo ed uscendo dal bagno, avviandomi poi in salotto.
«Finalmente», mi schernisce Ray, con in mano una lattina di aranciata. «Ti presto la mia auto?» si offre gentilmente, sfoderando tra due dita le sue chiavi.
«Mi sembra ovvio», Harry gli passa di fianco strappandogli le chiavi di mano con un mezzo sorriso.
«Prego, figurati, è un piacere aiutarti, amico», replica con sarcasmo Ray, ruotando gli occhi al cielo, per poi posarli su di me. «Posso parlarti un secondo?»
Corrugo la fronte, ricambiando la sua occhiata. Non ho mai parlato apertamente con Ray, mi sorprende che voglia farlo proprio adesso. «Certamente», annuisco, scortandolo in un angolo nella cucina.
«Qualunque cosa stia per succedere», si ferma un secondo, assicurandosi che stia prestando attenzione, «non prenderla nei peggiori dei modi. Succedono sempre casini nella vita, nulla va mai per il giusto verso. Questa situazione, Tessa, il bambino, il padre di Harry, tutto questo, vi sta solo mettendo alla prova. Più andrete avanti, più il vostro amore si rinforzerà», mi mette una mano sulla spalla, abbassandomi per guardarmi negli occhi, con il suo dolce sorriso in sottofondo. «Io credo in voi, siete due stronzi, due incomprensioni, ma insieme riuscite a combinare qualcosa di incredibilmente straordinario».
«Se qualche settimana fa qualcuno mi avesse detto che mi sarei ritrovata nella cucina di casa tua, a parlare di me, Harry e del figlio di Tessa con te, probabilmente.. ci avrei creduto», scrollo le spalle, facendolo ridere.
«Sono successe così tante cose», fissa la porta socchiusa, con sguardo assente.
«Non so più come gestire il tutto, sta diventando troppo difficile resistere».
«Provaci ancora, provateci ancora», mi accarezza la spalla, per poi allontanarsi ed aprirmi la porta. «Prego», me la tiene aperta.
Sollevo un sopracciglio, sorpassandolo. «Grazie», gli sorrido quasi sinceramente. Ray è un brava persona, ma non sono ancora convinta di potermi fidare totalmente di lui. Mi sono fidata di troppe persone per poi essere ferite da quest'ultime, non voglio più rischiare.
«Possiamo andare adesso?» Harry cammina verso di noi, con le mani in tasca.
«Sì», annuisco, seguendolo fuori dall'appartamento.

«Di cosa avete parlato?» Harry mi domanda, subito dopo aver messo in moto l'auto di Ray. Sistemandomi la treccia morbida su una sola spalla, mi volto a guardarlo con un sopracciglio inarcato. Ero quasi certa che mi avrebbe fatto questa domanda, anche se quando eravamo nell'appartamento non si è mostrato troppo interessato all'argomento.
«Pensavo avesse fatto lo stesso discorso anche a te», gli rispondo.
«Di che discorso stai parlando?» esce in retromarcia dal parcheggio.
«Sai, su come l'uso del preservativo può evitare malattie sessualmente trasmissibili», gesticolo, divertita, accennando un sorrisetto.
«Dai, sii seria», mi riprende, accennando comunque un sorrisetto.
«Mi ha semplicemente detto di non prenderla troppo male», scrollo le spalle, sintetizzando il discorso di Ray.
«Forse stiamo drammatizzando troppo», mi addossa una mano sul ginocchio, stringendolo appena. «Quel bambino potrebbe anche non essere mio».
«Ho solo una domanda da farti», fisso attentamente il suo profilo che risplende grazie alla luce dei lampioni, dato che fuori è già notte. «Perché non avete usato un profilattico?»
Harry trasale un secondo, stringendo il manubrio tra le mani, accelerando. «Non ci ho pensato».
«Non ti credo», ribadisco. Anche se ubriaco marcio, non è da lui dimenticarsi una cosa del genere. Penso che il suo obbiettivo fosse farlo, in quel momento, e basta, volevo assolutamente ferirmi e non gli importava delle conseguenze.
«Non ero in me, sai già come la penso su questo argomento. Non mi sarei mai sognato di farmi Tessa se avessi avuto un po' di sale in zucca», pressa le labbra in una linea sottile, esaminandomi con la coda degli occhi.
«Quando avevi intenzione di dirmelo? Insomma, l'ho scoperto per caso. Tu me lo avresti mai detto?»
«Certo, cazzo. Te lo avrei detto, avevo solo bisogno di..» lo interrompo.
«Di rendertene conto? Tu non ti rendi mai conto dei tuoi sbagli», concludo. «Siamo arrivati», deglutisco, indicando il vialetto della casa di Tessa. Harry si avvicina con l'auto, fermandosi di fronte la casa dei vicini, in modo da non destare sospetto ai familiari di Tessa.
«Quel bambino non può essere mio. L'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è un figlio, dannazione», Harry pressa ancora le labbra, passandomi il suo cellulare senza nemmeno il bisogno di chiederglielo.
Una volta tra le mani, scorro la rubrica fino al nome di Tessa, aprendo la casella dei messaggi. Ce ne sono una marea da parte sua, ma Harry non ha mai risposto ad un singolo SMS ricevuto.
«Dille che siamo qui fuori», mi dice, spegnendo la vettura e rilassandosi contro lo schienale. Lo vedo passarsi nervosamente una mano contro la nuca, posando lo sguardo sulla porta della casa dei Trisworden.
Non ho mai conosciuto i suoi genitori, non realmente. Nel senso che non so come prenderebbero la notizia di diventare nonni così presto; mi hanno sempre dato l'impressione di una classica famiglia cattolica, classica e calma. Mi chiedo se non fosse tutta una finzione, mi chiedo cosa ci sia realmente dietro quelle mura.
Due minuti dopo che le ho mandato un messaggio, Tessa esce di casa, chiudendosi la porta alle spalle e guardandosi accuratamente intorno. Indossa dei pantaloncini rosa e una canotta scollata, dello stesso colore pallido. Quando finalmente nota la nostra auto, si affretta a raggiungerci, con i capelli alzati in una coda di cavallo. I suoi occhi incontrano quasi immediatamente i miei, ed è lì che il suo sguardo si amplifica, stupito e quasi terrorizzato.
Finge di nulla entrando in auto, ai posti anteriori. «Non mi hai detto che ci sarebbe stata anche lei», risponde, fingendosi impassibile. So che è seccata dalla mia presenza, ma avrebbe dovuto immaginare che ci sarei stata.
«Ovvio che ci sarebbe stata», Harry la guarda dallo specchietto retrovisore, per poi passare gli occhi su di me, rassicurandomi.
Resto in silenzio, contrariamente da Tessa. «E' una cosa privata, non mi sembra che lei c'entri qualcosa in tutto questo», girandomi la noto incrociare le braccia al petto ed alzare il mento.
«Fingo di non averti sentita», sollevo un sopracciglio, voltandomi di nuovo per fissare il parabrezza.
«Possiamo andare diritti al punto?» parla Harry, interrompendoci.
«Deve per forza..» ricomincia Tessa.
«Cazzo, fa un'altra parola, Tessa», la minaccia Harry, voltandosi verso di lei, con le narici allargate. Sta perdendo la pazienza. Gli metto una mano sulla spalla, bisbigliandogli che va tutto bene. E' solo agitato, ha paura, ma non la paura di diventare padre, paura che vada tutto male per l'ennesima volta.
«Ieri pomeriggio ho fatto il test del DNA, ho rubato una cartella delle analisi dall'ospedale di Mitchell. Stamattina mi hanno dato i risultati, mi sono fatta accompagnare da mia zia perché non potevano intervenire senza il consenso di un adulto», inizia. Le mani mi tramenano, mi è impossibile incontrare lo sguardo di Harry che cerca disperatamente il mio.
«Continua», mormora il mio ragazzo.
«Il test è risultato positivo. E' lui il padre», lo dice come se si vergognasse.
Lascio un lungo sospiro, portandomi le mani davanti al viso, sentendomi come lo avessi trattenuto per tutto il tempo, impaziente.
Il figlio di Tessa è di Mitchell, non di Harry. Non andrà tutto una merda, non questa volta. Possiamo farcela, Ray ha ragione, possiamo sistemare le cose, può andare tutto bene.
«Dio», sussurra Harry, passandosi una mano tra i capelli. «Ci hai fatto venire un'ansia incredibile, non hai idea, cazzo. Siamo venuti dagli Stati Uniti di tutta fretta solo per sentirci dire di chi diavolo è quel bambino», si espone Harry.
«So di avervi messo fretta, ma era importante per me». Per lei, ovviamente. «Non so come dirlo ai miei genitori, mia zia mi ha detto che nasconderlo ulteriormente peggiorerà le cose».
«Vuoi tenere il bambino?» le chiede Harry.
«Sì», la sento sospirare.
«E allora non tenertelo dentro, lo devono sapere, in modo da poter prendere in mano la situazione. E ovviamente dovrai dirgli anche di Mitchell, e confermare anche a lui che il bambino è suo», le consiglia. Sono rimasta in silenzio per troppo tempo, ma non riesco sul serio ad esprimermi, dunque lascio che siano loro a parlare.
«Mi dispiace per tutto», si scusa improvvisamente.
Mi stringo in un abbraccio, chiudendo gli occhi, lasciando che il dolore si mascheri da solo. Era l'unica persona di cui mi fidavo, l'unica ragazza con cui potevo parlare senza sentirmi presa in giro. Si è mostrata uguale a tutti gli altri, mi ha tradita, mi ha spezzata.
«Non volevo farti del male. Ma io sono innamorata di Mitchell, e tu lo hai baciato e..» Harry la interrompe.
«No, Tessa. Non te l'ho detto quella volta, ma devi sapere che è stato Mitchell a baciarla, non il contrario», spiega. «Mitch provava qualcosa per Cher, è così che stavano le cose».
«Cosa..» si porta le mani davanti alla bocca, trattenendo un singhiozzo. «No.. lui..»
«Avrei dovuto dirtelo prima», dice Harry, quasi dispiaciuto. «Te la stai prendendo con Cher inutilmente».
«Quel che è successo è successo. Possiamo andarcene?» prego Harry con lo sguardo, stringendo i pugni nascosti. Sto cercando di non scoppiare, di trattenere tutto dentro, di mostrarmi forte, sto cercando di resistere.
«Ci vediamo in giro, Tess», la congeda Harry, facendole un cenno col mento.
Tessa annuisce, tirando su col naso ed uscendo dal veicolo. Harry si affretta a partire, in modo da potermi allontanare da tutto questo. Non so perché, ma per una qualche strana ragione sto peggio di prima, un'ansia incredibile mi pesa sulle spalle.
«E' tutto finito, piccola», mi rassicura, passandomi una mano su una guancia, col dorso. «Vuoi che ti porti da qualche parte?»
Non ho tempo di rispondergli che il mio cellulare inizia a vibrare sulle mie gambe. Vibrava già da un po', ma non ci ho dato peso, ero troppo inquieta per pensare ad altro. Quando lo sollevo, notando il nome di Barney lampeggiare, mi immobilizzo.
«Che succede?» chiede preoccupato. Le nostre chiamate non portano mai a nulla di buono.
«E' Barney, non ho idea di ciò che voglia», stacco la chiamata. «Non posso pensare anche a lui in questo momento».
«So che non dovrei dirlo, anche perché detto da me suona incoerente, ma forse è qualcosa di importante e dovresti rispondere», mi consiglia, alternando lo sguardo da me alla strada. Sto impazzendo, non può finire sempre così. Quando mi richiama accetto la chiamata, portandomi il cellulare all'orecchio.
«Cazzo, Cher, finalmente», ha la voce agitata. Sto cercando di trattenere le lacrime, deglutisco la bile in gola e gli rispondo.
«Che c'è?» gli domando, con voce forzata. Harry si volta immediatamente verso di me, fissandomi con i suoi preoccupati. Stringe lo sterzo tanto forte da farsi diventare le nocche bianche, segno che odia vedermi in questo stato.
«Ho bisogno di vedere te ed Harry immediatamente, è importante. Bob sa che siete tornarti, ha in mente qualcosa di grosso, devo parlarvi all'istante!» è irrequieto e quasi mi urla contro, il suo tono è talmente alto che anche Harry ha udito le sue parole.
«Porca puttana», impreca, inchiodando nel bel mezzo della strada. Gira totalmente lo sterzo, imboccando un vicolo buio, accelerando. Sta cambiando strada e so dove si sta dirigendo.
«Stiamo arrivando».

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Eggià, siamo arrivati al penultimo capitolo, chi lo avrebbe mai detto. Non mi voglio allungare con i convenevoli, voglio solo ringraziarvi per essere arrivate fino a qui.

Ci tengo a precisare che Overdose è ufficialmente una trilogia, sono tre libri, non è tutto finito.

Ci vediamo al prossimo ed ultimo capitolo. Se non vi costa nulla lasciate un voto ed un parere, un abbraccio x






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