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Quando Derek rientrò nello chalet, Stiles era seduto al tavolo della cucina e si torturava le mani. Alzò lo sguardo appena sentì la porta che si apriva e tentò anche di abbozzare un sorriso, ma gli uscì così forzato che Derek, mentre prendeva posto sulla sedia davanti alla sua, si sentì male per lui.

-Volevi parlarmi.-disse, tentando di mantenere un tono neutro, che non tradisse le sue emozioni confuse. Il discorso di Laura continuava a riproporsi tra i suoi pensieri e, più se lo ripeteva nella testa, più riusciva a coglierne il fondo di verità. Perché era vero, lo sapeva, che non si era mai sforzato di essere felice. La ferita che la morte dei suoi genitori aveva lasciato in lui era così profonda, le ripercussioni così atroci, che non se l'era mai sentita di impegnarsi seriamente in una relazione, non con il rischio di veder svanire tutto di nuovo, di essere abbandonato di nuovo. E quale partner più rischioso di uno che ti pagava per proteggerlo da delle minacce così reali, così incombenti? Sarebbe stato così semplice vederselo svanire davanti agli occhi, e sarebbe anche stata colpa sua, che non aveva saputo proteggerlo. Sarebbe stato molto più sicuro innamorarsi di un gelataio, di un giardiniere, di qualsiasi altra persona. Avrebbe comportato meno rischi, meno probabilità di ritrovarsi con il cuore spezzato dalla perdita.

-Mi dispiace aver interrotto la tua telefonata.-esordì Stiles, che tuttavia non sembrava affatto dispiaciuto, solo in ansia.

-Non importa.-lo rassicurò Derek.

-Io volevo solo... Mi è sembrato che la telefonata con mio padre ti abbia turbato.-disse Stiles, prendendo la questione alla larga e impicciandosi comunque con le parole.

Quando Derek non rispose, si decise a guardarlo negli occhi e a formulare chiaramente ciò che gli passava per la testa. - Ti sei pentito di quello che è successo?-chiese alla fine, andando dritto al punto. Il suo cuore batteva così forte che temeva che Derek potesse sentirlo dall'altra parte del tavolo.

La risposta si fece attendere, e Stiles poteva già sentire il groppo in gola che si era formato mentre pensava a tutte le possibili risposte concretizzarsi in un grumo di lacrime pronte ad uscire.

-No.-rispose alla fine Derek. No, non si era pentito. Tutto quello che aveva fatto era stato voluto, gli era piaciuto, lo aveva fatto sentire bene, lo aveva fatto sentire libero.

Stiles ci mise qualche secondo ad elaborare la risposta del più grande, e rimase spiazzato. Forse, nonostante avesse sperato in quella risposta con tutto sé stesso, non aveva davvero immaginato di sentirla.
-Okay.-fu tutto ciò che riuscì ad articolare, sentendo le lacrime che affioravano ai suoi occhi e mordendosi l'interno della guancia per trattenerle.-Ma...?-domandò con voce leggermente tremante. Perché era sicuro che ci fosse un "ma".

Derek rimase qualche altro istante in silenzio, e Stiles dovette sforzarsi con tutto sé stesso per non lasciar scorrere le lacrime che sentiva premere agli angoli degli occhi. Forse era una reazione esagerata, e non voleva mettere a disagio Derek, né voleva sembrare un ragazzino, ma tutta quella situazione non stava facendo altro che far riaffiorare tutte le insicurezze che si portava dietro da sempre. Aveva sempre pensato di non essere abbastanza, e il pensiero che anche Derek potesse confermarglielo lo terrorizzava.

-Non mi sono pentito.-ripeté nuovamente Derek.-Non c'è nessun "ma".-disse, questa volta con più sicurezza, per poi alzarsi e aggirare il tavolo fino a trovarsi esattamente davanti al più piccolo, che aveva sollevato il viso verso di lui e lo guardava con gli occhi sgranati. Si abbassò in modo da essere alla sua altezza ed esitò appena un attimo prima di allungarsi verso di lui e prendergli il viso tra le mani, accarezzando la pelle morbida delle guance e disegnandovi piccoli cerchi immaginari, sperando di rassicurarlo, di fargli capire che non stava per andarsene, che non si era pentito, che non stava per lasciarlo come lui sembrava credere fermamente.

-Ma prima...-mormorò Stiles, odiando la voce tremante con cui aveva articolato quelle poche parole. Avrebbe solo voluto abbandonarsi alle attenzioni del più grande, ma sentiva di non poter rimanere nel dubbio.

Derek sospirò, annuendo, ma il fatto che non avesse smesso di accarezzare con quella delicatezza commuovente il suo viso rassicurò Stiles quasi più delle sue parole. -Hai ragione, mi dispiace. La telefonata di tuo padre mi ha turbato e tutti i dubbi che avevo mi hanno assalito di nuovo.-disse, e sentendo immediatamente Stiles irrigidirsi sotto il suo tocco.-Non ti dirò che non ho nessun dubbio, perché non è così. Ma non ti dirò nemmeno che mi sono pentito di quello che è successo, perché è stata la cosa migliore che mi sia capitata da tanto tempo. Tu sei la cosa migliore che mi sia capitata da tanto tempo. E non voglio rinunciarci.-

Quando pronunciò quelle parole, Derek sentì come se un peso enorme gli fosse stato appena tolto dal petto, e probabilmente Stiles provò lo stesso, perché si rilassò improvvisamente sotto il suo tocco e Derek sentì le lacrime del più piccolo bagnargli le mani che ancora gli incorniciavano il viso.

-Nemmeno io.-farfugliò Stiles, o almeno fu quello che a Derek parve di capire prima che il più piccolo gli gettasse le braccia al collo, stringendosi a lui e facendogli quasi perdere l'equilibrio. Derek lo strinse a sua volta, accarezzandogli i capelli morbidi e incastrando il viso nell'incavo del suo collo.

-Ho davvero pensato che saresti andato via.-mormorò Stiles contro il suo collo, rilassandosi completamente nel suo abbraccio.

-Non lo farò.-lo rassicurò Derek.-Mi dispiace. Non volevo essere scostante, né farti credere che mi fossi pentito di qualcosa. Avevo solo bisogno di schiarirmi le idee.-

-Per questo hai fatto quella telefonata?-chiese Stiles, la voce attutita dalla stoffa della maglia di Derek ma comunque ben comprensibile.

-Sì, avevo bisogno di parlarne con mia sorella Laura. Non so perché, ma riesce sempre a comprendermi meglio di quanto non riesca a fare io stesso.-

-È una bella cosa.-sorrise Stiles. Anche lui avrebbe voluto chiamare Scott, o Isaac, ma non sapeva proprio come spiegare loro la situazione, come esprimere quello che provava. Anche perché a quel punto avrebbe dovuto raccontare loro cosa stava succedendo con suo padre, con i Calaveras, con le minacce, e non voleva farli preoccupare più di quanto già non fossero.

Fu la voce di Derek a distrarlo dai suoi pensieri.
-Le ho detto quello che è successo tra noi. Io... Non ho pensato di chiederti se ti andasse bene, mi dispiace.-disse il più grande, e Stiles dovette pensarci un attimo prima di capire a cosa si stesse riferendo.

-No... Va bene.-mormorò.-Come...ecco, come l'ha presa?-chiese cautamente.

-Era anche troppo contenta.-rise il più grande.

-Oh.-esalò Stiles, cercando di non dare a vedere quanto quella notizia lo sollevasse.-E...pensa che l'età sia un problema?-chiese.

-No. Pensa che il problema fondamentale sia io.-disse Derek, e Stiles si staccò di botto da lui per guardarlo negli occhi.

-Tu? Perché?!-

Derek esitò un attimo prima di rispondere. Non era sicuro di volersi mettere a nudo così, ma era anche consapevole di averlo già fatto quando aveva parlato a Stiles dell'incendio.
-Pensa che io abbia difficoltà a concendermi di essere felice.-disse alla fine.

-Ed è così?-domandò Stiles, prendendogli una mano tra le sue più piccole.

-Sì, è così.-annuì Derek. Rimasero un attimo in silenzio, le mani intrecciate tra loro, prima che Stiles si decidesse a parlare di nuovo.

-Quindi...quando hai detto di non voler rinunciare a questo...-disse, indicando le loro mani unite.-Ti sei concesso di essere felice?-

Derek si aprì in un sorriso, forse il più bello che Stiles gli avesse mai visto fare,e si sporse a catturare le sue labbra. Prima di poterle sfiorare, ci soffiò sopra la sua risposta.-Si, Stiles, per una volta voglio essere felice.-

Bodyguard ~ SterekWhere stories live. Discover now