Che fai? Vieni con me?

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Londra - 27 Agosto 1974

Pomeriggio, ore 15:30

-No, no no! Così non va Brian, così proprio non va! Ma cos'è? Ti si sono arrugginite le dita?- mi colpevolizzo, sbattendo la Red Special sul letto in un gesto di irragionevole disperazione.

E' da un'ora e mezza che sono qui nella mia camera a cercare di creare qualcosa di decente, l'assolo per la nuova canzone di Freddie, Killer Queen, ma non ci riesco.
Dopo l'amichevole visita di Roger di stamattina mi sono alzato dal letto, mi sono lavato, rasato e cambiato con un paio di pantaloni neri e una camicia bianca, niente di eccezionale ma almeno non indosso sempre il solito pigiama. Dopo aver pranzato ho pensato di mettermi a lavorare all'assolo per mantenermi impegnato, per non restare a poltrire a letto tutto il pomeriggio, ma non ho in mente nessuna idea in particolare. Ogni tanto mi sono affacciato alla finestra per cercare la giusta ispirazione, ma Lilibeth non è più uscita in giardino da quando Roger è andato via. Sto provando a dar vita a qualcosa di elegante e brioso, una melodia rock chic che richiami la protagonista di questo pezzo, non posso presentarmi a Freddie con uno dei soliti riff altrimenti me lo rispedirebbe al mittente con una delle sue solite, odiose ramanzine.

-La gente vuole da noi la perfezione!- mi riprese tre mesi fa, quando secondo lui non avevo riprodotto la mia parte di The March of the Black Queen così com'è registrata sull'album.
-Ma io ho suonato esattamente le stesse note che suono di solito, Freddie, sei tu che oggi sei più pignolo del solito- ribattei io furibondo.
Mai nessuno nella mia vita, nemmeno le mie insegnanti all'asilo mi hanno mai ripreso, quindi non esiste che debba prendere lezioni da lui.

-E poi Rog chiama me signor perfettino- sbuffo, voltandomi verso il mio modellino del sistema solare, ancora dismesso dopo il suo attacco -Lo sistemerò stasera, ora sarà meglio che cerchi di creare qualcosa di orecchiabile per questa Killer Queen. Non sono in vena di sostenere i rimproveri di Freddie in questo momento della mia vita-

Sospiro, riprendo la Red Special e la sistemo a tracolla, ma non appena il six-pence sfiora le prime corde...

Toc, toc...

...bussano alla porta.

-Avanti- dico, voltandomi verso l'uscio. La porta si apre e appare mio padre.
-Cosa c'è papà?- gli chiedo.
-E' venuta Jessica Hill, ha detto che a casa sua è saltata l'elettricità e mi ha chiesto di andare a dare un'occhiata. Penso sia un problema al quadro elettrico, ma ho bisogno di qualcuno che mi sorvegli il contatore in cantina mentre io lavoro su al quadro. Che fai? Vieni con me?- mi domanda lui, impassibile come non mai.

-Che faccio? Vado?- mi domando tra me e me, mordendomi le labbra. Se vado, di sicuro dovrò sorbirmi una delle solite ramanzine, ma forse potrò finalmente conoscere Lilibeth.

-Che fai allora Brian? Vieni?- la sua voce spazientita mi riporta alla realtà.
-Sì... sì papà, un minuto e vengo- gli rispondo, sfilando la tracolla della Red Special e sistemandola sul treppiedi.
-Va bene e sbrigati, non devi prepararti per la festa da ballo. Ti aspetto all'ingresso- e detto questo, papà chiude la porta alle sue spalle e mi lascia di nuovo da solo.

-Si prospetta proprio un bel pomeriggio- commento -D'altronde, la mattinata è già stata quello che è stata, quindi...-

A passo lento raggiungo lo specchio affisso all'anta dell'armadio e mi osservo perplesso.
-Beh, hai avuto giorni migliori Brian, però, se ti sistemi un po' i capelli...- e provo ad acconciarmi un po' i riccioli con le mani, ma ancora non va come dovrebbe andare -Forse il problema non sono i capelli, è il viso, è troppo bianco. Ha ragione Roger, sembro un topo canguro pallido- sospiro rassegnato, esco dalla stanza e raggiungo papà all'ingresso.

-La porti tu la cassetta degli attrezzi?- mi chiede aprendo la porta di casa.
-Sì, va bene, la porto io-
-Guarda che è già lì sulla consolle-
-Ah, sì-

Mi volto alla mia sinistra e sulla consolle di legno con specchiera, quella a cui mamma tiene tanto perché l'ha portata con sé da Aberdeen prima di sposarsi, vedo la cassetta degli attrezzi di papà, in ferro, rossa e grigia, colma fino all'orlo di cacciaviti, chiavi inglesi e arnesi di ogni genere. L'afferro per i manici, la sollevo e quasi perdo l'equilibrio quando ne avverto il grave peso, ma mi riprendo presto.

-Allora, sei pronto?- mi chiede insistente lui, ormai è già in giardino.
-Sì, sì papà, sto arrivando- gli rispondo, ma quando sto per chiudere la porta di casa -Ma sei sicuro di voler andare Brian? Guarda che papà può fare anche da solo- la voce preoccupata di mia madre prorompe dalla cucina.
-Mamma, tranquilla che sto meglio adesso. Non preoccuparti- replico urlando, altrimenti non mi sentirebbe.
-Va bene figliolo, a presto-
-A presto mamma- la saluto, esco e chiudo la porta alle mie spalle.

Tattoo'd Lady (A Brian May Fanfiction) -Italiano-Where stories live. Discover now