Cap. 46 - I neri eserciti

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Non era stato complicato per Haldir trovare un'arma.

Gli era bastato entrare nelle stanze del padre e sottrarre la vecchia spada di suo nonno Oropher da una teca che il Re teneva nei sotterranei. La considerava talmente preziosa da aver preteso che fosse posizionata nei suoi alloggi, protetta da quattro lastre di cristallo.

Non c'era alcuna serratura da forzare perché Thranduil dava per scontato che nessuno dei suoi Elfi avrebbe mai osato rubarla, e nemmeno si sarebbe avvicinato ad essa.

Il principe aveva con cautela aperto la teca d'argento e cristallo e afferrato la preziosa arma. Si adattava perfettamente alle sue mani, era solo un po' pesante per lui.

"Nessuno porterà l'inferno nel tuo territorio, nonno. Vedrai di cosa sono capace." disse Haldir, sgattaiolando fuori dagli appartamenti regali.

"Principe!" si udì una voce.

Haldir sobbalzó. Girandosi, vide Hazel a pochi metri da lui. Lo sguardo del soldato cadde sulla spada. "Non avreste dovuto farlo, altezza."

Haldir si avvicinó all'altro Elfo, e gli afferró un polso. "Non cominciare anche tu, capitano. Lì fuori c'é la guerra. Io non ne rimarró escluso! É mio dovere, lo sai."

"Potrei arrestarvi per questo. Avete rubato al Re." obiettó Hazel. "Quest'arma ha un valore inestimabile per vostro padre, lo sapete."

"Ah sì? Fallo, allora." lo provocó il principe. "Rinchiudimi in una cella."

Il capitano elfico abbassó gli occhi. Il suo senso del dovere trovava forte resistenza di fronte alla risolutezza del figlio del Re. Erano quasi coetanei ed entrambi avevano uno spirito pugnace. Hazel capiva lo stato d'animo del principe, che fra l'altro sapeva battersi molto bene. Così diceva Feren, che era stato suo maestro per anni.

"Non vuoi? Dunque lasciami andare per la mia strada, Hazel." disse Haldir. "Mio padre non scoprirà che mi hai visto con questa spada, non temere."

"Sottovalutate il Re, altezza. Potrei venire esiliato se vi lasciassi uscire da Palazzo. Voi dovete essere sorvegliato, e lord Thranduil ha dato a me l'incarico, in questi giorni." ribatté Hazel.

"Dovresti stare con tua moglie invece, capitano. Non dovresti fare il sorvegliante. Va' da lei e insieme pensate a mia madre, te ne prego." disse Haldir.

"Non sono una dama di compagnia, altezza. Vostro padre mi ha ordinato..." provó a replicare il soldato.

"...mio padre ti ha ordinato di privarmi della libertá! A te e a Feren e agli altri! Hai visto cosa é stata la mia vita in questi anni? Tu, questa, la chiameresti vita?!" si disperó il giovane Elfo. "Ma non provi un po' di rabbia, in te? Non senti il peso di questa ingiustizia sulle tue spalle?!"

"Io sono un soldato. Obbedisco agli ordini del Re, che é la massima autorità in questo popolo. Io credo che voi lo capiate, altezza." rispose Hazel, senza scomporsi.

Haldir lo fissó, con le guance che sembravano ardere. Dalla madre umana, l'Elfo aveva preso anche la tendenza ad arrossire, d'imbarazzo o di agitazione.
"É vero, obbedisci agli ordini." disse infine. "Perció ti ordino di accompagnarmi."

Hazel spalancó gli occhi cerulei. "Questo non è possibile. Verrei punito, sarebbe una sfacciata disobbedienza a lord Thranduil." protestó. "Vi prego, altezza. Non costringetemi a diventare un traditore."

La donna dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora