Capitolo 43

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La porta a vetri della banca si aprì con un cigolio sinistro, emesso dai cardini consunti e che riecheggiò nell'atrio dai pavimenti in marmo.

Andrew entrò brandendo la Mauser dritta davanti a sé, controllando con movimenti scattanti e frenetici il circondario. Con i nervi a fior di pelle e i sensi acuiti dall'ansia, gli sarebbe bastato il minimo rumore sospetto per fargli scaricare l'intero caricatore della pistola in pochi secondi. Percepiva le gambe tremare come non gli succedeva da anni, ma si fece coraggio continuò a guardarsi attorno con fare circospetto.

Si fermò pochi passi più avanti dove, più di un anno prima, quel cane rognoso dell'FBI aveva sparato a James. Strinse i denti nervosamente mentre il cuore aveva ripreso a martellava fastidioso nelle orecchie. Poi, un fruscio sommesso, lo fece voltare di scatto verso la scalinata alla sua sinistra e, di riflesso, puntò la pistola in quella direzione con occhi strabuzzanti.

«Non sei poi così codardo come mi aspettavo!» Lo schernì Ronald, appoggiato con una mano al davanzale che dava sull'androne: «Credevo saresti scappato via dopo averci riflettuto a fondo, ma pare che quella stupida di Rossella sia davvero importante per te...»

Andrew lo fissò con rabbia crescente, sentendo la presa sull'arma farsi sempre più salda.

«Lei dov'è?» Gli chiese atono.

Il tempo attorno a lui sembrava aver congelato qualsiasi cosa e, adesso, nella stanza erano rimasti solo più loro due.

"Non usciremo entrambi vivi da qua dentro." Pensò il ragazzo avvertendo la paura salirgli in gola. Ronald, al contrario, sembrava tranquillo e fin troppo sicuro di sé: la disperazione nei suoi occhi si era trasformata in una follia malata che, a tratti, gli ricordava quella di Antony. L'angoscia gli procurò una fitta allo stomaco quando vide l'uomo scendere la scalinata con calcolata e fredda eleganza. Il sorriso sul suo volto si allargò ancora di più nel notare l'espressione sofferente sul volto sfregiato del mafioso.

«Non vuoi fare un discorso da uomo a uomo prima di raggiungerla?»

Andrew rise tra sé e sé, mantenendo le braccia sempre nella stessa posa. La pistola scintillò alla luce esterna della banca quando indietreggiò di un passo, portandosi più vicino a una delle finestre.

«Da uomo a uomo? Sicuro di avercele le palle?» Chiese con scherno, ma Ronald sbuffò infastidito. La testa che si muoveva in un cenno sconsolato.

«Voi criminali siete tutti così... insopportabilmente sicuri di voi. Avete un'arma in mano e subito vi sentite padroni del mondo, osate giocare al gatto e il topo con il Governo, quando invece siete solo degli schifosi ratti di fogna...» Commentò scendendo i gradini lentamente.

Andrew, quando se lo ritrovò a pochi metri di distanza, percepì l'istinto omicida crescere dentro di sé: aveva seppellito quella sensazione solo con anni e anni di autocontrollo, ripromettendosi di non togliere mai più la vita a nessuno. Il sangue di due assassini morti era già abbastanza per lui... ma ora sapeva che avrebbe potuto premere il grilletto e non provare alcun rimorso.

«Parli troppo per essere uno che vorrebbe solo spedirmi all'altro mondo.» Disse cercando di tenere ancora a bada quella sgradevole sensazione.

«No, non ancora... mio padre diceva sempre: "ogni cosa a suo tempo". Se ti uccidessi subito mi toglierei tutto il divertimento di vederti soffrire! Noto già con piacere che stai tremando come una foglia...» Sibilò con voce roca e incrinata dalla follia. «Hai paura di macchiarti di nuovo le mani di sangue perché ti ricorderebbero il tuo amichetto?

«Non osare parlare di lui.» Lo avvertì Andrew, tirando giù con il pollice il cane della pistola.

«Credo tu sia proprio nel punto dove gli hanno sparato...» Rise. «Curioso, no? Questa storia è iniziata con lo stupido capriccio di Rossella, con il suo volersi "vendicare" di me... Mentre ora sarò io a porre fine a tutto quanto, facendola pagare a voi due.» Disse alzando la mano come per scacciare un insetto fastidioso. «Ma, prima di togliere di mezzo quella sciagurata, voglio godermi lo spettacolo di Andrew Blackwood che muore dinanzi a me dopo avermi rovinato la vita!»

L'odore pungente del legno neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora