Capitolo 34

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Rossella si sedette sulla poltroncina rossa del salotto, fissando un punto imprecisato nel vuoto.

Davanti a lei, Antony la guardava divertito dall'alto del suo metro e settanta, tenendosi appoggiato allo schienale di una poltroncina identica a quella su cui stava la ragazza. Il volto era coperto di lividi recenti, a giudicare dai toni giallognoli e arrossati che avevano assunto.

La luce mattutina filtrava appena dalle fessure tra i pesanti tendoni di satin affissi alle finestre, che rendevano cupa e oscura l'atmosfera della casa in cui si trovavano. Inoltre, la mancanza di autovetture che si muovevano per la strada, contribuiva a rendere ancor più l'atmosfera calma e silenziosa: un silenzio tale da far sentire amplificati anche i minimi scricchiolii del mobilio e del pavimento.

«Ti fai sentire sempre più spesso, bambolina. Sicura che non ti stia affezionando a me?» Borbottò il ragazzo masticando il mozzicone tenuto tra le labbra.

La donna sorrise amareggiata, spostando lo sguardo sul suo viso per guardarlo dritto negli occhi neri.

«La cosa ti renderebbe felice?» Gli chiese con marcata ironia, nascondendo il fiume in piena che agitava il suo cuore. Ma la voce tremante... Oh, quella era difficile da nascondere.

«Non mi toccherebbe.» Le rispose atono. Se cerca qualcosa in cui era bravo, era prendere le emozioni altrui e accartocciarle come qualcosa da buttare nel cestino. E poi tentare di aggirare quella violenza psicologica con un timido gesto affettuoso, in modo da ammansire la preda. Tutto per il piacere di piegarla alla propria volontà.

Antony non avrebbe mai potuto affezionarsi a lei, nemmeno dopo quanto successo nell'ultimo anno. Anche se non voleva ammetterlo, la cosa le fece male e, nel vano tentativo di non mettersi a piangere, Rossella si morse il labbro inferiore.

«Certo...» Mormorò abbassando la voce. «Io... Avevo... Bisogno di vederti.»

L'uomo si sedette pesantemente, inclinando la testa da un lato verso il pugno chiuso su cui vi si appoggiò incuriosito.

«Ah sì?» Chiese, immobile: «Scommetto che stavolta c'entra Andrew, ho indovinato?» Rossella a quella domanda sbatté rapidamente le palpebre, beccata in pieno. Il sorriso sulle labbra di Antony si allargò malizioso. «A giudicare dalla tua espressione direi che ho fatto centro.»

Rossella, di fronte a quel tono sarcastico, balzò in piedi furente. Gli occhi si riempirono di lacrime di esasperazione mentre alzava le mani a mezz'aria e senza sapere bene come comportarsi.

«Tu... tu mi hai mentito, Tony! Mi avevi detto che non sapevi dove fosse andato quando lui non ha mai lasciato la città! Perché? Perché non me lo hai detto?!»

«Voi due siete proprio uguali, patetici fino al midollo.» Si alzò ridendo, avvicinandosi a lei e guardandola dall'alto verso il basso. «Credi forse che mi importi che cosa pensa Andrew?» Chiese con tono svenevole, accarezzandole i capelli. «A me interessa soltanto una cosa, bambolina, e tu sai bene a cosa mi riferisco...» Si avvicinò per baciarla, ma Rossella fece un passo indietro.

«No!» Biascicò con voce impastata. Per la prima volta in vita sua, la rabbia riuscì a farla resistere di fronte a quello sguardo perverso che, in un'altra occasione, le avrebbe fatto tremare persino le ginocchia. «Voglio sentirtelo dire! Non avevi diritto di mentirmi, io sono sempre stata... alle tue condizioni!»

Antony si spinse ancora più in avanti, facendola indietreggiare verso la poltrona alle sue spalle. Si concesse di godere dello sguardo sconvolto della sua preda per qualche istante: paura, rabbia, tristezza... persino meglio dell'ammirare uno dei quadri esposti all'Art Institute.

«Rossella, Rossella... possibile che tu sia cosi ingenua?»

La donna, dopo essersi seduta, si appiattì contro il velluto rosso senza però abbassare lo sguardo. «Dimmi il perché...» Continuò a chiedere. Nonostante stesse piangendo, la voce aveva trovato una parvenza di calma, forse dovuta all'essere stata così tanto tempo insieme ad Antony.

L'odore pungente del legno neroWhere stories live. Discover now