Capitolo 35

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Era stata un'intensa giornata ventosa, una delle tante nella città del vento.

Ma poi la pioggia aveva iniziato a riversarsi a fiumi su palazzi, barche, automobili. E il suo tipico odore umido andava a mescolarsi con quello acre della legna bruciata nei camini e con quello più metallico delle automobili che sfrecciavano lungo le strade. I guidatori non si curavano nemmeno dei passanti, che venivano investiti dall'acqua quando i primi incrociavano una pozzanghera con prepotenza.

Andrew aveva schivato per puro miracolo uno di quei tanti schizzi e, nonostante fosse già zuppo di pioggia, non si era trattenuto dall'insultare il conducente della vettura incriminata. Iniziò perciò a camminare con passo più spedito lungo il marciapiede, riparandosi sotto tettoie e tende parasole che gli passavano sopra la testa. Il fatto che avesse accelerato la propria andatura gli servì anche a scaldarsi le gambe infreddolite e, dentro di sé, pregò di essere in grado di ritrovare in fretta la strada verso la catapecchia in cui vivevano Rossella e Barbatus. Quasi si maledisse per non aver scelto un altro giorno per andare da lei.

Immancabilmente, però, nella sua testa si materializzarono di nuovo i dubbi e i pensieri che aveva cercato di zittire – o perlomeno acquietare – dopo la scazzottata con Antony: per quanto ci avesse provato, non era riuscito a digerire tutta quella valanga di notizie in poco tempo. Anzi, aveva solo peggiorato la situazione e, di conseguenza, la felicità di aver ritrovato la donna che amava si era tramutata in rabbia, mentre il lutto e la colpa erano diventati odio verso chi gli aveva mentito.

"Tale padre, tale figlio." Gli aveva detto Oliver mentre lo stava riaccompagnando a casa. Ed era maledettamente vero: sembrava che tutti, nella famiglia Blackwood, volessero arrecarsi il diritto a tacere e riempirgli la testa di menzogne solo per approfittarsi di lui.

Ma io Vin, ma Tony? No, con lui era diverso.

Alzò gli occhi al cielo quando si ritrovò a cercare riparo sotto l'ennesima tenda a cupola e si fermò a osservare l'insegna che ondeggiava docile al vento freddo. Ai tempi dell'apertura del negozio doveva essere un piccolo gioiellino, con la vernice lucida e dai colori vivaci a ricoprirla. Ma, ora, di essa restava un semplice pezzo di legno ricoperto di chiazze di smalto color verde bottiglia, scrostato per via delle intemperie e dell'umidità del lago.

Dall'interno si sentiva un vociare continuo, di gente che rideva e che se la spassava tra alcol scadente e dadi, carte o racconti di belle donne. Ne provò quasi nostalgia, ricordando le volte in cui era stato in locali simili con James, Luke e Dominick e, subito, avvertì una stretta al cuore che quasi lo costrinse a fermarsi per riprendere fiato.

Scosse la testa per riprendere il controllo di sé e mandare via quei ricordi, mentre riprendeva a camminare: solo dopo una buona mezz'ora di strada lungo il fiume riuscì a intravedere il tetto spiovente della casa di Barbatus ergersi tra le carcasse navali.

֎

Quando bussò con vigore sulla porta, era già pronto mentalmente all'idea di dover discutere con l'afroamericano, ma rimase stupito nel trovarsi Rossella davanti.

«Andrew!» Esclamò lei con una sorpresa simile a quella del ragazzo. «Cosa...» Iniziò a dire, ma poi notò accigliata quanto fosse fradicio e, afferratagli la manica del giaccone, lo trascinò dentro senza dirgli nulla.

«Forza, dai qua. Sarà meglio che ti scaldi se non vuoi prenderti una brutta influenza.» Aggiunse aiutandolo a spogliarsi. Per fortuna del ragazzo, in casa c'era un piacevole tepore dovuto alla stufa a legna posizionata nella stanza più grande. Non era una meraviglia a giudicare dallo stato pietoso e rovinato della superficie metallica, ma faceva ancora il suo dovere e Andrew si avvicinò per scaldarsi e asciugare gli abiti.

L'odore pungente del legno neroWhere stories live. Discover now