Capitolo 25

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Andrò a stare da Louis, non è meraviglioso? Non sono mai stata meglio di così! Questo è il giorno migliore della mia vita!

Una stilettata in pieno petto avrebbe fatto meno male.

Sono qui per salutarti! Ti voglio bene, grazie di essermi sempre stata vicina!

Dagli occhi azzurri scivolò via una lacrima veloce, che, in pochi secondi, attraversò tutta la guancia per arrivare al mento, dove la gravità la fece cadere a terra. Un'altra lacrima incrociò lo stesso destino. Dopo un'altra, e un'altra ancora. Non avrebbe mai pensato di vivere una cosa simile, tantomeno avrebbe pensato che, in soli pochi giorni, tutto degenerasse così in fretta. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che chiedersi se sua sorella fosse davvero così disperata da arrivare a compiere un simile gesto. L'aveva sempre vista e ritenuta forte abbastanza da andare avanti con le proprie gambe, ma ora... chissà. E poi le aveva persino detto che, conoscendolo meglio, Louis era un ragazzo a modo, che con il giusto impegno si sarebbero potuti capire e voler bene. Cosa poteva mai essere successo per farla arrivare a tanto?

«Elizabeth?»

«Sì?» Rispose, alzando gli occhi davanti a sé su chi l'aveva appena chiamata.

L'uomo le si avvicinò piano, con il volto lungo e teso per la situazione venuta a crearsi. Appoggiò sul davanzale la borsa in pelle consunta, contenente gli strumenti medici e i flaconcini in vetro che si portava sempre appresso. A breve avrebbe dovuto comprarne una nuova, prima che le maniglie di quest'ultima cedessero sotto il peso degli anni di utilizzo. Ma separarsene gli costava davvero molto, in fondo era stato un regalo da parte di suo nonno per la laurea in medicina. Scosse la testa debolmente e, guardando dritto davanti a sé il proprio riflesso, etereo sul vetro della finestra, sospirò greve.

«Come sta?» Lo incalzò la giovane. A guardarla bene, Robert constatò che Elizabeth assomigliava molto a una versione più giovane di Catherine, risalente ai tempi in cui lui e Ronald si erano conosciuti all'università.

«Tua madre ha subìto un duro colpo e, se voglio essere sincero, non so quanto le ci vorrà per riprendersi, sono già passati molti giorni... Tornerò nuovamente domani mattina a vedere come sta, pregando che il tempo possa aiutarla ad andare avanti.»

La ragazza abbassò lo sguardo, stringendosi nelle proprie braccia. Mai come in quel momento si era sentita così sola: se la donna non si fosse più ripresa, avrebbe perso anche sua madre e le sarebbe rimasto solo suo padre.

«L'ho già anche detto a Ron, se doveste aver bisogno di qualsiasi cosa potrete contare su di me. Anche tu, ovviamente, se avessi bisogno di-»

«Grazie, siete sempre molto premuroso.» Lo interruppe la giovane e, con un lieve movimento degli occhi, indicò la porta della camera da letto dove era appena stato Chandler. «Posso andare da lei, ora?»

Robert annuì rabbuiato e poco prima che la ragazza si allontanasse, le poggiò la mano sulla spalla con fare paterno: senza poterlo sapere, lui ed Elizabeth stavano condividendo le stesse amare sensazioni.

«Prendetevi cura l'una dell'altra, mi raccomando.» Le sussurrò. Nello sguardo mite e, al contempo, preoccupato, Elizabeth ci vide un chiaro ed implicito "mi dispiace di non aver fatto di più per Rossella". In fondo lui sapeva quanto fosse fragile, lo aveva potuto constatare più e più volte quando era venuto a visitarla. Perché non se ne era accorto prima?

«Sì, lo faremo.» Rispose la giovane a denti stretti, con la rabbia che prendeva il posto della tristezza. Il medico annuì silenzioso e, afferrata la borsa, la salutò brevemente per allontanarsi in direzione delle scale sotto lo sguardo di Elizabeth.

L'odore pungente del legno neroWhere stories live. Discover now