10. Bullet

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Treasure Island, San Francisco
8 Giugno
Ore 20:30

Come era ormai di abitudine, il pensiero di rimanere ferma ad aspettare che qualcosa si muovesse nel caso senza che lei facesse qualcosa la tormentava come un incubo ricorrente.
Aveva deciso di uscire di casa per cercare degli indizi, tanto il restare dentro quella villa con mille pensieri e sconsolata non l'avrebbe di certo aiutata. Aveva cenato con dei panini insieme a Connor e una Hazel appena tornata dalla centrale con dei fascicoli al quanto interessanti, che poi avrebbero revisionato tutti assieme. Nel frattempo Kwan era rimasto chiuso nella sua camera da letto a osservare ogni minimo spostamento degli amici di Gudrun.

Prima di uscire di casa Leah l'aveva fermata.
«Price, dove vai di bello tutta sola?»

Avrebbe preferito non dirlo ad alta voce, temeva che Connor la sentisse, chissà cosa avrebbe pensato se avesse saputo che sarebbe tornata in quel posto, anche se isolato perché nessuna gara si sarebbe svolta a Treasure Island entro il prossimo mese. Così le fece cenno col capo di seguirla. Leah sarebbe stata molto utile, pensandoci.

Appena fuori dalla villa Mya l'aveva avvertita dei suoi piani e lei annuì poggiando la sua idea con un piccolo sorriso. Non sembrava così male quella dona dopotutto.

Così si erano ritrovate sulla 14th Street di Treasure Island, lì dove erano state la notte prima, ma questa volta era buia e avvolta dal silenzio.

Leah ispezionò i cancelli che erano stati smontati con prepotenza e abbandonati per terra, un particolare che, la notte prima a causa del frastuono e pienone generale non avevano notato. «Avrebbero potuto almeno fare un lavoro più elegante» commentò camminando sui cancelli in terra per entrare nell'enorme parcheggio vuoto.
Avevano buttato giù la recinzione per far entrare tutti gli spettatori e in primis le macchine che avevano sfilato, guidatori al volante pieni di sé le avevano mostrate come se fossero le carature più belle di questo pianeta, vantandosi del lavoro che avevano applicato su di esse.
Mya si guardò intorno cercando di ricordare cosa ci fosse in quel posto, la scorsa notte.
«Io controllo qui intorno se abbiamo tracce di altra droga o, che ne so, magari qualcosa di più.»
Leah aveva implicitamente detto che Mya avesse dovuto trovarsi un posto tutto suo da ispezionare.

«Sì, capo» commentò con fare annoiato da quell'ordine.

La zona industriale si affacciava sul mare. Svoltò alla destra del parcheggio avviandosi verso l'impianto di depurazione dell'acqua. La recinzione che divideva la piccola struttura dal resto della strada era leggermente piegata verso l'interno nella parte alta. I fil di ferro non avevano fermato l'intrusione di nessuno. Neanche la sua.

Si era rampicata tante volte durante i suoi anni alla polizia, quella non sarebbe stata né la prima e né l'ultima volta. Si mise i capelli dietro le orecchie in modo tale che non le andassero davanti agli occhi e prese un bel respiro. Fece un balzo attanagliando la recinzione con le sue piccole dita, mise la punta degli stivaletti nei buchi per poi aggrapparsi alla parte più alta, più spessa perché piegata. Scostò i fili con una velocità da felino e finì a terra dall'altra parte della recinzione. Cadde con le mani sul terreno in modo tale da coprirle la testa. Emise un verso di dolore. Aveva attutito l'urto di una caduta sopportabile, ma comunque dolorosa. I fil di ferro le avevano graffiato le gambe procurandole graffi e buchi nei pantaloni. Imprecò sottovoce prima di rialzarsi in piedi e osservare l'impianto di depurazione.

Ispezionò ovunque in cerca di qualche mozzicone di canna o qualche residuo di droghe che potessero testimoniarne l'uso illegale. Ma tutto ciò che trovo furono un paio di bottiglie di birra vuote e cartine. Si concentrò sul piccolo spaziale di erba che aveva l'impianto all'interno della recinzione. Solo mozziconi di sigaretta e pezzi di plastica che avrebbero favorito l'inquinamento.

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