2. San Francisco

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Aeroporto di Detroit
1 Giugno
Ore 15:03

Con sorpresa, Mya era venuta a sapere che i biglietti per San Francisco erano già prenotati, e questo fatto la fece innervosire. Le avevano prenotato il volo ancor prima che lei accettasse l'incarico, come se fosse scontato che avrebbe partecipato all'indagine.
Ma lei, fino alle due paroline magiche che aveva pronunciato Peterson, era intenta a non fare un bel niente. Però poi lui le aveva offerto l'oro, e lei si ritrovava all'aeroporto, pronta a partire verso la prossima indagine.

Sbuffò guardando il biglietto che aveva in mano.
Stupida San Francisco.
Ancora doveva partire e già non ne poteva più.

Che Dio me la mandi buona.

Dare la notizia ai suoi genitori era stata una delle cose più complicate che avesse mai dovuto affrontare, l'espressione furiosa del padre e le lacrime esagerate della madre l'avevano fatta dubitare di quella decisione.
Averlo detto a Lucas, invece, era stata un'impresa che era andata oltre ogni cosa. Non solo aveva urlato in mezzo al salotto della loro nuova casa, ma aveva finito per spaccare un piatto, lanciandolo contro il muro. La ceramica si era spaccata in mille pezzi e il cuore di Mya aveva iniziato a battere all'impazzata, spaventata. Era arrabbiato oltre ogni limite. Tant'è che si erano lasciati con una litigata. Non lo sentiva dal giorno prima, quando si era svegliata per uscire di casa e andare all'aeroporto, il letto accanto a lei era vuoto, freddo. Lucas era andato a lavorare senza prima salutarla.
Lo avrebbe chiamato presto. Non le piaceva litigare per lui, e ancor meno per persone che non li riguardavano più.

Mezz'ora dopo salì sull'aereo, si mise comoda sul suo sedile e prese il telefono.
Mancavano ancora dieci minuti, prima che l'aereo partisse.
Digitò un numero e, la ragazza dall'altro capo del telefono rispose subito.

«Eccola!» esclamò lei rispondendo.

Mya sorrise. «Sarah, ciao! Come stai?»

Era felice di sentire la sua amica. «Bene, tesoro. E tu, tutto bene?»

Sbuffò a quella domanda. «Sì, diciamo di sì. Sono sull'aereo, sto andando a San Francisco.»

«Come come?!» chiese lei ripetendo due volte quella domanda.

Mya scrollò le spalle, anche se l'amica non poteva vederla.
«Sì ehm, il mio capo mi ha assegnato un nuovo caso, e la paga è buona, quindi..»
Per paga intendeva "diventare vice capo del reparto".

«E te ne voli fino a San Francisco per questo nuovo caso?» chiese incredula.

«Sì, il viaggio era già pagato, così come la casa in cui alloggerò» aveva visto la famosa villetta con un satellite grazie a Internet. Non era niente male quella villetta. Abbastanza grande da poter stare alla larga da Connor.

«Che invidia!» strillò lei piagnucolando, suscitò una risata da parte di Mya.

«Non sarai così felice dopo che ti avrò detto con chi mi toccherà collaborare.»
Alzò la tendina del finestrino e guardò all'esterno, tra poco avrebbe parlato la voce meccanica dicendo di spegnere i telefoni.

«E con chi lavorerai, scusa?»

Mya le menzionò l'FBI e Sarah si chiese perché mai dovesse cambiare umore a quella rivelazione, anzi, era più che orgogliosa di lei. Ma subito dopo aver accennato a Hill, Sarah Spitz iniziò a sbraitare al telefono.

«È ancora in circolazione quel bastardo?!» esclamò arrabbiata lei.

«A quanto pare sì. E stai attenta alle parole, Clarissa potrebbe risentirne.»

La prima volta che aveva visto Clarissa, la figlia di Sarah, non aveva fatto molto caso al linguaggio che usava la madre in sua presenza. Ma ora che la bambina aveva quattro anni imparava in fretta dai genitori, e Sarah si era ripromessa di darle il buon esempio.

Burn SlowWhere stories live. Discover now