Dopo un'altra mezz'ora di strada, giunse finalmente alla grande entrata del regno. Un portone pesante e decorato con i simboli di Dale l'attendeva. Era aperto.

Quattro soldati piantonavano l'entrata. Avevano fatto la ronda notturna, ed erano assonnati. Attendevano il cambio.

Si avvicinò spavalda, secondo sua abitudine, poi si ricordò: devo entrare nella parte, io non sono un comandante adesso. Sono una ragazza spaurita e fuggita da un territorio lontano. Devo comportarmi di conseguenza.

Rallentò allora il passo, e timidamente abbassò lo sguardo, mentre si avvicinava ai quattro uomini.

Uno subito la canzonò. "Guarda, guarda...dove va una cosí bella signora a quest'ora del mattino?"

Gli altri ridacchiarono. "Vuoi dire, da dove sta tornando..." disse uno. "...questa ha passato la notte nei boschi con qualche contadino."

Goneril alzò lo sguardo e iniziò la commedia. "Miei signori...io vengo da Rohan. Ho raggiunto Esgaroth a cavallo, ma ho dovuto venderlo per avere del cibo...non ho mangiato per giorni. Ecco...umilmente chiedo asilo alla vostra Regina. Vi...vi imploro di lasciarmi entrare." disse a mani giunte, come in preghiera. Si sentiva una vera idiota a recitare quella parte, ma, con stupore, si accorse di saper recitare bene.

I soldati si incuriosirono. "Da Rohan? Perché sei scappata?" chiese uno. "Ah, sì...é vero, ho sentito che Théoden ha subito degli assalti dagli Orchi..."

"Una tragedia, mio signore. La nostra casa é stata data alle fiamme, la mia famiglia sterminata. Solo io sono rimasta viva. Posso lavorare...ero una domestica a Rohan. Ho perfino servito la principessa Éowyn qualche volta." continuò a mentire.

"Una servetta..." la prese in giro uno dei quattro. "...beh ho giusto una cosa qui da farti lustrare..." e si indicò in mezzo alle gambe. Gli altri risero.

Goneril tenne a bada l'impulso di sfilare il pugnale e aprire in due la faccia di quel mammalucco. Finse imbarazzo. "Per favore, posso entrare?" chiese, con vocetta tenue e tremolante. Grande Eru, fa' che si convincano. Fa' che non mi ostacolino, pensò.

"Non troverai lavoro qui. Le cose non vanno granché bene nel nostro reame. I commerci sono calati, entrano pochi soldi...non ci sono signore in cerca di servitù. Non possono pagare." disse uno, avvicinandosi a lei. Le sollevò il viso con le dita. "Se vuoi...però...puoi venire a servizio da me. Naturalmente, quando mia moglie non é in casa."

Si sentirono altre risate. Se quegli uomini avessero anche solo immaginato il rischio che stavano correndo, quei sorrisi beoti sarebbero spariti dai loro volti in un baleno. Ma la recita doveva continuare e la donna fece ricorso a tutta la sua autodisciplina. "Io cerco solo un tetto, e un po' di pane. Vi prego." implorò.

Finalmente uno dei quattro, mosso a compassione, intervenne in suo favore. "E basta ragazzi, avanti... fatela passare."

Gli altri tre allora si scostarono. "Prego, entra pure, bella signorina." la derise uno, facendo un gesto teatrale con un braccio. Risero tutti mentre Goneril si affrettava a varcare il portone, sperando che la punta della sua spada aurea non sbucasse da sotto la gonna. Corse via proprio come una ragazzetta spaventata.

"E se non trovi lavoro entro stasera, fatti vedere a casa mia...io abito in fondo a quella strada!" Rise il più anziano dei soldati.

La donna dell'EstWhere stories live. Discover now