CAP 10: pietà

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Ametista sbucò in mezzo all'acqua. Si guardò attorno. Era da tantissimo tempo che non tornava lì; e nulla era cambiato. Era sempre tutto estremamente pulito, e ordinato; lo scroscio dell'acqua era rilassante, tutte quelle "fontane", pur essendo di diverse altezze, erano estremamente graziose, anche se semplici, e contribuivano a creare un'armonia che era semplicemente perfetta. Era tutto così perfetto, così dannatamente perfetto. Ametista non poté trattenersi dal fare una smorfia di disgusto. Aveva sempre odiato la perfezione, e aveva sempre odiato l'ordine e la simmetria. La mettevano a disagio.
Ma quello non era importante, ora doveva cercare Garnet.

Si cominciò a guardare attorno: non vedeva né lei né Perla. Dovevano per forza trovarsi su una di quelle specie di fontane... ma non riusciva a scorgere niente da là sotto.
Cominciò ad incamminarsi, quando improvvisamente sentì un urlo. Doveva essere Garnet. Era in pericolo. Doveva assolutamente aiutarla. Sentì che l'urlo proveniva dalla "fontana" più alta. Vi si precipitò sopra, sfoderò l'arma e gridò:

"Garnet, eccomi! Sono venuta a..."

Allora si accorse dell'errore che aveva fatto. Garnet era a posto, anzi stava benissimo. Ma lo stesso non si poteva dire di Perla. La gemma era in una situazione disastrosa. Era inginocchiata per terra, e Garnet, piegatasi, le aveva posato una mano sulla spalla. Tremava fortissimo, mentre stringeva con forza al petto qualcosa che non si riusciva a vedere. I suoi vestiti, che non avevano nulla a che fare con la sua vecchia forma, erano tutti zuppi d'acqua; i capelli erano completamente scompigliati, e il suo volto, contratto da dolore, rigato dalle lacrime. Era distrutta. Completamente devastata. Una scena pietosa. Ametista doveva aspettarselo. In quel momento, vedendola ridotta in quello stato, si chiedeva come aveva fatto a immaginarsela combattere contro Garnet e sopraffarla, mentre probabilmente non aveva neanche la forza di evocare un'arma.
E, come se già quella visione non le fosse bastata, il peggio arrivò quando la notarono. Garnet si staccò da Perla, e senza neanche posare lo sguardo su Ametista, guardò in basso, sconfitta. Perla invece rimase inorridita, con lo sguardo fisso su di lei.

In quel momento l'estremità della frusta di Ametista, precipitando, colpì la testa della poveretta. Allora Garnet si mise una mano sulla faccia, disperata. Ci fu silenzio per un attimo. Nessuno si mosse. Si sentiva solo l'acqua scorrere.

"Scusami..."

Poi Perla si alzò di scatto, afferrò la frusta con una mano e la tirò verso di sé, facendo cadere Ametista e trascinandola vicino. Lasciò cadere l'estremità di quell'arma. Dunque si diresse verso la gemma. Osservandola dall'alto, le gridò, con voce carica di odio:

"Tu, qui! Dopo quello che hai fatto tu sei qui! Sei entrata nella mia stanza senza che io lo volessi, e mi hai attaccato!"

Poi si rivolse a Garnet:

"E tu lo sapevi. Tu lo sapevi che sarebbe successo!"

Garnet annuì.

"E l'hai lasciata entrare come se nulla fosse?! Lei!"

La fusione rimase in silenzio.

"Dopo tutto quello che abbiamo vissuto assieme... dopo tutto quello che abbiamo dovuto passare! Dopo tutto quello che IO ho dovuto passare! Tu mi hai abbracciato! Hai detto di capirmi! E invece... le hai parlato! Dopo quello che LEI mi ha fatto! Le hai anche permesso di venire qui, nella mia stanza!"

"Perla! Lei non c'entra niente! Sono stata io a..."

"Tu... taci!"

E poi tutto accadde in un baleno. Garnet non ebbe neanche il tempo di reagire. Ametista non ebbe neanche il tempo di accorgersi di ciò che stava succedendo. In un lampo si ritrovò il tridente di Perla sulla sua gemma.

"Perla ora calmati" le intimò la fusione.

"Stai esagerando." aggiunse, avvicinandosi.

Ametista era bloccata dal terrore. Non riusciva a fiatare.

"Esagerando?! Io starei esagerando! È lei che mi ha attaccato! È lei che mi attaccato di nuovo! È lei che..."

Guardò per terra, verso il suo braccio. Verso Ametista. E infine verso la gemma di Ametista. Si accorse di ciò che aveva fatto. Lasciò cadere il braccio, e poi il tridente, spaventata. Se ne andò quindi sul bordo della "fontana".
Garnet guardò malissimo Ametista per qualche secondo. Allora si diresse verso Perla, lasciandola sola.

Ametista si innervosì. Era successo di nuovo. Perla l'aveva di nuovo maltrattata, e Garnet le aveva di nuovo dato ragione. No, questa volta non l'aveva solo maltrattata. L'aveva quasi frantumata. Lei, una Crystal Gems, l'aveva quasi frantumata.

La sentì piangere. Eccola di nuovo a fare la vittima, pensò; però lei non avesse la minima intenzione di subirsi un'altra sua scenata. Non aveva neanche la minima intenzione di fare nuovamente da punch-ball. Decise di andarsene. Si alzò e raccolse la sua frusta. Stava per saltare, giù dalla camera di Perla, quando si voltò ancora un attimo a guardarla.

La vide lì, piangere, e tremare. Con la nuova tutina rosa inzuppata ancora più di prima. Chissà se erano gli stessi vestiti di quando si era rigenerata quella volta; Ametista non avrebbe saputo dirlo. Chissà se si era dovuta rigenerare altre volte; Ametista non avrebbe saputo dire neanche questo.

Vederla così, in quello stato, le faceva male. Molto male. Vederla in quello stato per colpa sua era terribilmente doloroso. Alla fine ciò non sarebbe mai successo se lei avesse ubbidito a Garnet. Chissà se la fusione l'aveva previsto...

Si avvicinò lentamente, finché non giunse ad una brevissima distanza da Perla. L'altra non reagì, magari non se ne era neanche accorta. Stette in silenzio ancora qualche altro secondo, per cercare le parole. Con un po' di insicurezza, si buttò:

"Senti scusa... mi dispiace. Hai ragione... non sarei dovuta venire qui; ma senti... facciamo pace"

L'altra non disse nulla; ma almeno smise di piangere. Garnet invece sobbalzò.

"Che ne dici Perla, eh? Facciamo finta che non sia successo niente?" continuò.

Ancora nessuna risposta.

"Non vuoi farlo per Steven?"

Le tese la mano. Ma vide che l'altra non si mosse. Guardò Garnet, che invece cominciava ad allontanarsi dalla gemma. Allora si avvicinò ancora di più a Perla, guardandola. Ora era proprio sopra di lei. Finalmente riusciva a vedere con chiarezza che cosa avesse in mano. Inizialmente non capì.

"Ma quello è..."

"Non te ne frega proprio nulla." la interruppe l'altra, a bassa voce. Dunque sorrise, come se si sforzasse.

"L'hai subito accantonato."

Ametista abbassò la testa.

"Quanto tempo l'hai pianto? Un anno? Neanche?"

"Bisogna andare avanti; è quello che lui avrebbe voluto." rispose Ametista.

"Certo, non si può soffrire per sempre."

Perla si asciugò una lacrima.

"Posso tollerare che tu ti rifaccia una vita, anche se io non ci riesco."

Si asciugò un'altra lacrima.

"Posso tollerare che entri in camera mia senza il mio consenso. Posso tollerare che tu mi attacchi. Posso anche tollerare che tu mi distrugga la forma fisica e poi mi imbolli."

Gli si strozzò la voce.

"Ma non posso tollerare che tu osi parlare di lui. Tu che non ricordi neanche l'anniversario della sua morte."

Le lacrime ricominciarono a sgorgare in abbondanza dai suoi occhi.

"Vattene, ora. Non voglio più vedere te, né la tua stella, di cui non sei degna. Vattene, e lasciami soffrire in pace."

Ametista rimase sbigottita. Le venne da piangere. Dunque capì che forse era il momento di fare ciò che le veniva chiesto; decise quindi finalmente di andarsene. Senza voltarsi più indietro, si lanciò giù, verso la sua camera.

True love: trecento anni dopoWhere stories live. Discover now