Salve, sono il Dottore (Capitolo 2)

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Chiusi violentemente la porta, facendomi scorrere lungo di essa fino ad arrivare al pavimento, chiusi gli occhi e cercai di stabilizzare il mio respiro concentrandomi solo su di esso. Stava funzionando, mi stavo calmando quando ad un tratto sentì urlare al di là del legno:
<<Ehy tu, apri subito la porta! Dovresti chiedere il permesso per entrare nella proprietà altrui! >>
Sbarrai gli occhi, riavvolsi il nastro degli eventi accaduti e mi ricordai di quell'uomo, gattonai più avanti dando la possibilità alla porta di aprirsi e quando ella si spalancò riuscii ad intravedere solo la sua sagoma circondata di luce.
Sentii le sue scarpe produrre rumore, stava camminando, si stava avvicinando, indietreggiai e mi portai le braccia intorno alla testa.
Come al solito avevo paura.
<<E tu saresti? >> disse con voce acuta
Non risposi, indietreggiai nuovamente andando a sbattere la testa contro uno spigolo.
<<Attenta!! >>
Alzai finalmente lo sguardo. Avevo di fronte a me un uomo sulla sessantina, con capelli bianchi che gli ricadevano fin sotto al collo e una barba non curata. Sembrava un barbone.
Mi alzai e mi guardai intorno non curandomi per un attimo della sua presenza. Avevo la mente invasa da pensieri e forse anche la bocca spalancata.
<<Scommetto che stai pensando che sia più grande all'interno che all'esterno! >> disse ridacchiando.

Si, effettivamente era ciò a cui stavo pensando, ma com'era possibile che una cabina della polizia fosse così grande! Spostai il mio sguardo su di lui. 

<<Chi sei? >>dissi con un filo di voce, che dovette risultare stridulo 

<<Eh no ragazzina, l'ho chiesto prima io! >>rispose puntandomi contro l'indice nodoso

Facendo un passo indietro per aumentare la nostra distanza risposi:

<<Mi chiamo Vega>>
<<Ohh, un nome affascinante, sai cosa significa? >>rispose con un luccichio negli occhi
<<Certo! Vega é la stella più lucente della costellazione Lira, e significa "rosseggiante come stella"! >> borbottai con un sorriso.
<<brava! >> ribatté velocemente, avvicinandosi alla console.

Tra noi calò un lungo silenzio che utilizzai per guardami ancora intorno. Quella cabina trasmetteva un senso di benessere, i suoi colori accesi, la forma geometrica del cerchio onnipresente e le sue luci riscaldavano alla sola vista.
Fui riportata nuovamente alla realtà dalla sua voce


<<Ci sono le ombre lì fuori, io sto cercando di capire cosa vogliano dalla Terra e dai suoi abitanti, vorresti aiutarmi a scoprire le loro intenzioni? >>

Scossi il capo in un secco no.

<<Sei la prima ragazza che incontro che non trova emozionante tutto questo, che non trova emozionate me e il Tardis>> disse con fare annoiato. Si sedette su un gradino della scala e si prese la testa tra le mani, stava pensando, sapeva di dovere agire in fretta, la terra aveva le ore o forse i minuti contati.
<<Ma allora tu chi sei? >>
Saltò in piedi come se avesse preso la corrente elettrica e si rivolse a me
<<Sono il Dottore>>
<<Sei un dottore? >>risposi con aria confusa
<< Sono IL Dottore, con articolo determinativo no indeterminativo>>
Ero leggermente confusa. Riprovai
<<E che dottore sei? >>
Non rispose velocemente, incominciò a camminare intorno alla console con uno sguardo accigliato e poi aggiunse:
<< Perché risulta sempre difficile questa parte? >>
Parlava sicuramente tra se e se, sparò a raffica una serie di frasi di cui non capì il significato e la logica, poi il flusso di parole si arrestò
<< Vediamo se così va meglio! Sono un alieno vengo dal pianeta Gallifrey e sono un amico degli umani, ho questa cabina che mi permette di viaggiare nel tempo e nello spazio, dando una mano a chi ne ha bisogno>>.
ALIENO. Era questa la parola che mi rimbombava come un tamburo nella testa.
<<Se sei un alieno, conosci le ombre? >>chiesi con voce tremante indietreggiando verso la porta.
Lesse la paura nei miei occhi e il suo sguardo si addolcì
<<Vega, non avere paura di me, io sono vostro amico e alleato, sono qui per farli tornare da dove sono venuti. Ma se perdiamo altro tempo a parlare non penso che la situazione migliorerà da sola. Andiamo a dare un'occhiata fuori? >> sussurrò le parole con dolcezza allungando la mano verso di me
<<Ho paura delle ombre, ne ho sempre avuto paura! >>mormorai con voce infantile, ripetendo il suo gesto.
Quando le nostre mani si toccarono una scarica mi percosse la spina dorsale, facendomi tremare
<<Bene Vega, andiamo a combattere questi mostri! >>
Strinse più saldamente la mia mano è uscimmo dal Tardis.

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