•il viaggio•

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Passarono i mesi, arrivarono i giorni del concorso internazionale per orchestre che si teneva a Londra, ero emozionata a tratti, ma avevo paura, avevo paura perché mi trovavo in una classe che mi odiava. Avevo paura che in qualche modo mi potessero sabotare, avevo il terrore di tutto questo, avevo paura della solitudine e di non farcela.
La notte prima della partenza tenevo il conto delle ore che mancavano, scrivendo sul mio diario quanto mancava, tutte le emozioni che provavo in quelle ore.
Mi ricordo quando alle 3.10 del mattino mi feci accompagnare nella piazza scelta dai prof per fare l'appello e salire sul bus.
Arrivai lì con aria della persona che fingeva di essere felice.
Mi sedetti in un posto a caso... Il posto affianco era vuoto e i prof avevano le cuffie, dai posti infondo partivano dei cori contro la Germania, contro di me, erano cori da un lato razzisti, dall'altro molto infantili.
Io mi sentivo triste.. molto sola e avevo paura, mi misi le cuffie, ascoltai "Steal This Album" dei System ma quelle canzoni in quel momento le sentivano solo le mie orecchie perché il mio cuore sentiva la tristezza. Era una violenza psicologica che causava silenzio, arrivavo a non capire perché avevo accettato di andare a quel concorso dopo che i prof mi avevano pregata in ginocchio perché a loro dire avrei salvato l'orchestra, a dire il vero alcuni prof si contraddicevano. Prima dicevano che io me la prendevo per stupidaggini dopo tutto quello che facevano i compagni e però subito dopo dicevano che ero la salvezza della classe.
Tentavano di buttarmi giù ma io resistevo lasciandomi tutto indietro, chiudevo la porta del mio cuore e mi salvavo, mi rimaneva solo un cuore ferito, che con pazienza ho aggiustato e con l'aiuto di tante persone ho curato.
Io mi reggevo grazie a piccoli gesti e parole, grazie a piccole cose che facevano di me una roccia.
Spesso avevo paura di ricadere nella trappola dell'autolesionismo, a volte ero debole, sola, senza voglia di vivere, ma a volte sapevo trovare una forza di volontà immensa.
Dopo il viaggio passato a tratti in lacrime, arrivammo nella città capoluogo di Regione e ci fermammo in aeroporto.
Io entrai stanca dal viaggio ma a tratti felice. Era mattina presto, mi presi un croassant nel bar e andai verso il gate con gli altri.
L'ora di partire si avvicinava e l'ansia che avevo in corpo saliva.
Ci diedero le carte di imbarco e cominciammo ad andare verso i nostri posti, alcuni notarono di essere sistemati vicino a me e fecero storie, i prof gli dissero di rimanere nei loro posti e così ci sedemmo tutti quanti. Poco dopo la voce negli altoparlanti disse di spegnere i cellulari e l'hostess mimava le procedure di sicurezza in caso di emergenza. Durante il decollo ero emozionata, ero in un certo senso felice, sentivo il cuore che batteva più forte di prima e poi tornava normale a tratti, ma poco dopo mi addormentai, o meglio andai in un dormiveglia.
Il viaggio per me era stato quasi piacevole, anche se ero molto in allerta col mio cervello.
Quando stavamo per atterrare mi svegliai di colpo, ero felice però.
Scesi dall'aereo feci le solite chiamate a casa per avvisare che ero atterrata e che andava tutto bene, noi abbiamo incaminammo verso un bus carichi dei nostri bagagli appena ritirati.
Il viaggio verso l'hotel durò circa 20 minuti e quando arrivammo posammo tutto nelle stanze che ci erano state assegnate e prendemmo solo gli strumenti musicali e la borsa con le cose più utili
Ci portarono in un auditorium costruito totalmente in vetro e noi entrammo e preparammo la nostra esibizione. Il pubblico era numeroso e l'ansia saliva notevolmente quando eravamo sul palco a montare tutti gli strumenti, avevamo poco tempo e dovevamo sbrigarcela perché poco dopo avremmo dovuto suonare.
Era tutto pronto, noi eravamo seduti nei nostri posti, eravamo 30 ed eravamo l'orchestra meno numerosa, ne abbiamo viste anche di 90 persone, 100 e anche 150 al massimo.
Ci annunciarono, noi in ansia eravamo lì davanti a circa 2700 persone che ci applaudivano.
Entrò il direttore di orchestra, diede l'attacco e iniziammo a suonare meglio di qualunque prova fatta, ci impegnammo e tutto andò per il meglio, tutto andò liscio come l'olio i brani erano perfetti e noi anche con il batticuore eravamo per una volta sincronizzati. È stata la prima volta in tre anni che ho sentito una strana sensazione, forse stavo bene davvero.
Abbiamo dato tutti noi stessi in quel palco e per la prima volta dopo anni mi sono sentita parte di una classe.
Quel momento finì quando ci applaudirono e noi smontando le attrezzature e gli strumenti scendemmo dal palco.
Aspettammo l'intera serata prima che parlassero di premiazioni. Quando fecero la classifica Europea annunciarono il terzo posto e noi delusi pensammo di non essere nemmeno classificati, ma quando arrivarono a menzionare il secondo posto noi eravamo col fiato sospeso e sorprendentemente ci eravamo piazzati secondi in Europa, esultammo e saltammo ovviamente felici
Solo che all'uscita dall'auditorium mi arrivarono insulti, insulti e parole contro di me... Il sogno di una tranquillità momentanea era finito.
Nel tragitto verso l'hotel io piansi a dirotto, mi sentivo male, mi sentivo un errore.
Mi sentivo sbagliata e in quel momento pensai di voler morire, avevo paura, ero stanca di tutto questo, ci ragionato. Andai dalla prof piangendo e mi abbracciò ma forse non aveva capito cosa succedeva, forse non aveva capito cosa c'era in quel pianto, in quei silenzi e in quel silenzio durato tanto tempo. Io non dicevo niente avevo quasi paura.
Quando arrivammo in hotel io subito dopo una doccia calda e rilassante me ne andai a dormire.
La mattina dopo, finita la colazione andammo in giro per la città a fare spese e visitare il posto. Devo ammettere che non mi sono divertita per niente, mi insultarono in continuazione fino a farmi piangere a dirotto.
Mi dicevano che ero solo una tedesca.. convinti di discriminarmi e io facevo finta di non sentirli.
Mi guardavano e ridevano, dicevano che ero sola... In effetti lo ero, stavo male, mi scappavano le lacrime mentre tentavo di farmi vedere forte, tentavo di resistere.
Aspettai la sera perché non vedevo l'ora di andare a dormire, avevo bisogno di dormire un po' per provare a fingere di dimenticare questo inferno.
Chi me lo aveva fatto fare? Forse il mio subconscio.
Forse la mia voglia di farmi valere nonostante le sconfitte.
Dopo un sonno ristoratore arrivò il giorno dopo che passammo in giro per negozi e gelaterie del posto.
Mancava poco ad andare in aeroporto io ero felice. Finalmente tornavo a casa... Sinceramente preferivo vivere l'inferno a casa piuttosto che viverlo in una città che non avevo mai visto prima.
Di sera eravamo in aeroporto e stavamo aspettando di cenare e poi entrare nel gate.
Io entrai in una piccola edicola e comprai un libro per ricordo, che mi lessi durante il viaggio in aereo di ritorno.
Leggere mi riparava dalla paura, mi sentivo me stessa quando leggevo in quel periodo ma succede tutt'ora e mi rende felice, aiuta la mia fantasia e la mia immaginazione. Aiuta il mio cervello a sentirsi più libero dallo stress, mi aiuta ad immaginare scenari come se fossero film i libri che leggo. Nei libri trovo quello che nelle persone non trovo.
Mi ricordo che quando salimmo in aereo io ero felice perché non volevo stare lì volevo andare nella mia amata Sardegna.

Qualche ora dopo eravamo in strada col bus per tornare a casa, io mi addormentai con le cuffie, per non sentire quello che dicevano i compagni.
Ricordo che mi svegliai all'entrata della città e quando arrivammo in piazza c'era un corteo alle 3 del mattino con lo spumante pronto ad accoglierci da campioni, io dentro soffrivo così ho chiesto subito a mio padre di riportarmi a casa con la scusa della fame e mi feci preparare un piatto grande di ravioli per compensare il fatto che avessi mangiato pochissimo in viaggio. Quando riabbracciai mio padre mi sentii subito contenta e tranquilla e poco dopo mi misi a dormire, il giorno dopo mi risvegliai alle 15.
Mi mancava la vita normale, e ho sofferto tantissimo con quelle persone.
Però mi sono sentita forte non solo nel parlare perché smisi di restare nell'ombra del silenzio ma anche perché l'avevo superato. Ero uscita vincitrice da questo inferno.

Vita Da BullizzataWhere stories live. Discover now