The Torturer (Pt. 3)

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Barcollando nell'oscurità, tormentato da continue fitte di dolore che percorrevano la sua schiena ad ogni passo, Hank iniziò ad aggirarsi in quella stanza cercando una qualsiasi via di fuga. 

Doveva stare attento, molto attento; era stato privato della sua pistola, si trovava in situazione di netto svantaggio e come se questo non bastasse da quel che aveva potuto intuire doveva avere a che fare con uno squilibrato. 

Poggiò le mani sulla porta di ferro che collegava quella stanza buia al corridoio del sentimentaerrato. Con enorme sorpresa si rese conto che il lucchetto non era stato girato, dunque fu sufficiente una spinta per aprirsi la strada. Quel dettaglio gli diede molto da pensare, ma non aveva tempo a sufficienza per porsi troppe domande; avanzò lungo il corridoio con le orecchie ben attente a captare qualsiasi genere di rumore, e passò sotto ad una serie di fascio di luce gialla che filtrava dal piano superiore attraverso una serie di botole.  

Fece scorrere due dita sulla superficie ruvida della parete, ed assottigliò lo sguardo. Davanti a sé, una porta uguale identica a quella che aveva appena aperto; questa era tuttavia spalancata e lasciava vedere chiaramente una seconda stanza di dimensioni simili a quella in cui Hank si era risvegliato, solo decisamente meglio illuminata da una serie di finestre di modeste dimensioni poste in alto, attraverso le quali era visibile l'erba del giardino sovrastante. 

Un'altro cumulo di parti di robot giaceva a terra: tre parti di gamba, due teste di genere femminile, un tronco sventrato.  

Poco oltre quel raccapricciante cumulo di componenti, un androide se ne stava immobile, in piedi, con lo sguardo puntato dritto su di lui. I suoi occhi, però, erano illuminati da una strana luce di colore rosso acceso, come se le sue idi di fossero state sostituire, o modificate in qualche modo. Sul suo petto vi era un enorme buco che lasciava vedere molto chiaramente il battito ritmico della pompa thirium. 

Hank rabbrividì, quando il suo sguardo si posò su quel raccapricciante dettaglio.

"Datti una calmata, vecchio idiota " borbottò tra sé e sé il tenente. "È solo una macchina". 

  -Aiutaci....- una voce ruppe in modo violento quel silenzio; Hank si voltò di scatto, proveniva da dietro di lui.

Ciò che si trovò davanti era in Androide di sesso femminile, il cui corpo era stato ridotto letteralmente a brandelli. La sua testa era spaccata a metà, la calotta sollevata, i componenti interni ben esposti; il suo petto era squarciato, la mandibola strappata dalla sua sede e posizionata in mezzo alle clavicole, orrobilenete ancorata alla gola. Le restava un solo arto, sul quale si reggeva in equilibrio, e laddove sarebbe dovuto essere l'arto mancante era stato sistemato in terzo braccio. 

Istintivamente il tenente si portò le mani alla bocca; durante la sua carriera da poliziotto aveva visto davvero di tutto, ma mai aveva assistito ad una scena tanto raccapricciante. 

Trattenne il fiato e fece un passo indietro. -Sto...Sto cercando...- balbettò -Avete visto un ragazzo? Cioè un androide... Un....-. 

Il robot piegò orrobilenete la testa di lato ed allungò una mano, indicando una porta arrugginita sul fondo della stanza. 
Hank annuí brevemente, quasi sollevato dal fatto che quella conversazione si fosse protratta per un lasso di tempo così breve; e con non poca preoccupazione si diresse zoppicante in direzione della porta che gli era stata indicata.
L

a aprì lentamente, e la scena che gli si parò davanti lo lasciò lettermente senza fiato.
Al centro della stanza, dalle dimensioni modeste, vi era un grosso piedistallo di ferro ancorato con le estremità al pavimento ed al soffitto, munito di alcuni supporti in cuoio e di alcune catene a maglia grossa.
E proprio lì, bloccato su quel piedistallo, c'era Connor.
-Oh santo cielo- esclamò istintivamente Hank, portandosi le mani alla bocca. Il battito del suo cuore accellerò in modo improvviso, e le sue mani iniziarono a sudare e tremare visibilmente.
-Connor... -.
Il robot era immobile, con la testa pendente e gli occhi chiusi; ma non era spento. Il suo led brillava di luce rossa, intermittente, e testimoniava il fatto che l'androide fosse ancora attivo nonostante le precarie condizioni in cui versava.
Il suo corpo, ancora coperto in modo parziale dal suo completo elegante, presentava un gran numero di chiazze scure ove la pelle sintetica era stata fortemente danneggiata. Con tutta probabilità si trattava di bruciature, questo pensò il tenente. Ne aveva moltissime lungo le braccia, sulle spalle, alle ginocchia.
A rafforzare la sua tesi, il corpo immobile della macchina emanava un odore pungente, simile a quello tipicamente emanato dai manici in plastica delle pentole, quando le si avvicina troppo al fuoco.
Il tenente si avvicinò e chiamò diverse volte il suo nome, sempre più forte, ogni volta con maggiore preoccupazione. Afferrò le spalle e gli diede un paio di scossoni, ma il robot sembrava non percepire niente; come se fosse intrappolato in un sonno profondo.
Hank si passò una mano tra i capelli con sgomento, ed iniziò a pensare a come avrebbe potuto fare per risolvere quella situazione. Pur essendo del tutto ignorante in materia di elettronica e robotica, fu facile perfino per lui capire che il monitor acceso vicino al piedistallo ove Connor giaceva, poteva essere la risposta al dilemma.
Vi si avvicinò. Il monitor riportava una serie di dati composti da numeri e lettere che a lui parvero pressoché indecifrabili; tuttavia sul fondo di quella schermata, posizionato a destra, vi era un tasto.
"Reactivated".
Senza esitare vi premette goffamente l'indice sopra, ed un rumore meccanico si udì immediatamente dopo. Un piccolo braccio meccanico dotato di una specie di ago alla sua estremità liberò la schiena dell'androide, ritraendosi.
Circa un paio di secondi dopo, finalmente, la macchina aprì gli occhi.
-Connor!- esclamò Hank, balzando davanti a lui -Stai bene?-.
Il led del robot passò da rosso a giallo, mentre eseguiva una scansione completa al suo sistema. Anche dopo averlo fatto, tuttavia, non diede una risposta a quella domanda. - Dobbiamo andare via subito, tenente- affermò, con la voce che tremava. Era la prima volta, pensò Hank, che lo sentiva parlare in modo così carico di... Emozioni.
In modo così umano.
-Sì, lo so - fece lui, scrollandosi le maniche in segno di nervosismo.
Connor scese giù dal piedistallo dopo essersi liberato, una alla volta, entrambe le gambe. Osservò in silenzio il suo corpo, le ferite sotto ai tessuti strappati del vestiario, poi si rivolse ad Hank.
-Ho trovato l'Ax400-.
L'uomo si voltò verso di lui con aria incredula. - Davvero?-.
-Sì-.
-No dico, davvero vuoi parlare di questo adesso? - ripeté l'altro allargando le braccia.
Connor abbassò lo sguardo, quasi come se si trovasse in imbarazzo. - È quì anche lei, insieme a... Una quarantina di altri androidi direi-. Sollevò lo sguardo, e nei suoi occhi si accese una profonda tristezza. - Questo Zlatko... Fa degli esperimenti sugli androidi. Li modifica, li sottopone ad ogni genere di tortura, tutto questo con lo scopo di scoprire se una macchina può... Sentire dolore-.

Continua...

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⏰ Last updated: Feb 07, 2019 ⏰

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Detroit Became Human - RaccoltaWhere stories live. Discover now