Utopìa (Pt. 2)

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Il led rosso lampeggiava velocemente nella tempia di Connor, che tentando invano di recuperare il controllo su sé stesso si era portato entrambe le mani alla testa con disperazione, ed aveva chiuso gli occhi piegando la bocca in un ghigno di sofferenza. 
 

- Devi morire! È per il bene di tutti. Lui non ti ama! Lui non ti ama!- continuava a gridare l'androide dal mostruoso aspetto, sempre più forte, sempre più vicino. Il suono profondo della sua voce si espandeva furioso nell'ambiente circostante, così forte che pareva far vibrare il terreno.
 Connor sentì le mani di Hank afferrarlo all'improvviso, ma si scoprì incapace di compiere qualsiasi tipo di movimento. Non riuscì neanche ad aprire gli occhi.
  - Non ha mai desiderato in figlio!!- gridò ancora quella voce mostruosa, che adesso pareva provenire in qualche modo direttamente dall' interno della mente di Connor. 
 Il giovane androide emise un lamento e riuscì a puntare a terra i palmi delle mani, cercando con grande fatica di rimettersi in posizione eretta. Hank, tanto confuso quanto terrorizzato, lo avvolse strettamente in un abbraccio e lo aiutò ad alzarsi, pronunciando una serie di frasi preoccupate che Connor non riuscì a comprendere, a causa dello stato confusionale che lo assaliva in quel momento.
  - Che...Che cosa vuoi da me...- farfugliò l'androide, che a malapena riusciva a comporre una frase si senso compiuto. 
  -Utopìa è il mio nome. Voglio che guardi!!- gridò ancora la voce -Guarda la verità!!-. 
In quel preciso momento, come fossero una serie di foto fatte scorrere su un nastro, apparvero nella mente di Connor una serie di immagini che si susseguirono senza sosta.  Una alla volta, molto velocemente, ma in modo che potesse comunque avere il tempo di vederle bene tutte quante. 
Le prime, erano colorate; scattate alla luce del sole, molto nitide. Alcune ritraevano Hank da giovane che giocava in giardino con Cole; aveva un grande sorriso in faccia. Altre, mostravano lo stesso soggetto amorevolmente abbracciato alla donna che doveva essere stata sua moglie; altre foto ancora, poi, erano state scattate ad un Sumo di diversi anni prima, quando era ancora un cucciolo tutto peli e zampe. 
Poi, però, man mano che quelle immagini continuavano a scorrere nella mente dell'androide queste iniziavano a farsi sempre più strane. Vide l'immagine di sé stesso ancora sotto il controllo della Cyberlife, con un lungo fucile stretto in pugno e lo sguardo severo; il volto impassibile e vuoto della macchina che era ststo. Subito dopo, ancora una vecchia foto di Hank ed il suo bambino, ma non stavano più giocando: era morto tra le sue braccia, ricoperto di sangue. Connor non ebbe neanche il tempo di rabbrividire alla vista di quell'immagine, perché fu immediatamente seguita da una forse peggiore, che inquadrava frontalmente Hank, ubriaco fradicio, con il revolver puntata alla testa. 
Connor tentò di emettere un grido ma non ci riuscì, e intanto quelle orribili visioni continuavano a susseguirsi nella sua mente senza che lui potesse fare niente per fermarle.  Avrebbe voluto smettere di vedere, ma chiudere gli occhi non fu sufficiente.
Vide ancora una volta sé stesso, adesso all'interno della casa di Hank; ma le pareti erano ammuffite e ricolme di crepe, come se l'edificio fosse stato abbandonato ormai da diversi anni, nel momento in cui quella foto fu scattata. Poi vide ancora sé stesso abbracciato ad Hank; tuttavia l'uomo appariva incupito, come se si trovasse in qualche modo costretto a trovarsi lì; e l'androide, apparentemente più sereno, si mostrava fortemente danneggiato: vi erano pezzi di componenti distesi a terra, mentre altri pezolavano dalle sue spalle ricurve.
Un'ultima foto, poi, apparve più lentamente a chiudere quell'orribile sequenza: questa ritraeva per l'ennesima volta Hank, adesso impegnato ad uccidere Connor facendo uso un grosso coltello con il quale, probabilmente, stava trafiggendo la sua pompa thirium. Giù nella pelle sintetica, attraverso la schermatura di materia plastica che componeva il suo petto.
Tutto cessò all'istante. 
In un millesimo di secondo ogni pensiero intrusivo abbandonò la mente dell'androide lasciandola sgombra, e piena soltanto di paura. 
Non sapeva che cosa fosse accaduto, che cosa aveva visto, ma di certo era terrorizzato. Immobilizzato dall'angosciante sensazione di essere stato testimone del suo passato, del suo presente, e del tremendo futuro al quale era destinato.
  -Connor ma che succede!!-. La voce di Hank raggiunse finalmente il suo processore audio, adesso tornato a funzionare normalmente. Poté anche sentire, di sottofondo, le voci dei bambini che stavano ancora giocando allegramente nel giardino sul retro; ed entrambi quei suoni così familiari lo rassicurarono all'istante.
Sollevò lentamente lo sguardo; l'androide dalle sembianze femminili era ancora in piedi davanti a lui, ma le sue sembianze erano tornate quelle originali. O forse non erano mai cambiate? 
Che cosa era realmente accaduto in quei lunghi minuti di caos?
Sbattè le palpebre più e più volte, cercando di raccapezzarsi.
La donna, con lo stesso volto inespressivo di pochi minuti prima, lo stava osservando quasi come se lei stessa non capisse che cosa fosse successo; eppure Connor sapeva, sapeva che era stata lei.
Stava fingendo.
Potendo ragionare a mente lucida non ci mise molto a capire che quel robot doveva avergli stramesso una specie di virus, nel momento in cui le loro mani erano venute a contatto una con l'altra. Un virus capace di mandare completamente in tilt il suo sistema; o forse, in qualche modo, capace di renderlo più lucido riguardo ad alcuni aspetti che per codardia stava volontariamente ignorando.
Connor si voltò lentamente in direzione di Hank, ed il suo viso si fece molto serio. -Tu non avresti voluto la nascita di Cole..- farfugliò, stringendo i pugni -È vero?-. 
L'uomo spalancò gli occhi e lascio cadere il mento verso il basso, stupefatto da quella domanda così improvvisa e inaspettata, che gli veniva posta nel momento meno adatto. - Cosa... Perché me lo stai chiedendo?- farfugliò. 
  -Rispondi e basta, ti prego- borbottò lui. Seppur la donna adesso fosse in completo silenzio, impegnata a tener fermo il figlio che a tutti i costi pareva volersene andare da lì, stava continuando in realtà a comunicare con Connor attraverso la telepatia, in modo silenzioso ma dannatamente invadente. Era in grado di infiltrarsi nei suoi pensieri e maneggiarli, sussurrargli tutto ciò che non voleva sentire senza muovere un solo muscolo robotico. 
  -Lui non ti ama... Lui ti vuole morto-. 
Connor fece un enorme respiro, attendendo con sgomento una risposta da Hank che pareva non arrivare mai. 
  -Ne possiamo riparlare, Connor?- disse l'uomo allargando le braccia - Non mi pare questo il momento..  Mi dici che ti prende?-. 
  -Lui ti vuole morto... Lui ti ucciderà- ripetè ancora la voce, che continuava ad infiltrarsi violentemente nei suoi pensieri. - Sei solo un pezzo di plastica per lui... Sostituisci quel figlio che non ha voluto, sei un cerotto sul suo senso di colpa-. 
A quel punto, esasperato, l'androide fece un balzo in avanti ed assestò un violento spintone all'altro robot. -Basta!- gridò con tutta la voce che riuscì a tirare fuori dalla bocca -Taci! Stai zitta!!-. 
L'ex tenente, sempre più stupito dai comportamenti imprevedibili che stava manifestando il suo collega, si apprestò ad afferrarlo cercando di allontanarlo dalla donna. 
  - Connor ma che cazzo fai!- gridò -Smettila subito, sei completamente impazzito?!-.
L'androide cercò dapprima di divincolarsi,  ma decise subito dopo di cedere alla pressione che Hank esercitava sul suo torso e lasciarsi trascinare indietro per diversi metri. 
-Cristo santo è una nostra cliente! -.
La donna, ancora immobile e completamente inespressiva, aveva adesso lasciato la mano del figlio che era corso a rifugiarsi all'interno del furgone. 
  - Mi dispiace signora non so cosa gli sia preso...- farfugliò Hank questa volta rivolgendosi a lei, mentre si trovava ancora impegnato a tenere ben stretto Connor, temendo un'altra reazione inaspettata da parte sua.
 La donna, allargando un piccolo sorriso, rispose semplicemente: -Forse dovrebbe farlo vedere da un tecnico della Cyberlife. Sarà difettoso-. Voltò poi le spalle con non-chalance e salì a sua volta sul furgone, per poi allontanarsi con troppa fretta lungo la strada trafficata facendo stridere gli pneomatici sull'asfalto.
Ma proprio mentre il mezzo si allontanava lungo la via fino a scomparire dietro ai palazzi, il led sulla tempia di Connor si colorò di giallo ed iniziò a lampeggiare molto velocemente; stava ricevendo un'altra comunicazione da quell'androide, e nonostante lo sforzo non gli fu possibile evitare quel contatto.
  - Mi dispiace, non volevo accadesse. Sono un prototipo sfortunatamente finito nelle mani di un folle, e questa è la mia condanna: incuto nelle menti di tutti gli androidi che mi si avvicinano i peggiori incubi che le loro menti possano vedere... Immaginano tutto quello che non vorrebbero mai vedere. Io... Speravo che con te potesse essere diverso, siccome ho dedotto che sei un deviante. Mi sbagliavo, mi dispiace, non vi arrecherò mai più disturbo-. 
Hank liberò molto lentamente il giovane collega dalla sua presa, poi abbassò lo sguardo assumendo un'espressione adirata. - Che cazzo ti succede, si può sapere?- grugnì, sbattendo a terra la suola delle scarpe. Più che arrabbiato era preoccupato, ma questo di certo non intendeva darlo a vedere. 
Connor si sistemò la camicia ed il cappello nascondendo nuovamente il led, con aria scossa. Volse poi uno sgardo alla strada, dove quel grosso furgone del latte non era più visibile, e si sentì allo stesso tempo spaventato e rincuorato. -Scusami Hank..- borbottò. Puntò poi il suo sguardo in quello dell'uomo, e si fece molto serio. -Quella donna... In realtà è un androide- disse. 
Le ultime parole che con la telepatia aveva pronunciato ancora risuonavano nella sua mente. "sono un prototipo finito nelle mani di un folle.. Immaginano tutto ciò che non vorrebbero mai vedere". 
Dunque era tutto finto, tutto frutto della sua sola immaginazione. Ciò che aveva fatto quell'androide misterioso era solo stuzzicare la sua fantasia rendendo reali le sue paure più profonde. Restava un mistero da dove venisse, e quale fosse stata la sua storia; che cosa le era stato fatto? E perchè si prendeva cura di quel bambino umano? 
Di sicuro si era trattato di un modello eccezionale, qualcosa di assolutamente unico. Una macchina generata come primo prototipo di una serie mai prodotta.
  - Connor? Mi stai ascoltando?-. La voce di Hank lo strappò via violentemente dai suoi pensieri. 
 Il ragazzo robot allargò un timido sorriso. - Sì, scusa- rispose. 
  -Andiamo dentro... Vieni, dai, ho bisogno di bere e capire cosa diamine è successo-. 
Camminando come fosse ubriaco, l'androide seguì l'ex tenente fin dentro casa, dove si sistemò a sedere sul divano seppur il suo corpo robotico non avesse in effetti nessuna necessità di trovare sollievo per le gambe. 
Hank, adesso molto preoccupato, prelevò rapidamente una birra dal frigo e si sistemò davanti a lui, trascinandosi dietro una sedia. 
  - Sei rimasto imbambolato per diversi minuti davanti a quella donna- disse, sorseggiando la lattina - Poi il tuo led è diventato rosso ed hai iniziato a farneticare-. 
  - Era un androide- ripetè ancora Connor, abbassando lo sguardo e portandosi una mano alla testa -Ha detto di chiamarsi Utopìa-. 
L'uomo taque per qualche secondo, poi assunse un'aria incredula. - In realtà non ha detto una sola parola-. 
  - Mi ha parlato telepaticamente!- rispose a tono l'androide, adesso visibilmente frustrato - Non credo volesse intenzionalmente farmi del male... Ma porta con sé una specie di virus. Ha... Violato il mio sistema- farfugliò. 
A quel punto Hank iniziò ad essere decisamente più preoccupato. -Spiegati  meglio... Io non capisco- rispose scuotendo ma testa, e puntando i gomiti sul tavolo.
  - Mi ha fatto vedere.. Tutto quello che sapeva mi avrebbe fatto soffrire. È una specie di strano potere io non so come...-. 
  - Connor!- lo interruppe l'altro, poggiando la lattina a terra per poi afferrarlo per le spalle. - Io ti ho visto eri... In una specie di trance. Mi sono spaventato, non capivo, ma non è successo niente, te lo giuro. Quella donna non si è mossa, al contrario; mi ha persino chiesto se stessi bene, era preoccupata quanto me-. 
L'androide scosse lievemente la testa e taque per una lunga manciata di secondi; ad un tratto iniziava a chiedersi se fosse possibile che in realtà fosse accaduto tutto quanto solo nella sua testa. 
  -Hank...- farfugliò poi, con lo sguardo basso. Ci pensò un po', prima di dirlo. -Adesso.. Puoi rispondere a quella domanda?-. 
L'uomo fece finta di non capire. -Cosa?... Quale domanda?-. 
  -Riguardo a Cole- insistette lui -È vero che non desideravi avere un figlio?-. 
Il silenzio invase la stanza. Messo alle strette, l'ex tenente non poté far altro che rispondere; ma dovette prendere una enorme boccata d'aria prima, perché ogni volta che pensava o parlava del suo bambino gli veniva un nodo alla gola e finiva per piangere. E lui non voleva, piangere. Non voleva sentirsi così fragile.
  - Connor.. - mugolò l'uomo, stringendo i pugni - Non sono sicuro che tu possa capire queste cose ma... Per gli umani le cose non vanno sempre come previsto, siamo macchine imperfette. Io mi ero semplicemente innamorato... No, non volevo un figlio- ammise. 
L'androide sollevò lo sguardo, adesso profondamente triste, come se avesse sperato di non udire mai quel genere di risposta. 
  -Tuttavia- continuò l'altro -Lei è rimasta accidentalmente incinta e lui è arrivato... E sai...- si interruppe.  Deglutì saliva e chiuse gli occhi, imponendosi in modo categorico di non scoppiare a piangere. - Anche se Cole non aveva mai fatto parte dei miei piani... Quando l'ho visto io l'ho amato... Dal primo istante-. Fece un piccolo tenero sorriso, forse ricordando l'attimo in cui aveva preso in braccio per la prima volta quella piccola creatura dalla pelle rosea.
Connor restò immobile a guardarlo con la mente persa in mille pensieri. Dunque era vero, l'affermazione di quella donna era vera, ma allo stesso tempo era anche vero che Hank amava Cole e riguardo a questo nessuno poteva avere nessun dubbio. 
  -L'ho amato così tanto che quando è morto, se n'era andata con lui anche la mia voglia di vivere- disse ancora l'uomo a labbra strette. Poi volse il suo sguardo all'androide e sorrise ancora. - Ma poi sei arrivato tu... Che in un qualche modo hai riempito un vuoto che credevo incolmabile-. 
Connor appiattì le sopracciglia ed il led nella sua testa si colorò di giallo. Si alzò di scatto dal divano ed abbracciò Hank, che ricambiò quasi immediatamente. 
L'ex tenente chiuse gli occhi ed ispirò aria dal naso, mentre poggiava con delicatezza la guancia sulla sua spalla. 
  -So che a volte sono un pò burbero ma... Non avere mai dubbi sul bene che ti voglio- disse.
Restarono uniti in quell'abbraccio per un tempo indefinito, finché uno dei due non lo sciolse. Hank si asciugò le lacrime con la manica della camicia. 
  -Ci sono ancora dei bambini in giardino- disse, recuperando la compostezza -Restano fino alle quattro... Ti va di occupartene tu?-. 
Connor accennò un piccolo sorriso, che parve in quel momento il più bello dei regali. - Ma certo-. 

È una ben povera memoria quella che funziona solo all’indietro

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È una ben povera memoria quella che funziona solo all’indietro.
(Lewis Carrol)

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