Eden Club (pt1)

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Una notte scura avvolgeva la città con il suo manto, mentre ammassi di nuvole grigie riversavano sui tetti un'infinità di gocce d'acqua fredda che cadevano incessanti. In contrapposizione alla profonda oscurità di quella tarda sera, la luminosissima insegna elettrica dell'Eden Club sfoggiava il suo intenso colore rosa interrompendo bruscamente il nero che dipingeva il cielo, ed intervallava le più timide luci dei lampioni ai lati della strada. 
Hank sbattè la portiera dell'auto e si allontanò distrattamente senza bloccare la serratura, mentre la sua giacca veniva già aggredita dalla bufera
d'acqua che vi si riversava sopra.
L'uomo percorse il marciapiede deserto con lo sguardo basso, avanzando a passo svelto senza guardarsi troppo intorno. Non appena giunse dinnanzi al sex club, il suo sguardo fu catturato dalla miriade di schermi ed insegne luminose, alcune delle quali lampeggiavano lentamente, altre mostravano immagini mirate ad attrarre la clientela all'interno.
L'intensità dell'acquazzone aumentò improvvisamente, costringendo il tenente di polizia a fare una piccola corsa fino a mettersi al riparo raggiungendo l'ingresso del club.
La porta automatica si aprì davanti a lui, consentendogli l'accesso ad un punto corridoio circondato, da entrambi i lati, da grandi schermi che trasmettevano immagini provocanti.
Lo sguardo dell'uomo era freddo, completamente distaccato da ciò che aveva intorno. Non si trovava in quel luogo per divertirsi, bensì perché stava cercando qualcuno per lui molto caro, qualcuno che era scomparso in circostanze sconosciute.
Aveva cercato Connor per settimane. Aveva raso a tappeto tutta la città di Detroit, cercato in ogni luogo, anche quelli più improbabili; ma ogni suo più disperato sforzo si era rivelato del tutto inutile. L'androide pareva essere sparito senza lasciare nessuna traccia.
Hank emise un sospiro, mentre sistemava il colletto della giacca. Quel sex club era l'ultima speranza, l'ultima possibile pista che aveva: era già stato all'Eden Club di Detroit, dove tempo addietro aveva anche compiuto un'investigazione insieme a Connor, e non vi aveva trovato indizi significativi; tuttavia, aveva scoperto che vi era un secondo Eden Club appartenente alla stessa catena, situato a Cleveland.
Spinto più dalla disperazione che dalla speranza, Hank aveva deciso di prendere la macchina ed intraprendere il viaggio; ecco perché adesso, a quella tarda ora della sera, si trovava in un posto così squallido e poco compatibile con la sua persona.
  -Benvenuto all'Eden Club di Cleveland, gentile signore- esclamò un'andoide, che lo accolse caldamente non appena l'uomo ebbe varcato la porta.
L'androide di sesso femminile, munita di un corpo prosperoso e perfetto, allargò un caldo sorriso e indicò un punto dietro si sé. -Da quella parte, prego-.
Hank annuì senza dire nulla e proseguì lungo quel corridoio pieno di luci, anche se con un punto di insicurezza. Attraversò un'altra porta automatica, e all'improvviso si ritrovò all'interno di una stanza di forma ovale, circondata da una lunga serie di postazioni all'intero di ognuna delle quali veniva esposto un androide di genere femminile. Alcune ragazze avevano tratti asiatici, altre ritraevano volti occidentali mentre alcune erano di pelle scura; tuttavia, una incredibile bellezza e perfezione le accumunava tutte quante.
Non c'era da stupirsi che quel luogo fosse così tanto frequentato; per 29 dollari e 99 ogni mezzora si poteva avere a disposizione una donna bellissima disposta a fare qualunque cosa, senza giudizi e in totale privacy.
Hank si guardò rapidamente intorno, poi puntò lo sguardo sulla porta azzurra infondo alla stanza, che portava presuminilemete alla zona ove venivano esposti gli androidi di sesso maschile.
Avanzò con non poco imbarazzo, passando tra una serie di uomini che fissavano le capsule con sorrisi imbecilli dipinti sui volti, non riuscendo a non pensare a quanto fossero squallidi.
Non vedeva l'ora di uscire da quel posto, proprio non faceva per lui.
Attraversò l'ultima porta elettronica, fino a trovarsi all'interno di una stanza ovale, poco più stretta, e circondata di altri espositori che mettevano in mostra androidi maschili dai copri asciutti e scolpiti, indossanti solo un paio di mutande strette.
Il tenente iniziò a sentirsi fortemente in imbarazzo, mentre si guardava intorno con finta distrazione sperando di trovare ciò che cercava; tuttavia, non ci volle molto tempo affinché realizzasse che Connor non era lì. 
In quel momento non seppe dire se ne fosse triste o felice; stava sperando con tutto sé stesso di ritrovare quell'androide ovunque si trovasse, ma il solo pensiero che potesse essere stato reso schiavo in un posto del genere lo faceva a dir poco rabbrividire.
Proprio quando stava per arrendersi e tornare da dove era venuto, però, il suo sguardo fu catturato da una capsula vuota all altro lato della stanza, sulla quale era stato appeso un cartellino giallo di plastica ove era stampata la scritta "novità " a caratteri cubitali.
Forse in quel momento nella sua mente si accese una lampadina, ed il suo cuore mancòun colpo. Poteva forse trattarsi di lui?
  -Ha bisogno di aiuto, signore?-.
Hank si voltò di colpo, trovandosi dietro uno degli andoidi addetti all'assistenza clienti.
  -Ehm.. Sì- rispose lui, impacciato -Vorrei un... Vorrei noleggiare un...-. Si interruppe, portò una mano alla fronte e fece un lungo sospiro, imbarazzato a morte. -Vorrei noleggiare uno di questi-.
  -Abbiamo una vasta gamma di andodidi maschi pronti a soddisfare ogni sua esigenza- rispose l'altro- Mi dica, quali sono i suoi gusti?-.
L'uomo deglutì nervosamente e distolse lo sguardo; doveva dare una descrizione di Connor, se voleva avere la vaga possibilità di trovarlo.
  - Lo vorrei.... Lo vorrei giovane- balbettò -Non so sui... venticinque... ventotto anni... E lo vorrei moro, capelli corti-.
  - Abbiamo esattamente quello che fa per lei- lo interruppe l'androide -Un nuovo modello unico che da non molto tempo è stato introdotto nel club-.
Udendo quelle parole, Hank quasi si sentì mancare. Non poteva credere di averlo trovato davvero.
  -Tuttavia è stato noleggiato circa dieci minuti fa- aggiunse il commesso -Quindi se ha pazienza di aspettare potrà noleggiarlo a sua volta tra venti minuti... Altrimenti può optare per un altro modello-.
  - No no!- esclamò Hank impulsivamente -Va bene, aspetto-.
  - Può accomodarsi in uno dei divani. Il suo androide uscirà da uno degli stanzini e tornerà alla capsula, dopodiché potrà noleggiarlo. Non si preoccupi, tutti gli androidi vengono accuratamente igienizzati dopo ogni noleggio-.
  - Va..Va bene- farfugliò l'uomo, con il volto in fiamme ed il cuore accelerato, un pò per l'imbarazzo ma soprattutto per l'entusiasmo di essere riuscito, forse, in quella folle impresa.
Si mise goffamente a sedere su una delle poltrone in pelle rossa, ed avvolse le mani attorno al viso, travolto da un'improvvisa sensazione di profonda disperazione.
Sollevò lentamente lo sguardo, stordito dalla musica incessante che risuonava nella stanza e confuso dalle luci lampeggianti che gli rendevano quasi impossibile concentrare lo sguardo. Osservò con aria persa la fila di porte chiuse davanti a sé, ognuna delle quali presentava un ologramma sul quale appariva la scritta "occupato" in rosso intenso, unita ad un simbolo di divieto d'accesso.  Restò in silenzio ad osservare quegli ologrammi, e non riuscì ad imporsi di non pensare che Connor in quel momento poteva essere oltre ad una di quelle porte, costretto a chissà quali atti osceni.
Gli venne la pelle d'oca non appena il suo cervello elaborò quell'agghiacciante pensiero, ed istintivamente strinse entrambi i pugni afferrando un lembo dei suoi pantaloni e digrignando i denti.
Venti minuti, pensò. Solo venti minuti, ed avrebbe saputo se quel viaggio era stato inutile oppure no.
Quell'attesa fu, probabilmente, una delle più lunghe della sua vita. Con la testa sorretta dalle mani e lo sguardo vuoto, l'uomo restò tutto il tempo immobile a fissare il pavimento, mentre un gran numero di persone gli passavano davanti per avvicinarsi alle capsule degli androidi. 
In quella stanza entravano clienti di tutti i tipi: giovani ragazze, donne di una certa età, omosessuali, vecchi bavosi e perfino uomini di un certo ceto sociale, ben vestiti e molto curati. Certo, molti di loro erano visibilmente persone poco raccomandabili, falliti, drogati, o pervertiti; ma Hank fu sorpreso di notare come all'interno dei Sex Club si potessero incontrare anche individui apparentemente muniti di un certo spessore.
Pareva che in quel posto tutti avessero qualcosa da nascondere, inclusi quelli che si spacciavano per buoni padri di famiglia. Come potevano tornare a casa, baciare la propria moglie ed accarezzare la testa del proprio figlio dopo essersi divertito con un andodide? Dello stesso sesso, per l'appunto.
Hank sollevò la testa di scatto quando sentì una delle porte aprirsi. Il suo sguardo cercò disperatamente il profilo di Connor, ma vide uscire soltanto un uomo visibilmente in sovrappeso, con i capelli spettinati ed unti, ed una maglietta sudicia a coprirgli il torso. Ebbe l'istinto di arricciare le labbra per il disgusto, ma proprio mentre lo faceva notificò la presenza di una seconda figura che abbandonava la stessa stanza.
Si sentì scoppiare di gioia... Era Connor!
Il momentaneo entusiasmo che si accese come una fiamma dentro di lui, tuttavia, non poté che scemare negli istanti che seguirono la sua apparizione.
L'androide, completamente nudo fatta eccezione per un paio di mutande riportanti il simbolo dall'Eden Club, si dirigeva a passo lento in direzione della sua capsula, con uno sguardo totalmente impassibile. I suoi occhi erano vuoti e privi di emozioni, esattamente come ci si aspetta da una macchina.
  - Connor!- gridò Hank impulsivamente, saltando in piedi.
L'altro tuttavia non accennò a fermarsi, e non si degnò neanche di voltarsi in sua direzione. Pareva non averlo neanche sentito.
  -Connor!- ripetè l'uomo, disperato -Sono... sono io, Hank- balbettò.
Il robot entrò all'intero della sua capsula, e quest'ultima si chiuse istantaneamente attivando la procedura di igienizzazione. Una nuvola di vapore si espanse all'intero della piccola cabina, fino a svanire nel momento in cui nel monitor apparve la scritta "disponibile al noleggio".
Hank ebbe l'impressione che le sue ginocchia non fossero più in grado di reggere il suo peso. Non poteva credere che non lo avesse riconosciuto, che cosa gli avevano fatto?
Per un attimo nella sua mente apparve l'idea che forse non si trattasse del vero Connor, ma di un'altra macchina dello stesso modello. Era piuttosto improbabile trattandosi di un sofisticato prototipo della Cyberlife, ma comunque non avrebbe potuto escludere del tutto quella possibilità.
Con sgomento si avvicinò alla capsula ed avvicinò il volto al vetro cilindrico, osservando il robot fermo in posizione eretta. Emise un lento e tremante sospiro, mentre puntava il suo sguardo in quello della macchina. Vide che quegli occhi erano spenti, inconsapevoli; ma allo stesso tempo li riconobbe.
Era lui, doveva essere lui per forza.
Un fulmine di rabbia scosse il suo corpo, ed i suoi pugni si strinsero fino a conficcare le unghie nella carne.
Doveva portarlo via da quel posto maledetto, e doveva farlo subito.
  - Andrà... Tutto bene, Connor- farfugliò. Allungò timidamente una mano e poggiò il palmo sul pannello di riconoscimento.  Una voce robotica provenne dalla piccola cassa posta sulla porta.
"Per trenta minuti sono 29 dollari e 99. Prego effettuare pagamento"
Hank infilò nello sportello automatico 59 euro e 98 centesimi, potendo così noleggiare l'androide per una intera ora .
"Pagamento accettato".
La capsula si aprì con un rumore metallico, appena un secondo dopo.
  - Ottima scelta signore- disse una voce dietro di lui. L'uomo si voltò, e riconobbe lo stesso robot che lo aveva accolto al suo ingresso in quella stanza.
  - Il modello da lei scelto è di certo il migliore che abbiamo. Il preferito della maggior parte dei nostri clienti-.
La rabbia repressa del tenente, in quel momento, esplose. -Fammi un favore lattina, vattene a fanculo!-. Assestò uno spintone all'androide, il quale arretrò restando completamente impassibile.
  -Le auguro una piacevole esperienza-.
Hank gli lanciò un'occhiataccia, e ancora prima che potesse tornare a voltarsi in direzione di Connor sentì che la sua mano veniva afferrata dallo stesso.
  -Vieni tesoro, ti accompagno nella tua stanza- esclamò, con un tono di voce sensuale che neppure sembrava il suo.
L'uomo rabbrividì e ritrasse la mano, con gli occhi spalancati ed un'espressione disgustata dipinta sul volto. - Cosa...No! Connor, che diamine, sono io! Hank!-.
Ma l'altro, completamente impassibile, rimase fermo con la mano tesa. -Devo accompagnarti in stanza- ripetè.
Il tenente lo guardò senza parole per una breve manciata di secondi; pareva essere stato completamente riprogrammato, non pareva avere alcun ricordo del suo passato e sembrava che la sua mente fosse come congelata, limitata alla sola esecuzione delle azioni basilari necessarie a svolgere quell'ignobile compito.
  - Connor...- farfugliò, con un filo di voce -Cosa ti hanno fatto...-.
Senza esitare ulteriormente, afferrò l'androide per una spalla ed iniziò a tirarlo con violenza. - La porta di servizio, ricordi? Usciamo da lì, seguimi-. Continuava a parlargli seppur avesse già intuito che era inutile, mentre lo costringeva a camminare assestando anche qualche spintone.
  - Ti prego... Muoviti!-.
L'androide pareva non capire cosa stesse accadendo, come se le limitazioni imposte al suo sistema non gli permettessero di concepire qualcosa che andava minimamente oltre il solito protocollo d'azione. -Devo accompagnarti nella tua stanza- continuava a ripetere.
A furia di spintoni, Hank riuscì a condurre l'androide fino alla porta di servizio, trovando fortunatamente sulla sua strada solo qualche cliente del club che si guardò bene dal farsi gli affari propri.
Il tenente spinse Connor fino a dietro la porta, che richiuse con attenzione; per poi ritrovarsi all'interno di un magazzino molto simile a quello dove, mesi prima, loro due avevano rintracciato le sue Tracy devianti. Sperava che la vista di quel posto avrebbe in qualche modo sbloccato la coscienza di Connor, ma si accorse subito che si sbagliava; il robot, infatti, continuava ancora a ripetere la stessa frase cercando di afferrargli la mano, agendo in modo totalmente meccanico.
  - Ti porto via da quì...- farfugliò l'uomo, appiattendo le sopracciglia. -Andrà tutto bene-.
Sollevò le mani e si sfilò di dosso la giacca, con l'intenzione di metterla sulle spalle dell'androide in modo da poterlo portare all'esterno del club senza dare troppo nell'occhio; tuttavia, non appena si sfilò il capo d'abbigliamento, nel robot scattò qualcosa.
Portò le mani avanti e sorrise in modo provocante. -Lascia che ti aiuti a spogliarti- esclamò. 
Hank rabbrividì e si ritrasse. - Ma che cazzo fai, Connor!- grugnì. Allungò goffamente il braccio e gli porse la giacca. -Mettiti questa addosso... Dai, sbrigati-.
L'androide parve confuso, ma questa volta eseguì l'ordine senza fare domande; si mise la giacca sulla schiena ed infilò entrambe le braccia, chiudendo poi la cerniera sul torso nudo.
  -Okay- farfugliò l'uomo tornando ad afferrarlo per una spalla, adesso facilitato dalla presenza di almeno un abito -Andiamo alla macchina-.

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