Utopìa (Pt. 1)

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 NOTA: One shot ispirata ad un sogno di CrowNest
Quindi se vi sembra troppo strano, ecco il perché. 😝

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- Non... Tirare le orecchie al cane-. 

Era una splendida giornata di agosto, il sole si mostrava in alto a coronare un cielo privo di nuvole, e l'aria era calda ed afosa. 

Connor, nel giardino retrostante la casa di Hank, era intento a prendersi cura degli ultimi bambini rimasti per quella giornata, che a breve sarebbero stati recuperati dalle rispettive madri. Ne reggeva uno in braccio, Daniel, un ragazzino di otto anni decisamente iperattivo; ed un lo teneva per mano, Johnny, decisamente di età inferiore. E mentre quest'ultimo si lasciava aiutare a reggersi in piedi affidandosi al forte braccio dell'androide, l'altro continuava a doldolarsi ancorato al suo petto mentre giocherellava con il colletto della sua camicia. 

Altri due bambini, un maschio ed una femmina di sei e sette anni, stavano giocando con Sumo cavalcandolo come fosse un docile destriero; la bestia, tuttavia, se ne stava pigramente sdraiata sul prato del tutto incurante di ciò che gli accadeva intorno. 

Connor si prendeva cura dei bambini tutti i giorni; era l'incaricato ufficiale per quel compito. Farlo gli piaceva, seppur non fosse di certo uno dei compiti previsti dalla sua originaria programmazione; tutti quei piccoli tornadi tenevano la sua mente occupata e lo facevano sentire in qualche modo in pace con sé stesso. 

Li adorava, non poteva negarlo. Ed in risposta a questo tutti quanti i bambini adoravano lui. Certo, nessuno dei piccoli ospiti era a conoscenza del fatto che fosse un androide; si badava bene dal nascondere sempre il suo led, indossando un cappellino. 

Erano le cinque e mezza della sera quando l'ultimo bambino lo salutò con un bacio appiccicoso sulla guancia e salì sull'auto della madre; l'androide lo salutò agitando la mano, e non appena fu rimasto solo emise un sospiro. 

La giornata era finta. Percorse il vialetto ed entrò in casa, lasciando passare anche il cane che andò di corsa a sistemarsi sul tappeto della sala. 

Hank, con le mani intrecciate sul petto ed un mezzo sorriso sulle labbra, lo aspettava con la schiena appoggiata al muro. -Giornata faticosa?- chiese. 

  - Non molto..- rispose Connor, richiudendo la porta dietro alle sue spalle. -Al solito-. 

L'ex tenente annuì. -Quando ho lasciato il distintivo non mi immagiavo che avrei aperto un asilo- ridacchiò - Non è certo il mio campo... Ma con il tuo aiuto le cose stanno andando bene, devo dire-. Allargò un ampio sorriso, che fu corrisposto con uno più timido da parte dell'androide.  

  -Te l'ho detto, per me è un piacere- rispose. Si astenne dal dire che probabilmente, in effetti, quell'impiego era diventato la cosa principale alla quale si afferrava per andare avanti più serenamente possibile. Con un software progettato per compiere missioni, per lui non era cosa concepibile non avere niente da fare; ecco perché era stato così entusiasta quando Hank aveva deciso di affidare a lui buona parte del lavoro con i bambini. 

  -Io vado a stendermi un pò... Non fare casino, okay?- borbottò Hank, passando una mano tra i capelli grigi e disordinati.  Si allontanò lungo il corridoio emettendo un rumoroso sbadiglio, sotto lo sguardo attento del robot che lo seguì in ogni suo movimento finché non fu sparito dietro alla porta della sua stanza. 

Detroit Became Human - RaccoltaWhere stories live. Discover now