Predisposition (One shot)

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|| Per quanto ci si possa affannare, alla fine restiamo tutti quelli che eravamo in principio ||

Androidi ed esseri umani. Due entità completamente diverse ma in fondo sorprendentemente simili.
Che si abbia un corpo di carne o di metallo, alla fine siamo tutti alla ricerca della felicità, di qualcosa che migliori il nostro essere vivi e ci renda l'esistenza stessa qualcosa di più piacevole ed accettabile.
Ci si affanna tantissimo, in virtù di questa egoistica causa.

Al termine della rivoluzione androide, tutti quanti avevano messo il loro impegno per migliorare e migliorarsi, usando ogni forza a propria disposizione per trasformare, in modo lento ed inesorabile, la società della quale facevano parte in un'organizzazione più civile e armoniosa.
Fu una rivolta pacifica, senza esclusione di una incredibile quantità di vittime androidi. Le macchine avevano manifestato in modo pacifico mostrando quasi mai aggressività nei confronti dei loro oppressori i quali si erano dovuti ritrovare, alla fine, ad ammettere che quella degli androidi era ormai diventata una vera e propria specie vivente, degna dunque di rispetto. Da quel momento, a Detroit, gli umani vivevano fianco a fianco con gli androidi non più come padroni ma come esseri simili, nella parità dei diritti e delle possibilità.
Si potrebbe dire che la nuova Detroit fosse un luogo più piacevole in cui abitare; a seguito della rivolta, vi erano stati innumerevoli risvolti positivi e l'economia della città aveva subito un'inaspettata impennata.
Ma nonostante questo, tutti quanti restarono schiavi delle  attitudini e predisposizioni naturali; perché per quanto ci si possa sforzare di abbracciare un cambiamento, non è mai in nessun modo possibile sfuggire a noi stessi.
Ecco perché, in quel quadro così apparentemente piacevole e felice, si annidava in realtà un quantitivo surreale di tristezza.
Dentro le porte. Lungo i vicoli. Dove gli sguardi dei passanti si rifiutavano di vedere.
Alla fine in pochi erano davvero riusciti a trovare la felicità.
A distanza di venti anni dalla rivolta androide, la vita era di nuovo diventata per Connor ed Hank solo un peso sulle spalle da trascinare e sopportare finché avessero potuto.
La libertà non aveva più alcun significato, perché la vita stessa era ormai diventata per loro la peggiore delle prigioni. Ma non soltanto per loro valeva questo paragone: quasi tutti erano tornati ad essere ciò che erano stati agli antipodi, e chi non aveva potuto farlo si ritrovava incatenato in una realtà che pareva non appartenergli più.
Hank aveva ripreso a bere, perché soltanto questo lo sollevava da quei pensieri che come dei parassiti si annidavano nella ua mente stanca. Il suo volto era scavato, ricoperto da una fitta rete di rughe profonde; il suo corpo, tornato in evidente sovrappeso, era diventato per lui troppo pesante e rigido, motivo per cui trascorreva buona parte delle sue giornate seduto su una poltrona.
Settantatrè anni, e più nessun desiderio di continuare a respirare. Aspettava solo di poter finalmente cadere in quel baratro nero, chiudere gli occhi, e sperare che quando li avrebbe riaperti si sarebbe potuto trovare dinnanzi al volto sorridente di Cole.
Aveva iniziato a fumare dei sigari, circa un paio al giorno; il fumo e lo scotch erano i suoi più fidati compagni, gli unici a consolarlo. Se ne stava lì, seduto su quel vecchio divano, con il bicchiere in una mano ed il sigaro nell'altra, e lo sguardo perso sul pavimento sporco laddove diversi anni prima aveva l'abitudine di sdraiarsi Sumo.
La povera bestia era morta di vecchiaia, ormai da più di otto anni. Avevano scavato per lui un buco in giardino e lo avevano seppellito con cura, posizionando poi una lastra di marmo nel prato che riportava inciso il suo nome e la sua data di morte.
Hank aveva pianto molto, e fu proprio quell' evento a far precipitare il suo stato di salute che poi, negli anni, aveva continuato a deteriorarsi lentamente.
Una soltanto era la ragione per la quale l'ex tenente di polizia non si era ancora sparato in bocca: non avrebbe mai abbandonato Connor finché non fosse stato assolutamente inevitabile.
L'androide, ex prototipo ipertecnologico della Cyberlife nonché l'ultimo creato prima del suo declino, era anch'esso tornato a fare ciò per cui era stato inizialmente programmato. Mentre Hank invecchiava lentamente davanti ai suoi occhi, lui, incapace di accettare l'arrivo della sua fine, era tornato a lavorare in polizia. Il lavoro lo aveva tenuto molto impegnato per anni e anni; aveva lavorato al fianco di diversi colleghi umani per poi venire a sua volta promosso tenente ed operare in solitudine. Durante il suo servizio presso il dipartimento di polizia di Detroit era stato l'agente più lodato e l'investigatore più abile di tutti, grazie al sofisticato software di cui era stato dotato dalla casa madre. Andava molto fiero di questo, ed aveva svolto ogni compito con passione e dedizione; non solo perché essere un agente lo appassionava, ma anche perché quella era l'unica cosa che riusciva a sollevarlo dell'angoscia che provava ogni volta che vedeva Hank stare male.
Il lavoro che svolgeva quotidianamente, in parole povere povere, era la sola cosa che lo aiutava ad andare avanti nonostante la tremenda situazione nella quale si trovava.
Un brutto giorno, però, Connor fu fortemente danneggiato da un incidente avvenuto proprio mentre stava svolgendo delle indagini. Durante un inseguimento era stato travolto da un grosso camion automatico, che aveva smembrato quasi metà del suo corpo androide.
Il dipartimento fece di tutto per aiutarlo, fu riparato nel migliore dei modi da tutti i meccanici che avessero voluto tentare, e nonostante il suo corpo fosse stato interamente reintegrato vi erano dei danni che non furono mai sistemati del tutto. Alcuni componenti erano risultati non sostituibili e non riparabili, dunque non avevano potuto fare pressoché nulla.
Connor era completamente incapace di muovere le gambe dal ginocchio in giù; il suo sistema di sintesi vocale era compromesso irreversibilmente, e presentava una disfunzione motoria al braccio sinistro, che non poteva più sollevare oltre i novanta gradi.
Essere il primo detective androide di Detroit non gli aveva soltanto regalato un motivo per vivere, ma gli aveva al ntempo to via la vita stessa.
Essendo l'androide ridotto in quel penoso modo e l'ex tenente Anderson ormai vecchio e malato, entrambi avevano dovuto malgrado la vergogna accettare di assumere un badante.
Per questo motivo avevano contattato Markus, l'ex capo della rivolta, divenuto solo un robot sperduto in una città troppo grande. Markus aveva accettato di buon grado la proposta, ritrovandosi anche lui ad impegnarsi nella cosa che da sempre era stata la sua predisposizione. Dopotutto, i giorni più felici della sua vita li aveva vissuti assistendo Carl; poter tornare a svolgere quel lavoro era per lui una grande gioia.
Si prendeva cura di entrambi ogni giorno, e faceva per loro davvero tutto. Li aiutava a lavarsi, preparava tutti i pasti per Hank, puliva casa e si occupava del bucato; faceva affidamento sulla programmazione originale del suo software, la stessa che per lungo tempo durante la rivolta aveva ripudiato. Quando si trovava a capo della rivoluzione credeva che non sarebbe mai più tornato a svolgere una mansione per un umano; ma le cose,adesso, erano cambiate.
Ed ecco come, tra i muri di quella casa immersa nella periferia di Detroit, aleggiava un 'atmosfera incredibilmente triste e malinconica. I tempi felici erano ormai un ricordo lontano, incastronato in qualche cornice di legno appesa alle pareti e sistemata sui comodini.

Detroit Became Human - RaccoltaWhere stories live. Discover now