12: the fault in our Nowak

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Si era ritrovata inquietata a rendersi conto che il giorno prima era stato molto facile per lei dimenticarsi la posizione di quella ragazza, addirittura collaborare con lei nel nascondere un crimine. Certo, in quel momento era paralizzata dall'orrore di aver quasi subito una violenza... ma davvero di violenza si poteva parlare? Tornando a casa, singhiozzando e rabbrividendo, sempre sull'orlo di un attacco di panico, si era chiesta se davvero avrebbe potuto considerarla tale. In fondo Aidan aveva solo preso ad accarezzarla, a farle complimenti... erano complimenti, no? E quel coltello che le aveva puntato in faccia e che era stato poi sapientemente nascosto assieme allo stesso cadavere... era stato solo il risultato dell'irritazione generata dal comportamento invasivo e benpensante di Nowak. Non c'era altra spiegazione, Aidan non le avrebbe mai fatto del male. Non volontariamente, per lo meno.

Lisa percepì una nuova colica in arrivo, una pericolosa avvisaglia presentata da un crampo all'intestino.

Avrebbe potuto cambiarlo. Sì. Se Mintha non fosse intervenuta, le sue lacrime l'avrebbero indotto a capire che lei non era una cagnetta come le altre, che era portatrice del vero amore e che lui, quindi, avrebbe dovuto abbandonare i suoi soliti modi rudi che probabilmente utilizzava con tutte le altre, perché Lisa era speciale e da persona speciale andava trattata. Continuava a ripetersi questa specie di filastrocca, mentre grandi nubi nere si addensavano sopra la figura della persona che per una manciata di ore, la notte prima, aveva considerato come sua salvatrice. Era tutta colpa di Mintha. Mintha, che si era immischiata in una situazione che avrebbe benissimo potuto trattare da sola e aveva fatto un disastro. Sì! Mintha avrebbe dovuto pagare per i suoi errori, non lei. Lisa non avrebbe mai usato la violenza, era una prerogativa dei fanatici come quella femminista pazza.

Si strinse lentamente le mani attorno alla pancia, piegandosi lentamente in avanti e socchiudendo gli occhi, mentre la voce di Ashley le entrava nella testa e rimbombava dolorosamente nel momento in cui rimproverava qualcuna delle altre cheerleader.

Avrebbe dovuto andare dalla polizia? Denunciare Mintha prima che succedesse altro? Avrebbe dovuto spiegare per filo e per segno ciò che era successo: la matta si era avventata sul ragazzo e l'aveva ucciso. Era ovvio che trovassero i suoi capelli e la sua pelle sotto le unghie di Aidan: le stava toccando e, semplicemente, Nowak aveva rovinato tutto.

"Tutto. Tutto quanto" sibilò tra sé, mentre la colica le ingiungeva di alzarsi e di correre al bagno, ma Lisa si rifiutava in tutti i modi, perché avrebbe significato entrare nella toilette a fianco a quella in cui riposava la carcassa di Aidan. Rabbrividì pensando a come il suo corpo avrebbe iniziato a marcire in brevissimo tempo, dati i funghi e l'umidità che albergavano pacificamente in quello spogliatoio. Serrò i glutei e tentò di stirare l'addome, nel tentativo di ridurre al minimo il dolore e così facendo il suo viso si storse in una smorfia sofferente, mentre la sua fronte si imperlava di sudore e tutto il corpo era preda di brividi freddi.

"Stai proprio male oggi".

La voce di Ashley ebbe l'effetto di un petardo scoppiato a pochi centimetri dalle sue orecchie. Lisa si raddrizzò di scatto, scossa da formicolii, e incrociò il suo sguardo. Ashley aveva le sopracciglia alzate e la fissava stranita, come se non l'avesse mai vista così.

"Sì" bisbigliò Lisa, rendendosi conto che i crampi al ventre iniziavano anche a provocarle un senso di nausea, sempre più forte, che le rendeva la bocca amara. "Mi sento malissimo".

Solo a quel punto si rese conto di non essersi nemmeno accorta della fine degli allenamenti. Le altre cheerleader erano già sparite oltre la porta dello spogliatoio e Lisa contenne a fatica il sibilo acuto che le sarebbe sfuggito dalle labbra se solo avesse lasciato il panico montare nel suo petto. Si aspettava che da un momento all'altro una di loro cacciasse un urlo dopo aver aperto per sbaglio la porta del bagno sbagliata. Avrebbe voluto non trovarsi lì.

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