26: effetti collaterali delle chiamate perse

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La testa di Mint era vuota, vuota come una steppa d'erba secca a perdita d'occhio. Le parole della professoressa Reed, una melodiosa fanfara di vocali e consonanti che si associavano per spiegare limiti e funzioni, si perdevano nel vento a briglia sciolta che soffiava tra le graminacee del suo cervello. Non vedeva la lavagna, né il corpo energico della donna che tanto ammirava, impegnata a disegnare arabeschi incomprensibili con un moncherino di gessetto bianco.

Era l'ultima ora della giornata di un venerdì: normalmente avrebbe tirato un profondo sospiro di sollievo, immaginandosi un fine settimana all'insegna del dolce far niente, con tutta la casa a sua disposizione: suo padre sarebbe partito con Shannah alla volta del Maine. Era successo qualcosa di grosso a Portland, qualcosa che probabilmente riguardava il traffico di bambini. Sapeva che Bolek, il suo orso dal cuore d'oro, si sarebbe fatto a piedi quelle seicento miglia se solo fosse stato necessario per proteggere un gruppetto di marmocchi terrorizzati e traumatizzati. Invece, nessuna pace, nessuna nuova serie TV e nessun piatto di zuppa di barbabietola riscaldata l'avrebbe attesa a casa propria. Al loro posto, solo il viso lentigginoso e il sorriso sbrecciato di Lyuba.

Sapeva di non avere altra scelta. La clessidra si stava svuotando molto più velocemente di quanto avesse sperato. Non aveva altre opzioni.

Mentre tornava in classe dopo aver tentato inutilmente di convincere Lisa a collaborare, Mintha si era quasi scontrata con i poliziotti che erano arrivati a scuola quella mattina.

Qualcosa dentro di lei aveva capito immediatamente cosa stesse accadendo, ma non era ancora riuscita a domare ed elaborare quel pensiero istintivo. Sapeva solo che le facce dei due energumeni in uniforme, che si accompagnavano a un personaggio in camicia color borgogna macchiata di sudore e la faccia occupata da due acquosi occhi venati di sangue e una bocca che disegnava una parentesi tonda verso il suolo, non le avevano ispirato nulla di buono. Non le era piaciuto lo sguardo che uno dei due poliziotti, alto quasi come lei, le aveva lanciato. Il giorno prima aveva avuto paura del fratello biondo di Lyuba, ma non era niente al confronto della malevolenza nello sguardo di quell'agente. Quell'occhiata tremenda le aveva pizzicato la nuca, mentre si allontanava dal gruppetto mal assortito. Era stato difficile scollarsela di dosso durante tutto il pomeriggio.

Il vento soffiava e trascinava con sé ogni cosa: pensieri, paure, speranze. Cosa stava facendo la polizia a scuola? Con chi stava parlando? Ancora non si capacitava che nessuno avesse avuto la buona idea di forzare la porta del bagno fuori uso nello spogliatoio delle cheerleader. L'ultima volta che ci era stata aveva pulito sommariamente il disgustoso liquido che aveva formato una macchia verdastra e vomitevole sul pavimento, per evitare che il suo lento stillicidio superasse la porta del cubiculo.

Quel pensiero fece cambiare colore al suo incarnato. Mint sentì che il suo viso perdeva colore e un forte bisogno di vomitare si fece strada nei suoi pensieri. L'odore di morte era indimenticabile, condizionava ogni suo pasto impedendole di avere fame. Anche in quel momento, in un'aula ben lontana dallo spogliatoio femminile, dove gli unici odori forti erano quelli della polvere e del sudore carico di ormoni adolescenziali, sentiva che l'olezzo di Aidan le sfiorava le narici.

La campanella suonò e Mint reagì così bruscamente che il quaderno e l'astuccio diedero un balzo quando le sue ginocchia colpirono il banco da sotto. I suoi compagni, Vic compreso, si girarono a guardarla con aria interrogativa. Anche la professoressa Reed, che stava spiegando gli esercizi per la settimana successiva, alzò il viso e la fissò. Mintha abbassò lo sguardo e si allungò a raccogliere velocemente le sue cose, senza dire nulla, rossa in viso. Le mani le tremavano terribilmente e ci mise più di qualche tentativo prima di riuscire a raccogliere tutte le penne e le matite cadute. Gettò tutto nello zaino e cercò di defilarsi con gli altri studenti in uscita dall'aula.

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