Fine settembre 1670 pt. 2

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Corradino – così il bimbo era chiamato all'interno della famiglia materna – mostrò subito di non gradire le norme rigide del protocollo di corte. Dal suo arrivo, avvenuto la mattina dello stesso giorno in cui era stato presentato all'intero palazzo nel salone delle udienze, non aveva fatto che piagnucolare, dando di sé l'impressione di essere un bambino molto viziato. Sua madre faceva di tutto per consolarlo, ma nulla sembrava avere effetto sull'animo disorientato e stranito del piccolo. Nemmeno l'appartamento privato riusciva a metterlo a proprio agio: da qui le continue richieste di essere riportato a casa, in campagna, da qui le preghiere e le invocazioni alla balia lontana, al fattore suo amico e a un bambino suo coetaneo e compagno di giochi. Antonio, che in un primo frangente aveva sopportato le lamentele, dopo un'ora e più passata nel salotto cominciava a dar segni di insofferenza.

«Il bambino è stanco per il viaggio – aveva brontolato il nonno materno di Corradino, un nobiluomo orgoglioso e all'antica di nome Gerolamo Albertini – Lasciatelo riposare qualche giorno e vedrete che si quieterà»

Ma Antonio, per sua natura, era impulsivo: così, all'ennesimo pianto del piccolo, si congedò in malo modo e lasciò l'appartamento, ritirandosi nel proprio a sfogare la frustrazione di un piano perfetto che si rivelava di difficile applicazione.

Il giorno dopo, 27 settembre, piombò nel salottino di Galatea senza farsi annunciare, scoprendola ancora in vestaglia da camera. Le profonde occhiaie scure denunciavano una notte insonne e la seggiola vuota al tavolino della colazione bastava a spiegarne la causa: Ferraris non era ancora tornato. Di lui non si sapeva dove fosse, poiché nessuno l'aveva più visto dopo il suo subitaneo apparire e scomparire nei corridoi: era come se, all'improvviso, il fidanzato della duchessina fosse divenuto invisibile. E Galatea non poteva non soffrire per la mancanza di notizie riguardo a lui, soprattutto visto il momento delicatissimo in cui lei per prima si trovava, e viste le complicazioni che avevano investito la corte con l'arrivo imprevisto del figlio del duca.

«Quel bambino mi porterà alla follia» sbottò Antonio, non appena gli venne domandato il motivo della sua brutta cera. La duchessina trasalì, mostrandosi sinceramente dispiaciuta: «Forse – suggerì – Il piccolo ha bisogno di tempo per abituarsi al nuovo ambiente. Parola mia, Vostra Grazia, chi è avvezzo alla libertà della campagna soffre rinchiuso tra le mura dorate di questo palazzo»

Parlava per esperienza e il duca capì di non poterla contraddire. Spostò quindi l'attenzione su un altro aspetto: «Se Corradino non si abituerà in fretta, potrebbe non abituarsi mai. E tutto il piano andrebbe in frantumi per quattro capricci»

«Ha solo tre anni...» sospirò lei, illanguidendo lo sguardo per impietosirlo. Antonio deglutì, messo alle strette, e replicò: «Ho aspettato tre anni per poterlo vedere, per poterlo abbracciare e per poter rivedere sua madre. Ora i suoi pianti mi faranno odiare la mia stessa famiglia, lo capite?»

Galatea, dalla poltroncina, annuì compassionevole e rispose: «Dite alla madre del bambino che sarà la benvenuta, se vorrà onorarmi della sua visita. Vorrei conoscerla e vorrei vedere meglio vostro figlio. La mia felicità sarebbe completa se, con loro, veniste anche voi»

Detto fatto, nel pomeriggio un paggio annunciò alla duchessina l'imminente arrivo del cognato, seguito dal signor Albertini, dalla figlia e dal nipotino. Galatea ordinò che venissero portati biscotti e bevande da offrire agli illustri ospiti e indossò rapidamente una fine camicia ricamata sotto la veste da camera arricchita di pizzo. Il salottino venne fornito delle seggiole necessarie, un tavolino basso fu apparecchiato con tutto l'occorrente, i vasi vuoti vennero colmati degli ultimi fiori disponibili.

Quando sentì scattare la serratura, Galatea fremette di emozione: non vedeva l'ora di scorgere il bambino sgambettare dentro, non vedeva l'ora di chiamarlo a sé per stringerlo e rincuorarlo, che il futuro non sarebbe stato così brutto come avrebbe potuto aspettarsi; che anche nella situazione peggiore ci sarebbe sempre stato un aspetto positivo; che anche nelle difficoltà sarebbe stato possibile trovare una speranza cui aggrapparsi. Il cuore le batteva forte e le mani non riuscivano più a star ferme, tanta era l'eccitazione. Ma sfumò all'improvviso, non appena l'inconfondibile ghigno del principe Ferdinando fece capolino tra lo stipite e l'uscio. Galatea trattenne il respiro, irrigidendosi tutta.

Figlia di mercanteTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon