Agosto 1669 pt. 3

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Affacciandosi alla camera del duca, Galatea cercò di passare inosservata. Nel breve tempo del suo dialogo con la Morte, molti curiosi si erano ammassati alle soglie dell'appartamento, ma i più venivano trattenuti all'esterno per espresso ordine del principe Antonio. Galatea era stata fatta entrare nel salotto e di lì si era avviata alla camera, ma i membri della famiglia reale e i cortigiani dediti al servizio di Sua Grazia bastavano a riempire tutto lo spazio disponibile.

Ci volle qualche minuto prima che si accorgessero di lei, figura silenziosa nel pianto, seminascosta dietro lo stipite di marmo. Ottavio era al capezzale del letto, inginocchiato in preghiera. Il suo viso aveva assunto le pieghe della disperazione; i suoi occhi non erano più gonfi di sonno, ma di lacrime. Galatea rimase a guardarlo per un po' e solo dopo trovò il coraggio di volgersi al piccolo cadavere. Sembrava dormisse sotto il leggero velo del lenzuolo ricamato; sua madre, con tocco delicato, come se avesse paura di fargli male, gli lisciava la frangia bionda sulla fronte. I movimenti erano regolari, scanditi da un ritmo interiore. Mentre tutti si lamentavano più o meno sommessamente, la giovane madre guardava inespressiva il suo bambino, lo fissava seppellendo l'angoscia sotto un aspetto apparentemente inebetito. Era pallida come se a morire fosse stata lei, o come se fosse sul punto di morire nella speranza di ridare la vita al figlioletto che abbandonava teneramente la testa tra i cuscini.

Antonio si mordeva un dito in un angolo, contemplando la scena struggente del compianto. Suo zio Ferdinando si era fatto spazio per raggiungerlo e gli teneva compagnia con gli angoli della bocca in giù, la mandibola serrata e il pizzetto che di tanto in tanto sussultava nei singhiozzi trattenuti.

Fu allora che la videro: le aprirono un varco per avvicinarsi al letto, ma lei esitò. Solo dopo due profondi respiri si risolvette a muoversi e camminò lenta lenta fino alla pediera, poggiandovi una mano come a cercare sostegno. Guardò il volto del duca: bello, tondo e paffuto come quello di tutti i bambini della sua età. Le sopracciglia rilassate gli davano l'aria di un bimbo che sogna, ma che sogna durante il sonno della febbre. Forse era andata proprio così: la febbre era alta, il suo corpo debole. Si era abbandonato alla stanchezza, aveva chiuso gli occhi e aveva sognato. Poi era arrivata la Morte e il sogno aveva accompagnato la sua anima nell'ultimo viaggio, cullandolo dolcemente.

Un singhiozzo più forte e Galatea si coprì la bocca con la mano. Pensò a Francesco e a Teodora che erano i suoi bambini da proteggere, e ringraziò in uno slancio egoista che a loro non fosse toccata quella sorte orribile. Ringraziò di non aver visto la propria madre seppellire uno dei suoi figli; ringraziò di non aver visto ancora morire nessuno della propria famiglia d'origine.

Quando si sentì in forze guardò Ottavio: da quella prospettiva il suo volto le sembrava di pietra, come le era sembrato davanti al vecchio padre moribondo. I suoi occhi erano fissi e vuoti, le sue mani giunte erano immobili. Ma non vide solo questo, guardandolo: vide il mostro accanirsi su di lui, digrignare i denti grondanti di sangue e strappargli la vita tra mille sofferenze. E lei sarebbe stata lì, avrebbe assistito inerme a tutto questo. E le sarebbe toccata solo la pazzia a quel punto.

Ottavio si sollevò dal suo posto e le tese la mano per farla avvicinare a sé. Galatea nemmeno si accorse di accondiscendere al suo invito. Si trovò tra le sue braccia, con la fronte contro la sua spalla, con il proprio petto ansimante contro il suo, calmo come mai prima. Le accarezzava la schiena, delicato, ma con un fare rassegnato che Galatea percepì chiaramente.

«Dov'è il senso?» bisbigliò.

«Non c'è»

*

Più lo guardava, più le immagini violente della sua fantasia si abbattevano su di lui. Era vivo, respirava, piangeva, ma lei lo vedeva agonizzante nel letto, la gola chiusa dal veleno, i muscoli straziati, e quella bestia sopra di lui pronta a squarciargli il petto per trarne l'ultima linfa e separarla definitivamente da quel corpo mortale.

Figlia di mercanteWhere stories live. Discover now