Maggio 1669

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La mattina presto del 3 maggio Galatea venne svegliata di soprassalto da una serva. Questa serva, una ragazzina molto giovane, era tanto emozionata dal messaggio che portava da doversi ripetere due volte: alla fine, però, fu chiaro che Sua Altezza il duchino Ottavio desiderava vederla con tutta fretta nella chiesa conventuale dei Frati Minori. Galatea, rabbrividendo, capì che era arrivato il momento temuto.

Si vestì con un abito nero, indossò un mantello leggero e calò il cappuccio sulla fronte, per non farsi riconoscere. Dopotutto, le prime ore del mattino erano ancora fredde in quel mese e non avrebbe destato sospetti. Uscì per le strade mescolandosi ai gruppi di servi che, concitatamente, organizzavano la giornata del castello e, una volta raggiunta la meta, che non distava molto dal palazzo, non esitò a sgattaiolare furtivamente all'interno della chiesa.

La chiesa era indorata dalla luce del sole nascente. All'altare, un frate aveva già cominciato ad officiare la funzione. Tra i nudi pilastri che sorreggevano il tetto di travi si affollava la gente dei dintorni.

Galatea si genuflesse e si guardò intorno con discrezione.

«Grazie di essere arrivata così velocemente» sussurrò il duchino. Galatea si voltò e si accorse subito che non indossava più l'umile tonaca nera, bensì un completo nero e di tela modesta. Sentì rumore di passi e, voltatasi, vide sopraggiungere Vincenzo Monteni, il marito della sua amica Bice ed evidentemente amico a propria volta del duchino, e un altro giovane che doveva essere un paggio, a giudicare dal vestiario. Sarebbero stati i loro testimoni.

«Sapete cos'è un matrimonio a sorpresa?» domandò il duchino.

Galatea annuì serissima, sbiancando.

«All'elevazione» sussurrò ancora Ottavio. E Galatea annuì.

*

Il ciambellano batté il bastone sul pavimento del salone e scandì ad alta voce: «Le loro Altezze il duchino Ottavio e sua moglie»

Nel salone non ci fu persona che non si voltò verso la grande porta d'ingresso. Ai loro occhi si presentò il duchino, vestito come un laico, per mano con l'unica delle damigelle della duchessina sua sorella rimasta nubile. Per un primo, lunghissimo istante, nessuno batté ciglio né spiccicò parola. E in questo frangente di sorpresa Ottavio si fece avanti, accompagnato da Galatea rossa in viso.

Non fecero in tempo ad arrivare al centro del salone: il duchino Antonio si riprese presto dalla sorpresa e scese fino a loro, fermando il fratello opponendosi alla sua avanzata.

«Che sorta di messinscena sarebbe questa?» domandò con voce insolitamente stridula. Galatea non era mai stata così vicina a due uomini della famiglia reale contemporaneamente; l'aspetto più ironico della circostanza, però, era il fatto che lei stessa, a quel punto, era parte della famiglia reale.

«Messinscena? Nessuna. Costei è mia moglie» dichiarò Ottavio, con una voce ferma che Galatea gli invidiò.

«Voi siete un consacrato!» ribatté Antonio, trattenendo un'ira furibonda.

«Non più, fratello: una dispensa del papa mi ha sciolto dai miei voti» rispose Ottavio.

Antonio avvampò in viso: «Il palazzo è immerso nel lutto e voi pensate a sposarvi? Dovreste almeno risparmiare alla nostra famiglia, e soprattutto a nostro padre, di soffrire a questa vista»

Ottavio, imperturbabile, sollevò leggermente le sopracciglia: «Ho ritenuto più opportuno bandire ogni indugio e sposarmi subito»

«Informerò nientemeno che Sua Santità il pontefice per questo vostro atto sconsiderato!» minacciò Antonio.

Figlia di mercanteWhere stories live. Discover now