Settembre 1669 pt. 4

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Quando si svegliò la mattina dopo, lui non c'era e questo bastò ad allarmarla. Chiamò Maria, le chiese se l'avesse visto e lei le rispose di no, che non si era nemmeno accorta del fatto che fosse uscito.

«Com'è possibile?!» esclamò con le mani tra i capelli. Ottavio doveva aver fatto del rumore, anche semplicemente per uscire: come aveva fatto a non svegliare né lei né Maria, che dormiva in una stanzetta comunicante con la loro camera?

Galatea non si preoccupò di vestirsi e si precipitò alla porta che dava sul corridoio. Si aggrappò alla maniglia, ma era bloccata.

«Maria! Maria, venite!» chiamò e la serva la raggiunse subito. Entrambe in camicia da notte, nella semioscurità del salottino che faceva da anticamera, cercarono di forzare la porta per uscire.

«E' chiusa a chiave, signora! - osservò Maria dopo un paio di tentativi - Vedete? Sua Altezza deve averci chiuso dentro»

Indicava la serratura dove fino alla sera prima era infilata la chiave d'ottone. Galatea sentì la gola secca, il respiro affannoso.

«L'hanno portato via!» gemette. Maria la sottrasse all'istinto di gettarsi contro la porta, conducendola a un divanetto, facendola stendere.

«Respirate, Vostra Altezza. Probabilmente vostro marito è uscito per una passeggiata...»

«No - negò scuotendo la testa - Non uscirebbe mai senza avvisare, non l'ha mai fatto!»

Mentre Maria si occupava di scostare le tende dell'unica finestra per illuminare l'ambiente, Galatea scattò in piedi e tornò di corsa nella propria camera, si appressò alla finestra e la aprì. L'aria la colpì al viso fresca e profumata di erba bagnata. Doveva aver piovigginato nella notte. Spalancò gli scuri e guardò di sotto, ma non vide nulla oltre alle distese dei boschi e dei campi, adagiati sulle colline come le pezze di una trapunta. Un panorama che le piaceva contemplare, ma che in quel frangente non fece che moltiplicare la sua irrequietezza. Poi, improvviso, uno sparo. E dopo il primo, a breve distanza, un altro sparo. La valle se ne riempì come una bolla e ributtò l'eco indietro, disperdendolo lungo i versanti più dolci. Galatea si aggrappò al davanzale e rimase in ascolto. I capelli volteggiavano giù dalle sue spalle, leggeri e soffici, ma sospesi come lo era lei. Pativa un freddo innaturale in ogni lembo di pelle, il respiro si era definitivamente fermato.

Rimbombò un terzo sparo, diverso dai precedenti; Galatea cominciò a tremare.

«Vostra Altezza, qualcuno bussa» disse Maria, e la sua voce parve venire da un altro mondo.

«Ottavio?» trasalì di speranza.

«No, signora, è una serva»

I brividi ripresero a correre lungo le sue braccia e lungo la schiena. Galatea camminava e le sembrava di nuotare, benché non avesse mai nuotato. Tutto si muoveva lentamente, la percezione della luce e dei suoni era ovattata. Era come se la sua testa, da sola, stesse fluttuando a mezz'aria.

«Cosa volete?» bisbigliò, la guancia premuta contro il legno.

«Sono venuta a prendervi...» rispose una voce giovane.

«Dov'è mio marito?» domandò senza preoccuparsi di quanto l'altra aveva detto.

All'inizio la serva non rispose. Galatea affondò le unghie nella carne tenera degli avambracci.

«A caccia» disse alla fine.

«A caccia?» ripeté, confusa.

«Sì, Vostra Altezza. È partito questa mattina, di buon'ora. Con il signor capitano e il commissario»

Figlia di mercanteWhere stories live. Discover now