Agosto 1670

979 77 6
                                    

Nonostante le proteste di Ferdinando, all'accertamento della gravidanza il duca Antonio prese una decisione molto ferma, ossia quella che la cognata non lasciasse il palazzo per nessuna ragione. Le assegnò un grande appartamento, così che potesse svagarsi in diverse attività senza l'assillo della folla di cortigiani che, dopo due mesi, ancora non si erano stancati di parlare di lei. Il rifugio sicuro delle camere private le avrebbe concesso la tranquillità necessaria allo sviluppo sano del bambino, mentre la vicinanza di persone familiari e degne di fiducia avrebbe lenito la solitudine, qualora avesse desiderato evitare i saloni. Antonio non lasciava passare giorno senza farle visita, trattenendosi anche più di un'ora a chiacchierare alla presenza di un modesto numero di dame da compagnia. Tra queste spiccava Bice, l'amica della giovinezza, ormai madre esperta e voce rassicurante quando un nuovo dubbio faceva capolino. Per la maggior parte del tempo, le due giovani ricamavano insieme, o passeggiavano a braccetto lungo il corridoio, guardando dalle ampie finestre il giardino nel pieno dell'estate: non dover più indossare lo scomodo corpetto e le gonne strette era l'aspetto preferito di Galatea, cui si aggiungeva la gioia di vedere la pancia lievitare. Da poco aveva cominciato a sentire i primi movimenti del bambino e ogni calcio, ogni piccolo pugno era una benedizione per lei, perché le facevano sentire con forza una vita nuova impaziente di venire alla luce. Sempre più spesso afferrava all'improvviso la mano di Bice o di Antonio e la posava sul punto in cui il piccolo insisteva a colpire. Erano allora sorrisi luminosi, che la strappavano per un momento alla noia e alla tensione che erano ormai la normalità della sua permanenza a corte. Come se non bastasse il caldo e l'afa della capitale a guastarle sovente l'umore.

Un giorno di agosto, vicino alla festa dell'Assunzione, Galatea espresse il desiderio di non essere disturbata: avrebbe riposato in vista delle celebrazioni, ora che il peso della gravidanza era diventato più fastidioso, e la pancia più ingombrante. Solo Bice era stata ammessa nella camera da letto, dove la duchessina giaceva sulle lenzuola con un ventaglio in mano sempre in movimento; di tanto in tanto la vedeva sbuffare, accarezzare il pancione e volgere lo sguardo altrove. Non malinconica, come le capitava di essere, ma svogliata. Allora le sfiorava i capelli sulla tempia, le scostava il colletto della camicia leggera, che indossava per non soffrire troppo il caldo, o, semplicemente, cercava di attirare la sua attenzione con qualche chiacchiera. Galatea le sorrideva, magari diceva una o due parole, e poi, quasi subito, tornava a immergersi nei propri pensieri.

Poi arrivò Giovannino: Giovannino, il paggetto di otto anni che mesi prima aveva introdotto il duca Antonio, alla spasmodica ricerca di conferme sul bambino, era passato immediatamente al servizio della nobile gestante non appena lei ne aveva fatta richiesta al cognato. Il ragazzino, vispo e sveglio, aveva rallegrato il clima teso dell'appartamento, stemperando con qualche marachella innocente la malinconia della padrona, che lo adorava ogni giorno di più, specie da quando aveva scoperto che era orfano. Giovannino, dunque, entrò senza bussare, correndo agile verso il letto.

«Mia signora! – cinguettò con euforia – Un uomo strano ha chiesto di parlarvi. Devo farlo entrare?»

«Ti ha detto come si chiama, mmh?»

Il bambino ridusse gli occhi a due fessure e picchiettò l'indice sulle labbra, poi disse: «Non mi ricordo bene... Mentre parlava gli guardavo la benda sull'occhio...» raccontò, chiudendosi un occhio con la mano.

Galatea impallidì: «Può essere che si chiami Alessandro Ferraris?»

«Forse sì, mia signora» annuì Giovannino, non proprio convinto. La sua padrona, però, non nutriva dubbi al riguardo e guardò Bice alla ricerca di rassicurazioni. Bice, da parte sua, non sapeva cosa consigliarle e fece spallucce, senza nascondere di essere abbastanza allarmata dalla visita non prevista.

Figlia di mercanteWhere stories live. Discover now