«Va bene, Giovannino... Fallo entrare» bisbigliò rassegnata, mentre l'amica strabuzzava gli occhi di incredulità. Il bambino corse via verso l'anticamera e ricomparve poco dopo, introducendo l'ospite non senza un brivido di eccitazione nella voce. La benda sull'occhio doveva averlo impressionato profondamente.

Quando Ferraris apparve sulla soglia, le due donne sobbalzarono un poco. Bice, che aveva solo sentito parlare di lui in precedenza, lo osservò a bocca aperta per un momento prima di riscuotersi; Galatea, invece, si premette con la schiena contro i cuscini e cinse il pancione con le braccia, quasi volesse nasconderglielo. Il nobiluomo attese al proprio posto finché la duchessina non gli ebbe dato il permesso di avvicinarsi. Camminando verso il letto con passo sicuro, il cappello tricorno nell'incavo del gomito, Ferraris non mostrò traccia di emozione. Sembrava una statua in movimento, tanto il suo viso era rimasto impenetrabile. Bice era completamente rapita dal suo fascino e non riusciva a togliergli gli occhi di dosso; Galatea lo fissava solo per prudenza, per intuire cosa lo conducesse lì e per prevenire eventuali pericoli.

Si fermò ai piedi del letto senza dire una parola; si inchinò leggermente, prima verso la duchessina, poi verso la sua dama. Quindi, con un rapido scambio di sguardi, lasciò intendere di voler rimanere solo al capezzale della giovane gravida. Bice, senza aspettare che fosse la sua signora ad ordinarlo, scattò in piedi e, con una riverenza, annunciò che avrebbe subito tolto il disturbo. Ferraris le baciò cortesemente la mano e lei trotterellò via, felice come una bambina.

Galatea provò una sgradevole sensazione di freddo al vederla chiudere la porta. Lui rimase qualche istante in piedi, silenzioso, poi si sedette sulla poltroncina di Bice e accavallò le gambe, disinvolto.

«Cosa vi porta qui?» domandò con voce dura. Ferraris arcuò le sopracciglia e rispose pacatamente: «La buona educazione, prima di tutto, e il bisogno di porgervi delle scuse – sospirò, quindi riprese – Mi sono comportato in maniera deprecabile con voi»

«Vi siete comportato in maniera deprecabile con fin troppe fanciulle. Dovreste imparare come si tratta una donna, indipendentemente dal suo rango» lo rimproverò, velenosa come un aspide. Lui chinò il capo, evitando il contatto visivo e, sempre a sguardo basso, ammise: «Questa esperienza mi servirà da lezione»

«Lo spero – concluse le, chiudendo i pugni – Anche se alla vostra età dubito che le lezioni servano ancora a qualcosa»

Ferraris, rigirandosi il cappello in grembo, accennò che aveva ragione. Deglutì e si schiarì la voce, ma non riuscì a parlare, perché Galatea lo anticipò: «Se avete assolto la vostra missione, vi prego di andarvene. La vostra presenza non è gradita»

Rialzò il viso fulmineo, le scoccò un'occhiata eloquente e poi, bisbigliando, le ricordò: «Sapete che è necessario che voi ed io parliamo»

Galatea batté i pugni sul materasso: «E permettere che anche gli altri parlino di noi? Che mettano in dubbio la paternità del mio bambino?»

«Certo che no! Il bambino non può che essere di vostro marito e nessuno potrà metterlo in discussione. Ma è proprio questo che vi mette in grave pericolo...»

«No – obiettò – Il mio bambino mi salverà la vita»

«Per quanto tempo pensate di scampare alla sua vendetta?» la zittì lui, con lo spettro della paura mescolato alle parole. Lei si irrigidì, mettendo per la prima volta in discussione tutto ciò che le aveva dato fiducia nell'avvenire.

«Lui è lontano» disse tra i denti.

«Non lontano quanto...»

«Perché siete qui, voi? Non avreste dovuto essere con lui?» lo inquisì, nuovamente in allarme.

Ferraris prese un profondo respiro, trasse la poltroncina più vicina al letto e si piegò in avanti per poterle parlare con un filo di voce: «Sono tornato per proteggervi, quindi permettetemi di farlo»

Galatea scosse la testa, ormai disperata: «Vi rendete conto di cosa mi state chiedendo?»

«In realtà, non vi ho ancora chiesto la cosa peggiore» ammiccò con un sorrisetto per nulla rassicurante.

«Chiedete, dunque»

Ferraris si sporse sul letto, le afferrò la mano destra, poi, veloce come una faina, le infilò un anello al dito e le diede un bacio sulla fronte, aggiungendo subito: «Volete sposarmi?»

«Cosa?! – strillò Galatea, togliendosi l'anello con un gesto brusco – Voi siete matto!»

«Datemi un altro modo per avere accesso qui in qualsiasi momento senza suscitare troppi sospetti – la sfidò – Dovrò tenervi sotto stretta sorveglianza»

«Vi ho già detto che la gente chiacchiera... Pensate se ci fidanzassimo!» piagnucolò, accingendosi a restituirgli l'anello. Lui lo rifiutò e si spiegò meglio: «Presto o tardi, il vostro bambino nascerà e non sappiamo come sarà la situazione qui a corte, quel giorno. Non sappiamo se sia maschio o femmina, non sappiamo se lui sarà tornato. La vostra libertà, la vostra stessa vita, come avete detto, dipende da vostro figlio; pensate cosa potrebbe succedervi se fosse una bambina, se non avesse alcun diritto di successione. Io devo fare in modo che non capiti nulla né a voi né al frutto del vostro grembo prima e dopo la sua nascita»

Galatea si accarezzò il pancione con aria meditabonda.

«Il duca lo sa?» sussurrò.

«Ne ho parlato con lui stanotte, in gran segreto. Lui è d'accordo; si è reso conto di dovervi proteggere di più in questi ultimi mesi»

Guardandolo intensamente, Galatea si concesse di rivolgergli parole piuttosto schiette: «Io non capisco da che parte state, signore. Mi è molto difficile fidarmi di voi, dopo quello che mi è stato raccontato. E se foste proprio voi quello che il principe ha incaricato per toglierci di mezzo, mio figlio e me?»

«Certo che sapete dare del filo da torcere, voi – constatò sarcastico Ferraris, accarezzandosi la guancia – Comunque, basterà la sua reazione a confermarvi che questa non è una sua idea, né qualcosa che va a suo vantaggio»

«Non temete per la vostra vita?»

«Ho imparato da molto tempo a non tenere in nessun conto la mia vita, madama» confessò amaramente, stringendo una falda del cappello tricorno. Passò un lungo intermezzo silenzioso, durante il quale Galatea studiò con attenzione l'anello, e Ferraris, dal canto suo, osservò il pancione di fronte a sé. Quando lei si accorse del suo interesse, istintivamente gli fece segno di avvicinarsi, gli prese la mano e la fece scivolare sul proprio ventre, per poi trasalire all'improvviso: «L'avete sentito?» Fu felice, sinceramente felice, di vederlo annuire commosso. Allora rimise l'anello al dito e baciò la pietra rossa che vi era incastonata.

«Ho deciso di fidarmi di voi. Promettetemi che la vita del mio bambino sarà sempre la prima delle vostre preoccupazioni» gli fece giurare, stringendogli entrambe le mani nelle proprie.

«Prometto – replicò – Ma da voi mi aspetto che recitiate bene la vostra parte»

«Non temete» rispose lei, annuendo.

Ferraris, a quel punto, si alzò, pronto a lasciare la camera. Sembrava già avvertire il peso della responsabilità, perché i suoi movimenti non erano più decisi come prima; erano invece impacciati, insicuri.

«Siete turbato?» domandò Galatea, con voce tenera.

«Riflettevo: dovete avere un dono molto potente, mia cara» rispose senza guardarla.

Lei sussultò: «Dono? Di quale dono parlate?»

Ferraris si volse prima di ribattere con un sorrisetto furbo disegnato sul viso: «Prima o poi, riuscite ad accaparrarvi uomini che non avrebbero mai pensato di sposarsi»

Si rilassò, gli sorrise e, mentre lui già si allontanava, riconobbe la propria sconfitta mostrandogli i palmi delle mani: «Mi arrendo a voi» dichiarò arrossendo.

Lui le fece un cenno di saluto e uscì: sarebbe andato dal duca achiedere ufficialmente la sua mano.    

Figlia di mercanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora