19. Vecchie e bastoni e bastoni vecchi

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-JAMES!- Dominique urla, ma non l'ascolto. Cammino velocemente verso li campo di Quidditch, ignorando le volgari minacce di mia cugina che risuonano per tutto il cortile e fanno voltare numerosi studenti. Attirare l'attenzione è sempre stata una caratteristica di famiglia, poi che sia per cose belle o meno, non ha importanza.

-James lascia perdere!- mi corre dietro, ma è palese che il più veloce tra i due sia io.

Serro i pugni lungo i fianchi e continuo a marciare spedito. L'immagine di Ben Trues che tocca mia cugina dove lei non voleva essere toccata, si para nitida davanti ai mei occhi, nonostante io non abbia assistito alla scena. Anche perché, se fosse stato così, adesso non ci sarebbe più un Ben Trues di cui parlare.

Come si fa a definire uomo un essere del genere? Guardandosi allo specchio, non si fa schifo?

Dominique mi afferra la manica del cappotto con una tale violenza, che per un attimo resto senza fiato. Sento le sue dita fredde serrarsi sul mio polso e strattonarmi fino a farmi voltare. -James,- dice piano, mentre il petto le si alza e le si abbassa in maniera irregolare. I capelli biondi sempre in perfetto ordine, adesso le ricadono arruffati sulle spalle, nascosti sotto una spessa sciarpa rossa. È sempre bella, mi ritrovo a pensare mentre le sue labbra arrossate dal freddo, si muovono per dirmi di lasciar perdere. -non importa, non è successo niente. Torniamo dentro-

-No- Il mio tono è fermo, irremovibile. Se non spacco la faccia a quel bastardo non potrò fare mai più sogni tranquilli. Domi è forte, coraggiosa, non merita nulla di tutto ciò, e io non permetterò mai più che accada una cosa del genere. -Lasciami andare Dominique-

I suoi occhi azzurri mi fissano dal basso supplichevoli, mentre la sua mano continua a tenermi stretto -Ti prego-

-Lo sai che non è giusto- la tentazione di urlare è forte, ma non voglio dare spettacolo. Sento già troppi sguardi fissi su di noi. -La deve pagare, voglio sentire le sue ossa che si rompono-

-Non mi ha fatto male, sono riuscita a mandarlo via, non è necessario, davvero!- farfuglia.

-Lui voleva farti del male- sbotto arrabbiato, ma non lo sono con lei. Come potrei mai?

-James,- solo Domi sa pronunciare il mio nome in quel modo, come se in quelle poche semplici lettere fosse racchiuso qualcosa di meraviglioso. Le sue mani si posano sulle mie guance -guardami-

Faccio come dice. Osservo i suoi occhi così azzurri e luminosi e mi ci perdo dentro. Sento il suo profumo, lo stesso da quando ha dodici anni, la pelle morbida dei sue palmi contro le mie guance e il suo respiro sul viso. Lentamente, la rabbia comincia a scemare.

-Sto bene- dice dolcemente.

-Lo giuri?- la voce mi esce così bassa e roca che lei ne rimane sorpresa. -Giuri che non hai neanche un graffio, che non sei scossa?-

-Lo giuro-

Abbasso le palpebre e mi godo per un attimo la sua vicinanza, i suoi pollici che mi accarezzano la pelle sotto il colletto della camicia e che mi fanno sentire accaldato nonostante il vento freddo che mi sferza in faccia e mi scompiglia i capelli.

Domi è il mio angelo, lo è sempre stata.

***

Per fortuna Cupido mi odia Where stories live. Discover now