Poi si voltò, dopo aver lasciato cadere l'ultima occhiata lasciva sul corpo della giovane.

Éowyn crollò in ginocchio. Si sentiva debole, indifesa e vulnerabile. Le sensazioni peggiori per una come lei, cresciuta nella convinzione che le donne dovessero mostrarsi forti come gli uomini, anzi più degli uomini. Aveva preteso di imparare a usare la spada da bambina, e diventare un'esperta nel suo uso come tutte le donne di Rohan, reame di dimensioni ridotte e aperto ad ogni invasione. Edoras non era protetta da un lungo strapiombo come Minas Tirith, la capitale di Gondor. Non esistevano altissime mura bianche a delimitarne i confini. Tutti i cittadini del loro regno, di ogni sesso, erano tenuti a imparare l'uso delle armi, fin dai quattordici anni.

Ma, contrariamente a molte ragazze del regno, a Éowyn piaceva combattere. Era nel suo sangue, il sangue di Éomund, primo Maresciallo di Rohan. Aveva perfino pregato Théoden di lasciarla andare con i soldati a sorvegliare i confini del loro territorio qualche volta. Naturalmente suo zio si era opposto.

Éowyn aveva ventiquattro anni a quel tempo e suo cugino venticinque. Due giovani in un mondo che stava iniziando a fare paura.
Non é giusto.
Non é giusta quest'agonia, pensó.
Prese di nuovo la mano del cugino. "Se questo ha voluto Eru...addio Théodred. Non soffrire inutilmente." sussurrò in un singhiozzo strozzato. "La casata di Thengel muore con te."

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"Ah, che miseria." mormorò Hammon, mentre con Goneril e Degarre oltrepassava il portone di Edoras.

Il resto della loro gigantesca legione attendeva nella valle. Avevano già montato tende e accesò falò.

Era tempo di contrattare e i soldati sapevano che ci sarebbe voluto molto. Forse un giorno intero.

Era difficile convincere i governatori e i regnanti ad assumere un esercito mercenario: in parte, perché il prezzo da pagare era alto. In parte, per la scarsa fiducia di cui quel tipo di compagine si circondava. Mercenario era colui che vendeva se stesso e la propria arte al miglior offerente. Non esistevano contratti firmati, però, solo la parola e una stretta di mano, dietro pagamento anticipato. Chi poteva dire che lo stesso gruppo di soldati già lautamente retribuito avrebbe mantenuto la parola data, e non sarebbe invece fuggito, o peggio, rivoltato contro i suoi stessi "clienti", in presenza di un'offerta migliore?  Non c'erano mai garanzie e i potenti di tutta Arda lo sapevano. A volte, messi alle strette da incombenti invasioni di nemici, accettavano. Altre volte li cacciavano in malo modo, com'era successo a Dale. La regina Sigrid, figlia del defunto e rimpianto re Bard, non aveva nemmeno permesso a Goneril di entrare nei loro confini. Stupida donna, aveva inveito il loro Generale, offesa. Idiota come solo le regine sanno essere. Con suo padre sarebbe stato diverso.

Erano mille, vent'anni prima, sotto il Generale Mainard, un disertore dell'esercito di Gondor. Aveva rubato a Gondor una cinquantina dei suoi soldati più preparati e si era diretto verso i più remoti angoli di Arda, raccattando predoni, ex combattenti, ladri e ogni genere di gentaglia, purché di sesso maschile, razza umana, e provate abilità belliche. Li aveva educati alla disciplina, al rispetto dei compagni e non senza difficoltà era riuscito a trasformare una massa di selvaggi guerrieri in una legione ordinata e compatta.

Poi, arrivò Goneril.
L'elemento ingovernabile, la scheggia impazzita. Mainard apprezzava la sua efficienza in battaglia, ma la trattava con strano distacco. Aveva consigliato tante volte a Degarre di limitare le sue scorrerie, di controllare che non perdesse il controllo durante gli scontri, perché troppe volte l'aveva vista esagerare.
Goneril, diceva, gli ricordava una vespa assassina in uno sciame di api operaie.

La donna dell'EstWhere stories live. Discover now