Capitolo 6

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La BMW sfrecciò lungo il vialetto in salita, sollevando una nuvola di polvere, e inchiodò nel piazzale, schizzando ghiaia contro la parete della Baita.
N

ikandros fu il primo a spalancare lo sportello: sollevò Desdemona tra le braccia e camminò a passo svelto verso l’ingresso della casa.
Sofia uscì dalla porta mentre entrambi gli uomini si stavano avvicinando.
«Cosa è successo?» chiese, «State tutti bene?»
«No» rispose Damian, mentre Nikandros entrava nella Baita.
Lo seguirono fino alla sala giochi, dove il Maximo adagiò la sorella sul divano in pelle nera. Rimase inginocchiato accanto a lei, accarezzandole piano i capelli e tastandole il polso per sentire il battito del suo cuore.
«Siamo stati attaccati» spiegò Damian, «Afrodite ha mandato uno dei suoi serpenti e Desdemona è stata morsa.»
Sofia si avvicinò alla ragazza e le posò una mano sul viso.
«È bollente» osservò.
«Ha detto di essere stata avvelenata» disse Nikandros, alzandosi in piedi e voltandosi verso il suo yarco, «I serpenti di Afrodite possono farlo?»
Damian scosse la testa.
«Non ne ho idea.»
Sofia continuava a studiare la ragazza: era molto calda e scossa da brividi. Sulla gamba erano visibili i fori lasciati dai denti del serpente e la pelle, intorno al morso, aveva già iniziato a scurirsi.
«Ha tutti i sintomi dell’avvelenamento» confermò, prendendole il viso con entrambe le mani.
«Puoi guarirla?» le chiese Nikandros.
«Posso provarci» rispose Sofia.
Chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e poi intonò un canto a voce bassa. La sua voce melodiosa riempì la stanza come un dolcissimo mormorio: cantava nella lingua delle ninfe, incomprensibile per chiunque.
Nel tempo di qualche istante, le ferite sulla coscia di Desdemona si chiusero: la pelle tornò chiara e liscia, ma la ragazza non smise di tremare.
Sofia cantò ancora per qualche momento, prima di arrendersi.
La temperatura di Desdemona non si era abbassata.
«Non funziona» disse, voltandosi verso gli uomini, «C’è qualcosa che non va, non riesco a guarirla.»
«Che vuol dire non funziona?» chiese Damian, «Sei un’Etrike
Sofia si morse il labbro inferiore.
«Il veleno è troppo forte» rispose.
«Forse hai solo bisogno di più tempo» suggerì Nikandros.
«Canta ancora» ordinò il Principe.
Sofia annuì e intonò di nuovo quella melodia delicata e soave. Stavolta attesero qualche minuto, ma la voce della ninfa non sortì alcun effetto sulla ragazza.
Nikandros era impassibile e gelido, con le mani nelle tasche dei jeans e le spalle distese. Solo un lieve ticchettio del pollice contro il fianco, tradiva la preoccupazione di quel momento.
Damian osservò la sua myssi mentre continuava a cantare, in quello che appariva come un tentativo disperato, e seppe con certezza che sarebbe stato tutto inutile.
La magia delle ninfe era molto veloce: se non aveva avuto effetto subito, la situazione sarebbe potuta soltanto peggiorare, perciò tirò fuori lo smartphone dalla tasca dei jeans e chiamò l’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo.
Rispose al terzo squillo e la sua voce melodiosa quasi gli perforò un timpano.
«Ah, ma allora ti ricordi anche di me, ogni tanto!» esordì.
«Dina, è urgente» replicò lui, ma la ninfa non lo ascoltò.
«Se non fosse per Sissi, non saprei neanche che fine hai fatto!» lo accusò, «Non mi chiami mai! Sei davvero un pessimo amico, Dam.»
«Dina!» tuonò il Principe, «Stammi a sentire, maledizione!»
A quel tono, Dina si zittì.
«Cosa è successo?» chiese soltanto.
«La sorella di Nik è stata morsa da uno dei serpenti di Afrodite» spiegò Damian, «Sofia ha provato a curarla, ma non riesce a…»
Lei non lo lasciò finire.
«Nik ha una sorella?» chiese, «E che diavolo ha fatto per meritare la rabbia di quell’oca giuliva?»
«Non è il momento» ringhiò il Principe.
«Beh, la ragazza è nei guai» rispose Dina. Damian attivò il vivavoce, così che tutti potessero sentirla, e la ninfa continuò:
«Sissi non può guarirla: il veleno delle vipere di Afrodite è una punizione degli Dèi e solamente la stessa Afrodite può annullarne l’effetto.»
«Qual è l’effetto?» chiese Nikandros, «È letale?»
«Per i mortali, è istantaneo» rispose Dina, «I semidéi hanno almeno quarantotto ore di tempo, prima che i loro organi interni collassino.» Tacque un breve istante, prima di aggiungere: «E saranno ore orribili: il veleno provoca febbre e allucinazioni.»
«Non esiste un antidoto?» chiese Sofia, alzandosi in piedi.
Sentirono Dina sospirare.
«Non conosco un antidoto vero e proprio» ammise, «Ma so che alcune creature hanno dei rimedi per questi animali.»
«Quali creature?» chiese Damian.
Dina sospirò di nuovo.
«Non lo so, Dam, sono solo dicerie… ma c’è qualcuno che può saperlo. Posso mandarti l’indirizzo di un Alchimista che vive dalle vostre parti e che può aiutarti.»
Damian volse lo sguardo al Maximo che, in tutto quel tempo, non aveva mai smesso di guardare la sorella.
Nikandros era con lui fin dall’inizio, fin dalla prima chiamata alle armi. Si conoscevano da più di vent’anni ormai, eppure, anche in un momento del genere, il Maximo non gli stava chiedendo niente.
Damian ebbe l’impressione di poter vedere il cervello del suo uomo arrovellarsi alla ricerca di una soluzione, ma in totale silenzio: non gli avrebbe mai chiesto niente, era disposto a scommetterci.
Nikandros non meritava di restare solo, in quella situazione.
«Mandami l’indirizzo» disse a Dina, «Voglio andarci subito.»
«Okay» rispose la ninfa, «Però adesso mi spieghi come mai…»
Damian non la lasciò finire e chiuse la chiamata, infilando di nuovo il telefono nella tasca dei jeans.
Stava per dire a Nikandros di prepararsi, ma il Maximo lo precedette.
«Non serve che tu ti esponga per me» gli disse, «Posso vedermela da solo.»
Damian aggrottò le sopracciglia.
«Credi che abbia paura degli Dèi?» ribatté.
Nikandros scosse la testa.
«Tu devi prenderti cura di tutti» insisté il guerriero, «Ho portato io questo problema in casa e sarò io a risolverlo. Ti ringrazio per quello che hai fatto finora, Dam.»
Damian strinse gli occhi diversi e scrutò il suo viso.
Credeva davvero che non lo avrebbe aiutato.
Beh, dopo il modo in cui aveva sbattuto sua sorella fuori dalla Baita, Damian non si sorprese che il ragazzo fosse titubante, ma non poteva credere davvero che lo avrebbe lasciato solo.
«Se pensi che non ti aiuterò» gli disse, «Allora sei veramente un coglione, Nik.»
Nikandros, però, scosse la testa.
«Afrodite la sta cercando» disse, «Avevi ragione quando mi hai detto che chi ci chiede aiuto porta solo guai e io non voglio coinvolgere nessun altro.»
Damian e Sofia si scambiarono un’occhiata eloquente, parlandosi con la complicità di chi non ha più bisogno di parole.
Il Principe piazzò una mano sulla spalla del guerriero e disse:
«Sei il mio Maximo», Nikandros aprì la bocca per parlare, ma Damian non gliene lasciò il tempo, «Tutto quello che fai mi coinvolge: non ti lascerò solo.»
E Sofia seppe di aver appena assistito a uno dei momenti più teneri che Damian e un Maximo avessero mai condiviso. Uno scambio del genere, per loro, era equiparabile al romanticismo del finale Ghost. Oh, se si fosse azzardata a dirlo ad alta voce, quei due l’avrebbero spedita da Caronte con un paio di monete e gli asfodeli, ne era certa.
«Prepara le armi e le moto» ordinò il Principe, «Non abbiamo molto tempo e dobbiamo salvare tua sorella.»
Le labbra di Nikandros si piegarono appena all’insù, in un sorriso grato e felice.
«Erko arpax» disse, prima di uscire dalla stanza.

L'incanto di AfroditeWhere stories live. Discover now