XX. La Piramide Nera.

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Scusate per l'eccessiva lunghezza del capitolo, ma mi sembrava brutto dividerlo in due :-)

La individuo subito, la apro e scendo le scale che portano in cantina, al buio. Finiti i gradini, pigio l'interruttore sul muro alla mia destra, in modo tale da illuminare tutta la palestra sotterranea, tale e quale a quella che avevo io a casa.

Per qualche secondo faccio scivolare lo sguardo sui contorni dei singoli attrezzi; le mura sono ricoperte da specchi, che riflettono l'interno della stanza, facendolo sembrare più grande di quanto lo sia già, addossati ad un muro alla mia destra vi sono degli scaffali dove sono esposti vari guantoni da box e in mezzo alla stanza, appesi al tetto, due sacchi da box, consumati in vari punti a causa del tempo.

Questa stanza la fece allestire mio padre, poco dopo il divorzio, perchè sperava nel fatto che io andassi a vivere da lui e la sua nuova compagna; cosa che alla fin fine, non si è mai avverata, o almeno fino ad oggi.

Senza munirmi di guantoni, vado verso il primo sacco e incomincio a colpire più forte possibile, abbattendo il muro innalzato davanti a me in questi anni e lasciando spazio ai ricordi, ai fantasmi e a tutti coloro che hanno deciso di rovinarmi l'esistenza. Colpisco, colpisco quel povero sacco che si vede riversato su esso, un fiume pieno di rabbia.

-Sai come ci si sente?-parlo ad alta voce, rivolgendomi all'ombra che dalla soglia della porta, mi scruta.

-Come ci si sente quando vieni abbandonato da tutte le persone a te care?-continuo il mio sproloquio, colpendo il sacco-te lo dico io. Una nullità. Ti senti una nullità perchè non puoi fare nulla per fermarli, perchè dopotutto sono loro scelte. Scelte giuste, scelte sbagliate, non ha importanza. Ti chiedi se magari è stata per colpa tua, che hanno deciso di abbandonarti a te stesso. Ti chiedi anche, se sccorgendotene prima, saresti potuta cambiare, fingendo di essere qualcuno che ,nel profondo del cuore, non sei mai stata. È ciò che penso quando mi viene alla mente il ricordo di mia madre, che ci abbandona con un semplice biglietto, posato lì, in bella vista sul bancone della cucina, ignaro del fatto che abbia appena posto la fine ad una famiglia. Una famiglia con tanti, troppi difetti, ma che funzionava, nonostante tutto ciò che vi gravava sulle spalle. Eppure, più ci penso, più mi rendo conto che era solo una facciata, quella della bella famiglia. Una madre che mente alla propria figlia, su una semplice relazione, una figlia che cerca di fare il possibile per compiacere la madre, portando a casa voti alti, rinunciando a fare ciò che la rende felice e venendo etichettata dalla gente come una ragazzina perfetta in tutto, ma dall'animo acido. Una bambina cresciuta troppo velocemente, in questo mondo di adulti che non è adatto a lei. Mi sono sempre sentita fuori posto, come se la mia nascita non avesse nulla a che fare con ciò che mi circonda, come se non dandomi alla luce, mia madre si sarebbe risparmiata una vita incasinata e sussurri di persone che, vedendola per strada, mano nella mano con una bambina con le mani intrise di sangue, si domandavano come, una madre, potesse vivere con una bestia in casa. Ma lei ha scelto di andare avanti, mettendoci la faccia e l'orgoglio, come se nulla fosse, o almeno fino a qualche giorno fa, quando decise di lasciarmi con il peso, seppur gradito, di una sorellastra a cui badare, sulle spalle. E così farò io; metterò la faccia in tutto ciò che farò, prendendomi la colpa di tutto e mi ricostruirò pezzo dopo pezzo. Crollerò altre volte, ma risorgerò sempre-.

Concludo, colpendo per un'ultima volta il sacco, prima di poggiare la testa su di esso, stremata e col fiatone.

-So che sei il mio babysitter in questi giorni,ma mi devi seguire proprio ovunque?-domando ironica, scrutando con la coda dell'occhio , la figura avvolta ancora all'ombra.

-Questo è il mio lavoro, sennò non sarei nemmeno qui in questo momento. E comunque, si, so come si ci sente-ribatte acido.

Ridacchio sommessamente, lasciandomi scivolare sul pavimento, pesantemente.

L'Incantatrice - Fino alla fineWhere stories live. Discover now